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Racconto n° 4609
Autore: Morgause Altri racconti di Morgause
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Dietro i tuoi occhi
Mi avevi dato appuntamento per le dieci di sera, a casa tua, alla periferia di Viareggio.
Mi era parsa un pochino strana la raccomandazione:
-Non suonare il campanello, troverai la porta socchiusa-
Strana perché ancora non ti conoscevo: avevo desiderato far l'amore con te fin dal nostro primo incrociare di sguardi, mi avevi intrigato subito, con la tua fisicità animalesca, da predatore.

Ti avevo osservata a tavola: i seni sporgevano opulenti da un top nero striminzito e su quella pelle scura vellutata e palpitante scendevano briciole di pane casalingo tagliato a spesse fette che tu azzannavi senza pietà: eri l'unica tra le ragazze presenti a dimostrare tanta voracità per quell'alimento normalmente considerato dalle donne il killer della linea.
Conscia del mio sguardo ipnotizzato dal ritmico palpitare dei tuoi seni guardandomi con intenzione afferrasti un bicchiere di vino rosso, lo trangugiasti d'un fiato, per poi pulirti con la mano la bocca, sempre fissandomi con uno strano sorriso obliquo mentre i tuoi occhi promettevano delizie erotiche senza fine: il risultato fu una immediata e ingombrante erezione.
Cominciammo a parlare, restammo insieme fino all'alba, chiaccherando e camminando, tra un caffé e un gelato; a un certo punto tu mormorasti avvicinando la bocca al mio orecchio, come a confidarmi un pericoloso segreto:
-Voglio che la nostra prima volta sia speciale, da ricordare; vieni domani sera a casa mia, sono sola-
Ci eravamo visti e presi, un'attrazione fisica esplosiva, una complicità biochimica che raramente capita, ne eravamo coscienti.
Mentre mi affrettavo a raggiungerti all'indirizzo che mi avevi dato pensavo al tuo nome:
Fede.
Mi eccitava anche quello, forse perché sapeva tanto di storia sacra in un contesto che si preannunciava oltremodo pagano?
L'illuminazione era assai scarsa nel vialetto dove m'inoltrai: oltrepassai due villette, con giardino da biancaneve e sette nani, e qualche stanza illuminata per trovarmi di fronte alla tua casa, antica e grande, immersa nel buio assoluto.
Il cuore accellerò i battiti, e il caldo mi parve aumentare improvvisamente in quell'Agosto afoso anche per la Versilia.
Spinsi appena la porta che si aprì, cercai un interuttore della luce a tentoni, lo trovai ma al suo clik non successe niente, buio assoluto.
-Fede, dove sei? ma che stai combinando?-
Nessuna risposta, solo, avanzando, inciampai in qualche cosa: una grossa torcia, che accesi subito.
La stanza, molto grande, aveva una scala laterale che portava al piano superiore.
Il caldo umido era opprimente, nonostante l'ora già tarda.
Rimasi incerto sul da farsi, ti chiamai di nuovo: nessuna risposta.
Il silenzio e il buio della casa mi avvolgevano, trasmettendomi una inquietudine acuta che accendeva ancor più il desiderio di te.

Eppure eri vicina, cominciai a fiutarti, un misto di essenza costosa e odore animale di
donna: l'eccitazione salì alle stelle perché capii che quello era il tuo gioco, volevi essere trovata, stanata e catturata.
Cercavi un cacciatore, per una volta i ruoli si invertivano, tu saresti stata la preda.
Improvvisamente cadde sotto il cono di luce alla base della scala un indumento: era il tuo top nero della sera prima.
Lo presi in mano, dentro c'erano ancora i tuoi seni, palpitanti e scuri, dai capezzoli grandi che bucavano la stoffa.
Mi tolsi la camicia fradicia di sudore e le scarpe, abbandonandole sul pavimento.
Poi incominciai a salire, trovai la tua gonna corta e, infine, sul pianerottolo, gli slip bianchi di pizzo.
Li raccolsi e me li strofinai sul viso, sul petto, sulle labbra, per assaggiarti.
Allora mi spogliai completamente, perché sentivo che tu era vicina, sempre più vicina.
Mi arrivava largo il profumo aspro della tua eccitazione, insieme al respiro affrettato
dall'attesa.
-Fede - mormorai.
Ti volevo come tu volevi me; continuando a mormorare piano e con dolcezza il tuo nome mi diressi verso l'unica porta spalancata come una bocca pronta a ingoiarmi, simile a quell'altra tua bocca nascosta che tra poco avrebbe accolto la mia voglia urgente e cieca.
Diressi la torcia sulla parete e poi sul letto: stavi lì, come una belva braccata, con gli occhi spalancati, nuda, le labbra aperte in un respiro affannoso.
Ti illuminai il volto, continuando a chiamarti per nome, mentre tu fissavi quella luce, dietro alla quale sentivi, ne ero certo, il mio desiderio.
Scesi piano con la torcia sul seno, sul ventre palpitante, sulle cosce e sulle gambe lunghe, che si accarezzavano l'una con l'altra.
Gettai la torcia e mi adagiai sopra di te; rimasi un attimo immobile sul tuo corpo morbido, stingendoti con forza, mentre il mio viso si perdeva dentro i tuoi capelli folti e ricciuti.
Tu mi afferrasti il sesso e mi guidasti guidasti,decisa, dentro di te.
In contrasto le tue labbra erano indecise quasi inesperte nel baciare: pensai che avrei dovuto insegnarti quell'arte.
Cominciai a muovermi nel tuo morbido ventre con accanimento, forza e desiderio ciechi.
La pelle sudata e bagnata sgusciava dai nostri abbracci.
Mi stringesti i fianchi a tenaglia incrociando sopra di me le caviglie snelle ( mi è rimasto nelle orecchie il rumore fatato dei ciondoli tintinnanti della tua cavigliera).
Ti accarezzai i seni, succhiai con bramosia i tuoi capezzoli, tu mi strusciasti con la lingua, che mi parve ruvida come quella dei gatti, il viso e il collo.
Poi i nostri movimenti si accavallarono gli uni sugli altri, fino a che non fummo un'onda sola di armonia perfetta che ci fece schizzare lontani insieme, trasportando per qualche attimo il centro segreto che ogni uomo possiede nell'eternità .
Per la prima volta avevo volato oltre i confini del piacere con una donna.
Tutto poi i lentamente si acquietò e si calmò, decelerando.
Riprendemmo a respirare normalmente, a odorarci, a leccarci, accarezzarci.
Intorno tutto era pace, silenzio, buio e caldo.
E odore di noi.


Morgause

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