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Racconto n° 2686
Autore: Rossogeranio Altri racconti di Rossogeranio
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Patty per sempre
Lungo i viali sventrati da improvvise voragini, sui marciapiedi segnati da profonde spaccature, Patty cerca ancora riparo, per non sprofondare di nuovo sconfitta.
Spersonalizzata e svilita nel desiderio d'affetto in un'arida condizione familiare, alienata sul posto di lavoro, ridotta a microscopico ed inutile relitto nel vasto oceano metropolitano, Lei continua la sua fuga in una prassi moderna ed agghiacciante, obnubilata da inibizioni forti, imposte fuori della sua legittima natura.
E' di nuovo sabato sera e si gioca la partita decisiva.
Questa volta, una destinazione diversa: il Cocco Club.

Il locale è affollato e, dagli amplificatori, il ritmo si scatena in un assalto lancinante.
Il Disc-Jockey, imprigionato nel suo baldacchino di plexiglas, guizza da tutte le parti.
Sembra uno squalo tigre impigliato in trappola da un palangaro.
Sta lì a sbattere i dischi in un rozzo e primitivo caos universale che risucchia i cervelli, nell'ambito di una visione deformata da una subcultura feroce e beffarda.

Dappertutto convergono scenari spinti e gelatine tremolanti.
Si marcano frequenze supersoniche, che fanno rilasciare gli sfinteri e bloccano tutti i circuiti di decenza.

Di spalle ad una colonna, un transessuale pieno non ce la fa più ad aspettare e lascia cadere la gonna per scaricarsi nel vaso di sclerocactus.
Lo sciame umano vigente geme e scrolla i suoi tentacoli alla cieca, per trascinarsi in un surrogato profondo d'azioni impazienti e dissociate.
Sulla pista da ballo l'articolato di gente sbracciante si lancia in una serie di variazioni disunite mentre, in sottofondo, un nugolo di parole scurrili affogano nei boccali di birra.
Dalle fauci moltiplicate si riversa l'odore dolciastro e malato dell'alcool metabolizzato, mescolato al denso miasma dell'aria.
Intorno solo un paesaggio di speranze impastate e gonfiate di droghe.

Una tipa con una specie di guaina da sub di colore scarlatto si rotola per terra, completamente coperta tranne il cranio sfumato, che prolifera tra le righe di scaglie di grana sebacea.

Dopo pochi secondi appare sul vestibolo un soggetto paonazzo e allucinato, con i pantaloni calati sotto la vita e la mano in posizione, che si avvicina a grandi falcate.

- Tiratelo da un'altra parte - strilla Patty, per superare l'altissima barriera del suono.

Si sente stordita e nauseata, nonostante le sbirciate innescate da molti Clienti del Club, indifferenti a se stessi ed incollati ai muri del locale.
Il volume si alza al massimo e il complesso raggiunge le soglie della pestilenza.
La gente grida ravvicinata, strusciandosi contro i propri corpi.
Alcuni si baciano avviluppando le lingue spesse e fradice, senza che le bocche spalancate si tocchino.
La folla risucchia tutti gli spazi vuoti. Buchi neri e avidi e protuberanze bulimiche.

Dall'alto lo squalo pescecane, la nota così disorientata, cessa improvvisamente di monopolizzare i tasti della consolle, quasi i metalli gli si fondano tra le mani.
Scende dall'abitacolo e l'afferra per un braccio, trascinandola nella toilette.
Le strappa i vestiti di dosso, senza una parola, nessun cenno.
La solleva per i gomiti, serrandola a cavalcioni sul lavandino.
Sul muro di fronte c'è uno specchio sbeccato e sopra l'amplificatore che diffonde le onde barbare. Lui si volta e alza il volume al culmine.
Poi si cala i jeans che scivolano sino alle caviglie.
Gocce di sudore umano raggrumano l'aria.
Patty sta per crollare, nel frastuono di quell'orribile obitorio di encefali imbalsamati.

