Ricordo esattamente cosa ci portò la dentro, in quella stanza. Ricordo quasi ogni parola, ogni occhiata.
Lo stuzzicavo, lo prendevo in giro, gli facevo battutacce da osteria e doppi sensi. Gli infarcivo le frasi di malizia. Avevo voglia. Di lui. Desideravo sentirlo dentro di me. E quando mi capita di provare queste sensazioni le mie inibizioni si abbassano, fino quasi a scomparire.
Eravamo in ufficio, davanti al pc. In quel momento era deserto. Solo noi due e un ragazzo lontano, alle prese con la stampante. Si doveva lavorare, ma io mi sentivo ben altra disposizione d'animo. Cominciai con i miei soliti giochetti, frasi e sguardi ammiccanti, carezze, morbidi baci nell'incavo caldo del collo. Lui mi guardava con occhio supplichevole, come a dire: - Lo sai che così mi fai soffrire... - . Sì, mi è sempre piaciuto giocare con la sua eccitazione. E mi ritenni più che soddisfatta quando posai intenzionalmente la mia mano laggiù, tra le sue gambe, e tastai quel caldo turgore che gli avevo provocato.
Lui mi guardò fisso, mentre iniziai ad accarezzarlo dolcemente, sfiorando appena i jeans rigonfi, facendogli intuire più che percepire la mia mano che leggera lo toccava. Ad un tratto vidi la sua espressione cambiare e diventare tesa e attenta a carpire una sensazione. Dovevo aver toccato un punto particolarmente sensibile, la punta, forse.
Sarà stato il luogo insolito, o la solitudine inattesa, o l'andirivieni del ragazzo attraverso l'ufficio e quindi il timore di essere scoperti, o tutte queste cose insieme, ma ad un tratto mi fermò. Il messaggio era chiaro: hai innescato la bomba, ora è compito tuo farla esplodere.
Così prendemmo i nostri pochi effetti e andammo di sotto.
La nostra relazione sul posto di lavoro aveva acuito il nostro ingegno per farci escogitare luoghi sicuri dove appartarci non visti. Così, tempo addietro avevamo scoperto, per caso, uno stanzino in disuso, un bagno in un piano interrato dove gli uffici erano stati adibiti a magazzino. Non era chiuso a chiave, e col tempo, l'avevamo un po' ripulito e adeguato alle nostre esigenze. Non diventò mai un'alcova confortevole, ma fu teatro di particolari momenti molto intensi. Così, quel giorno, portai il mio amore proprio laggiù.
Una volta chiusi dentro (grazie ad un provvidenziale chiavistello), lui mi abbracciò con forza e mi guardò con quegli occhi chiari carichi di desiderio... ha sempre saputo farmi sentire una dea, bellissima e potente. Ed era proprio così che mi sentivo. Allora presi a baciarlo con trasporto, ad accarezzarlo, a lasciare che le sue mani percorressero il mio corpo che tanto lo eccitava. Ma avevo deciso di guidare io il gioco. Lo baciai sul collo, dove la pelle era calda e liscia e profumava di lui, lo solcai con la lingua, lo mordicchiai, finché non lo sentii quasi gemere. Era una sorta di rito, il mio... intuiva cosa avevo in serbo e già ne godeva.
Lo feci appoggiare alla parete, mentre con mani sicure gli slacciavo la cintura e gli calavo i jeans.
Abbassai anche i boxer da cui trassi il suo membro, duro e turgido come non mai. Lui non parlava, mi guardava soltanto, respirando forte nell'attesa, con desiderio.
Lo baciai in punta di labbra, come una sorta di saluto e mi inginocchiai a terra davanti a lui.
Iniziai a leccarlo, inumidendone l'asta, dedicandomi alla punta morbida, saggiandone il calore e il sangue che pulsava oltre la pelle arrossata. Lo spinsi in bocca, facendolo scorrere lentamente tra le labbra che dolcemente lo stringevano. Lavorai a lungo, muovendomi su e giù, accelerando e approfondendo i colpi fin quasi a soffocarmi, facendolo sbattere contro il palato, accarezzandolo e massaggiandolo dolcemente e con perizia con la lingua sulla punta e sul punto sensibile appena sotto. Succhiavo e spingevo e rilasciavo, mentre la sua mano tra i miei capelli seguiva ogni movimento, incentivandomi, comunicandomi il suo gradimento.
È questa la sensazione che mi da la fellatio: sono io a scopare lui con la bocca. È l'inversione dei ruoli attivo/passivo. Questo mi da potere. Sono forte, sono in grado di succhiare via l'anima del mio uomo, di farlo impazzire di desiderio, di soddisfare ogni cellula del suo corpo smanioso se solo lo voglio. Mi sento potente, eppure non posso farlo ad occhi aperti. Mi piacerebbe poterlo guardare negli occhi, e so che questo lo farebbe godere anche di più, ma proprio non riesco. Ad occhi chiusi creo una mia magia personale, dentro la mente. Vedo il mio corpo avvolgerlo ed inghiottirlo, non solo la mia bocca. Vedo tutto il mio calore morbido accarezzarlo e sconvolgerlo. Con gli occhi chiusi aspiro via i desideri del mio uomo.
E così, concentrata nel dare il massimo del piacere al mio uomo, sentii la sua mano nei miei capelli tirare, come per allontanarmi da lui, mentre il suo corpo davanti e dentro me tremava. Mi chiamò. Stava arrivando. Ed io, invece di staccarmi da lui, lo ripresi con vigore, e quando un gemito mi avvertì che il momento era arrivato, lo lasciai venire sulle mie labbra.
Mi rialzai, mi ripulii e lo aiutai a ricomporsi. Un sorriso mesto e grato affiorò sul suo viso. L'avevo preso in me e mi sentivo appagata, quasi quanto lui.
Tornammo in ufficio, un po' scombussolati da tanta passione; ero ancora preda di quell'ebbrezza erotica che da il potere, mi sentivo leggera, l'anima colma di quella del mio uomo.
Melablu