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Racconto n° 2839
Autore: Rossogeranio Altri racconti di Rossogeranio
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Ouverture
I volti si rincorrono, volteggiano, gemono.
Cade la maschera e rimango in mezzo alla scena.

Mentre gli spettatori attenti mi crollano addosso, apro gli occhi a fatica per riemergere dallo stato d'incoscienza, quella timidezza detersa dai mari, dai venti e dalle piogge.
Da sapiente e tenace marionetta, rimango impigliata nelle maglie invisibili di un pazzo furioso che mi spinge oltre, là dove io non voglio andare.

Laggiù c'è lo spartito, lo vedo!
Ma lui cammina sulle orme dei cipressi e diviene compagno in questo palcoscenico di rame.

Il sole sorge piano e invade di bollicine gasate le luci della ribalta, rendendo gli alberi balocchi striati di colore.
Forse ho sbagliato battuta oppure sto solo sognando...



- Baciami adesso! - .
Togli via quel velo.
Sfida la sfumatura rosea e tenera della mia carne, con il pallido effetto olivastro della tua pelle.
Guarda le mie lenti grandi e chiare come splendono di verità complesse.
Specchiati ora nelle tue.
Chi vedi?
Una signora andante, che accompagna nelle ore di sonno, rubandoti i sospiri dal petto, filtrati da freddi guanciali distesi.

Cavillosa e portentosa, vi seziono ed avanzo sul podio.

Eccola, bon bon ed asprigna confezionata in panno lenci, che arranca al fianco come una lupa dal pelo sbiadito, abdicata alla catena del suo pastore.

Non riesco a camuffare falsa tenerezza o esercitare un proclama di pietà.
Se fosse una bella donna, la guarderei in silenzio; se fosse una gran donna, leverei il trucco per evaporare la scena.
Se fosse una ragione di vita, getterei la spugna ed il copione.

Mi sento oppressa, errando in questa mitica quinta urbana.
Sto scivolando tra le bolle saponate del risciacquo, per liberarmi ogni volta della spoglia pupale infetta che mi propini.
Ineffabile crisalide quiescente.
Se la tua faccia implora perdono, il mio make-up copre e se ne frega del brusio della spiegazione, che mormora chitinoso nei fori di farfallamento mobile delle antenne tonanti ed impertinenti.

Fai l'eroe almeno una volta; schiudi il bozzolo, butta il biglietto e lasciami sciolta.
Sotto l'ipnosi schizzata a me tanto cara, rimpiango l'entusiasmo dei diletti prospetti.
Voglio librare sui miei testi, sublimando le pulsioni letali.
Per ricostituire un fresco spettacolo, con argomenti nuovi, visionari ed espliciti.

- Libertà - .. Unica parola sincera per una raminga cometa!

Tu sei Nessuno e nel tuo firmamento non c'è la mia casa.
In quest'altura dove uno è irresponsabile dell'altro, siamo solo frutti bacati da sciupare; due chicchi di riso separati in un cartoccio ignoto d'infondatezza ed ispirazione disorganizzata.



- Baciami ancora! - .
Se solo volessi, ti troveresti carponi a lustrare l'apparenza del lastricato di prezioso marmo.
Con me sopra; avvinta ad un guinzaglio che strattona il collo.

Potrei tirare la corda e inumarti in una landa deserta, dove nemmeno una cagna spelata oserebbe fiutare l'odore della tua vergogna.

Già stimo il film.
Sensali sordi e ciechi vestiti in abiti neri, volteggiare come uno stormo di corvi rapaci sull'afflitta signora del palazzo.
Lei, mesta e coronata di canapa indiana gramolata, improvvisa solo due gocce, prima di abbracciare la lunga vampa rovente delle mie spalle.

Due spirali di pestilenza incuneano in un'unica pira furiosa che va e viene; nell'ira isolata che apre sulla roccia un cunicolo di fossi sotterranei e segreti.
Dove realtà e sogno s'avvinghiano, combaciano e s'accavallano come due lingue di fuoco.
Balzano accostamento.

Riprendo l'atto e mi ridesto, assaporando il rumore del tuo seme che cresce sotto la superficie, spinge e spacca per affiorare addosso.
Inseguo la perfezione delle mani grandi e calde, dalla sensazione tattile di un singolare tramato di pelle di rospo.

La mia spina ingorda è rimasta a trafiggere la gola, come il vestito tetro a nascondere le lividure dei segni rossi.

Se non fosse per i dardi del sole che risplendono violenti, acuminati sopra le nostre facce in decomposizione, bandirei vogliosa e subito i tuoi contorni insoliti.
Sulla scia di rughe scarnite e profonde, dove ho ricamato, fertilizzato e promosso un capolavoro.


Non saranno le vacche grasse a sfamarsi di te.
Sei pregno d'Amore.
Avvicinati, spogliati e getta il costume.
Fatti scaldare le ossa tristi come pale di un vecchio becchino.
Ti ho annodato i fili e riconsegnato la partitura.
Proseguiamo l'Opera.

- Baciami stupido! - .

Rossogeranio

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