Una singola penetrazione. Dura. Spietata.
Non se lo gode nemmeno, in una dimensione stordente, inchiodata dai sussulti epilettici del tizio.

L'effetto è patetico e, nella paralisi dei sensi, realizza in un lampo cosa può generare un imbecille.

Con un balzo scende dal sanitario e scaraventa via il bidone della spazzatura con la punta della scarpa.
Vorrebbe mettergli il rotolo di carta igienica, infilato sulla testa del cazzo infiacchito, ma quando gli occhi iniziano a muoversi all'unisono, cambia idea e lo molla nella morgue demenziale.

Si ricompone in fretta ed esce nella sala, mentre il fracasso continua a darci dentro.

La notte è al culmine.
Giunta al bordo della pista si ferma, rapita da una scala diatonica e cromatica diversa.
Si guarda alle spalle.

L'oggetto dei sogni è avvistato sulla scena come un delfino bianco in acque basse.

Lui sta esaminando l'insediamento con metodo e trasparenza, attraverso minuscole lenti da vista.
Lei rabbrividisce.
Questo essere è fuori del formicaio, in posizione di pieno recupero.

Patty lo squadra a lungo.
I sensi si stanno allineando giù nel profondo della spina del cuore e Lei riprende ad animarsi.
Ha la sensazione che questa sarà una buona notte.

In fondo Lei è consapevole che la musica raccoglie tutto, lo strascico dell'autentico e del posticcio: la mescolanza di oro e di merda in un unico magma deterrente.
Da questa confusione neurolavica emerge sempre un nuovo clima e una recondita atmosfera.
Si guarda nuovamente attorno.
Il cliché proposto è la violenza visuale di uno scenario apocalittico a luci rosse, con fantocci smembrati penzoloni alle pareti e una giovenca appesa alle caviglie con ganci da macellaio e massacrata a quarti.
Tutti sogghignano, esaltati.
L' odore fetido trasuda incessante dai pori di ogni derma contratto.
La sonorità taglia l'acciaio, e rimbalza sui muri, come un boomerang impazzito.

Finalmente il delfino si avvicina: - Usciamo da qui - .

Le parole di questo nuovo Cristo non possono che rassicurarla.
Sulla piattaforma oramai degenerata, continuano a piovere olezzi di tabacco e turpitudini.
La sua notte è destinata ad accrescere nel mistero mediante una variazione ritmica del tema.
La fuga da quest'odiosa galleria.
Il palliativo epicureo può alleviarle l'angoscia di questo sabato e impedisce, al momento, di proseguire fino all'alba nel folle carosello del non-senso.

- Dicevi scusa? - .

Immediatamente Patty scioglie ogni perplessità e s'incammina fuori, con lui accanto.

Scelgono un caffè concerto del centro, animato da un radioso motivo di Mozart, in una pioggia di delicati petali di rosa.
Il mammifero intelligente le dispone la poltroncina e sussurra:
- Parliamo un po', se ti va - .

Non esiste un'azione magica e corretta, senza l'intervento di un fenomeno inoppugnabile: la musica. Quella destinata ad alleviare il cuore degli uomini ed accrescerne la solennità dei sensi.

Così l'aria dentro di Lei risale dalle viscere alla bocca e si spalma sull'intelaiatura delle ossa.
Ogni cosa inizia a vibrare. Il movimento delle ali.
La voce del respiro del mondo.
- Sì, parliamo un poco - .

Perché questo è il suo destino, autrice sin dal primo vagito ad insistere sull'amalgama dei sensi e verificarne la consistenza. Incaponirsi e rovistare tra le pieghe dei sentimenti, per sterrarne gli anfratti e incidere le superfici.

Senza mai cercare alternative.
Nemmeno questa notte.

Patty è un genio anarcoide e lo sarà per sempre.
In ogni schianto, Lei si rigenera.

Rossogeranio

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