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Racconto n° 1064
Autore: Laura Altri racconti di Laura
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Il complice
Come vorrei che gli uomini smettessero di considerarmi una facile preda solo perché passeggio per il corso tenendo per mano Martina! Apriti cielo se poi, inavvertitamente, le sfioro le labbra nel dondolio della metropolitana affollata. Allora si che mi guardano con quel sorrisetto ironico stampato sulle labbra, quasi a voler farmi intendere che starei meglio tra le loro gambe.

Credo che esista un buco esistenziale nell'universo maschile o forse sono io che non considero le vie di mezzo e mi lascio intrigare solo da qualche aitante ventenne per poi passare a chi di anni ne ha almeno cinquanta, ma sono pochi tra questi a farmi girare la testa. Fatto salvo per qualche mostro sacro, preferisco portarmi a letto un novellino da svezzare e qui a Budapest se ne trovano in abbondanza, pur mostrando qualche reticenza quando capiscono di che razza sono fatta.

E' strana la vita, fino a trent'anni camminavo sul bordo della strada senza guardarmi intorno e poi, di colpo, mi sono liberata da un fidanzato troppo noioso e dalle catene delle convenzioni per vivere il sesso con la libertà e la frenesia che più mi appaga. Mi sento una donna libera... libera di viaggiare e libera di scegliere, ma anche libera di infilarmi un fallo doppio tra le cosce e scoparmi il primo ragazzo appena conosciuto in birreria. Si, perché a me piace cavalcare gli stalloni e le puledre e non certo il contrario, mi piace dominare perché in questo modo decido come e quando godere.

Se mai sentissi il bisogno di invertire qualche volta le mie abitudini sessuali, so bene a chi rivolgermi, ma questo accade soltanto quando, da buona pecorella smarrita, torno all'ovile milanese da cui sono partita. Allora so che mi basta qualche moina al telefono per smuovere il mio pigmalione, ormai lo conosco bene così come non sono un mistero le sue debolezze. - Chi c'è con te? - è la sua prima curiosità quando lo chiamo e, se gli faccio ascoltare una voce di donna, i giochi sono subito aperti.

Quella volta invece lo chiamai perché smaniavo per il cameriere del McDonals, un giovane universitario di origine indiana che sembrava non capire il mio reale interesse per lui. - Non ti preoccupare, - fu la sua risposta tranquillizzante - se per te non è un problema, glielo spiego io.

- Non raccontargli tutte le mie abitudini sessuali, - lo avvertii - non vorrei che scappasse a gambe levate prima ancora di vedermi con la cintura stretta in vita.

Sapeva benissimo a cosa mi riferissi, la prima volta erano state le sue grosse dita a stringere la fibbia con forza, poi aveva intinto l'indice ed il medio nella glicerina e l'aveva spalmata con cura sul fallo di silicone che mi spuntava tra le gambe. Ne aveva lasciata una parte per quella che lui è solito chiamare "la porta delle viscere"... tra le mie natiche naturalmente. E' un dare per avere, un baratto che ha sempre fatto godere entrambi, ma in quell'occasione la vittima sacrificale era Martina, io avrei scopato lei e in cambio lo avrei lasciato dilagare nei miei intestini.

Sarebbe accaduto lo stesso col giovane Indiano oppure questa divagazione non rientrava nella sua pur contorta visione degli incontri a tre?

La risposta arrivò il giorno successivo: - Non mi importa chi stai scopando se nel frattempo posso infilarmi tra le tue belle chiappe, - mi sussurrò all'orecchio mentre salivamo sulla scala mobile della Rinascente - il ragazzo accetterà qualsiasi cosa tu voglia fargli.

- L'hai pagato vero?

- Ho solo risolto alcuni suoi dubbi con una mancia, - rispose, mordicchiandomi l'orecchio - spiegami cosa ti attira così tanto di lui.

- Mi eccita l'idea di aprirgli le natiche e spingermi dentro il suo intestino col mio surrogato di silicone, - risposi - mi piace star così sopra un uomo, mi sento la sua padrona assoluta. Stringo il suo scroto nel palmo della mano e gli parlo finché sento lo sperma che ribolle nella sacca, poi lentamente lo porto a godere.

- Cosa ti fa credere che un uomo possa godere della penetrazione anale?

- La pressione interna di un fallo di buone proporzioni stimola la prostata a rilasciare il liquido seminale. A volte, ad ogni colpo ben assestato, ne consegue uno spruzzo involontario; è questo gocciolare di seme che mi da alla testa perché appaga la mia voglia di spremere il desiderio che si annida nel profondo.

- Peccato che io non possa fare lo stesso con te, - sorrise - lo sai che il tuo sesso colmo di succhi mi fa perdere ogni controllo.

- E' un vecchio gioco, - replicai - lo abbiamo fatto tante volte eppure non ti stanca mai.

Mi ricordò di una sera a Lampugnano, ero sdraiata sul sedile posteriore della sua Corvette e lui guidava su e giù per le rampe rendendo impossibili le attenzioni nei miei confronti di un medico conosciuto la stessa sera a teatro. - Scopala dai, - lo incitava, alternando brusche accelerazioni a improvvise frenate - la signora ha bisogno di stimoli forti per godere e non è il tipo da lasciarsi fottere su un letto comodo!

Arrestò l'auto all'ultimo piano ed attese che lo sconosciuto amante svuotasse lo scroto nel mio sesso in burrasca, poi lo invitò a lasciarci soli e completò l'opera appena iniziata. - E' come infilarsi in un letto ancora caldo, - mi spiegò - credo che non ci sia niente di più appagante per un uomo.

E' per tutto questo che non posso fare a meno di lui e torno a cercarlo come un vittima che ha bisogno del proprio carnefice. Non ha importanza se ho voglia di succhiare una clitoride o un glande rugoso, lui capisce al volo quando voglio essere leccata o sodomizzata, quando voglio godere in modo sporco o celestiale. Poco importa se il giovane indiano alla fine non ha più sperma per colmarmi dopo che l'ho scopato per un'ora, lui sa come infilargli due dita nello sfintere e stimolare la prostata per spremerlo fino all'ultima goccia.

Purtroppo non è il mio uomo e so di non poterlo mai avere in esclusiva, ma mi basta saperlo complice per riuscire a godere.

Laura

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