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Racconto n° 4000
Autore: RossaLaRosa Altri racconti di RossaLaRosa
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Se fossi
Se fossi Cielo, sarei estivo velo... iridato al tramonto e contornato di stelle, damigelle di luna, a formare disegni da legare con il dito come punti sul foglio per tracciare il tuo nome in una scia d'aeroplano. E sarei scuro manto ad imbracare la voglia di poterti scopare, imbavagliare ogni suono in ovattata credenza che a svegliare bambini si smette d'esser divini e così silenzioso scenderei sul tuo petto per poterti imbrigliare, possedere, annusare. Cielo, colorato d'essenza in mattutino risveglio per sbiadire i tuoi sogni e con un bacio narrare l'aurora, mentre la stessa si rispecchia sul mare. Sarei acceso contrasto in mezzodì affaccendato a cullarti le ore, a vederti vagare tra impegni e pretese, fermo e disteso per poterti mirare, far risplendere il sole, far brillare il tuo dì oppure innaffiarlo di pioggia e seguire così ogni cambio d'umore.
Mi sento piccola sotto lo stesso tuo cielo eppure c'è chi sostiene (io, scientifica-mente, con loro) che sono punti di vista, in relazione all'oggetto tutto si modifica in dimensione. Tant'è che se fossi spazio più che cielo, guardando dall'alto vedrei solo uno sprazzo d'azzurro in questo sconfinato e perverso universo.

Se fossi un Uomo, sarei il tuo uomo... vanterei un possente membro vivido di desiderio e gonfio d'amore con la pretesa di renderti gravida (a me la parte dell'uomo dunque tu la donna, la mia fica da saziare) pulzella da portare all'altare. Non sarei tenero, no, bontà che lascerei a te nell'implorare pietà nel mio letto ogni notte, nel farti godere, nel renderti sposa, puttana, complice, amante radiosa. Tutta per me, tutto su me che reggerei i tuoi umori senza rendermi conto d'avere accanto l'immenso, senza capire che una donna può amare anche in sala da pranzo e non solo in alcova, in privata dimora, discernendo dal sesso il sentimento sottomesso all'inflazionata parola. Mi scioglierei, forse, solo innanzi al tuo pianto da leccare su gote prima di fare l'amore e ti direi che tenerti vicina e saperti lontana è dura come duro mi diviene, questo cazzo pieno di voglia e d'amore, ogni volta che di te percepisco l'afrore.

Se fossi Terra sarei, di tutte le creature, Madre... ventre accogliente, insolita mente, seni protesi di monti scoscesi, mani capienti per fragili menti, braccia frondose a stringer bimbe paurose, labbra ridenti e piegate verso parole inebrianti, cuore pulsante di lava invadente, occhi vivaci, attenti, capaci... di seguire ogni fiore, vederlo sbocciare, catturarne fragranza, non lasciarlo appassire, seccare, morire. Tenere prezioso il bocciolo sinuoso.

Se fossi Donna sarei, forse lo sono, una fottuta egocentrica del cazzo... così bella da far male, così ingenua da conquistare, così maliziosa da eccitare il tuo ego, gonfiarlo, sentirlo esplodere prepotente dentro me e vorrei un figlio da te. Lo cullerei con amore, cullerei anche te lasciandoti bere di me l'anima al seno; vi nutrirei per farvi crescere sani, felici, miei.
E se fossi lei? Con i suoi occhi da gatta non lascerei vuoti mai, starei sempre a colmare silenzi, ti chiederei di gettare gli avanzi, allontanare da noi le paturnie e sentiresti d'appartenermi davvero così che nessuna parola, piccola, secca e spietata, sorgerebbe spontanea ad allontanarti da me.

Se fossi vento? E se fossi parola? Se fossi Te, amerei solo me... e come vento su prato volerei tra le rose per profumare di me ogni stilla di te; smetterei di essere una scheggia impazzita alla ricerca di cosa nemmeno tu sai: non tornerà, non tornerà ciò che vuoi e smetterei (essendo te) di correre e affannarmi dietro ogni amore per ricercare quello unico, perfetto, che mai avrò a cingermi il petto, a crogiolare paure nella pretesa di smettere quel tremore interiore. E forse aprirei gli occhi puntandoli verso ciò che posso avere, rinnegando ogni via di fuga, che mi nego per insolenza, per voglia ribelle d'avere sempre quel male a rammentarmi che di perdita in perdita ho dissipato i pensieri.
Non correre a perdifiato, non si recupera ciò che si snocciola tra le dita di vita.

Ma (è d'obbligo un - ma - ) non sono Cielo o Terra, nè Uomo o Donna, non so Te e nell'essere Me ritaglio una rosa in velo da sposa, assumo la posa, ti tendo qualcosa... allunghi la mano, accetti il mio dono, lo guardi, mi scruti, ne studi la forma e comprendi il mio dire: assapora ogni ora, senza pensare all'aurora, che il domani verrà e porterà novità.
Accettarle o rifiutarle, avermi o perdermi, scelte, e nel qual caso saprai che mai più nessuno ti chiamerà - amore - , con la stessa accezione.
Tu in risacca perderai te, nella speranza d'approdare ancora e Io in ricordi perderò me, nella certezza di volare sola.

Spasimante e leccaculo in mezzo ad un groviglio di carne informe per il solo gusto d'averle tutte e nessuno veramente... non lo sarò mai, lo sai!
Sono me stessa, ricordo in chiosa... del tuo roseto

Rossa La Rosa

eppure questa è nota già suonata e forse stonata.



Alla C di carbonio,
- imbrigliato nella perfezione dei miei pensieri l'animo a cui, se fosse qui, voterei tale scritto -
in qualità di spettatrice, pagante, dei suoi umori.

RossaLaRosa

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