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Racconto n° 1077
Autore: Faber Altri racconti di Faber
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La donna, l'uomo e la goccia
Le tazzine del caffè sono nel lavandino.
L'orlo col segno del cerchio profumato dove arrivava l'ombra nocciola e si alzava il velo umido e l'aroma.
Un solo cucchiaino, posato a traverso dei due piattini sovrapposti, puliti, uno sull'altro, a lato delle tazze.
E dal rubinetto, nella prima tazza, scende la goccia.
Ritmica e silenziosa all'inizio.
A cadere sulla ceramica, appena appena decentrata, e spegnersi nel nulla.
Poi, piano piano, a suonare il tamburo sul pelo delle gocce precedenti, che si sono fatte piccolo lago scuro. Man mano sempre più chiaro con lo scorrere delle gocce, a diluire il velo di caffè rimasto sulle pareti e sul fondo della tazza.
L'uomo e la donna sul letto, due porte poco più distante non sentono né quello né alcun altro rumore.
La donna, sdraiata sul letto, slaccia i pantaloni e comincia a farli scendere sui fianchi. L'uomo l'aiuta, e sorride, con lo sguardo a perdersi sul corpo di lei ancora vestito.
Lei in maglietta e slippini, adesso, sdraiata morbida, lì sul copriletto.
Lui in piedi, ai piedi del letto, si sfila la polo, alta sulla testa. Poi, vestito solo sotto, slaccia la fibbia di metallo che serra la cintura.
Scivolano a lato, pendono rilasciati dalle anche, fibbia e bindello coi fori.
L'uomo scalcia le scarpe, si aiuta col calcagno nello sfilarle, prima una e poi l'altra con maggior fatica, e nemmeno le slaccia.
La donna con le braccia alte sul cuscino, e lo scollo della maglietta, scivolato a lato, a scoprire netta l'ombra e la curva di un seno.
Calda, sembra dipinta coi toni dell'ocra e del marrone chiaro, nella luce delicata che entra dalla finestra sulla via.
Lo slip, sotto la striscia di pelle che lo separa dall'orlo della maglia, che segna il taglio delle labbra sotto. Dritto e ammorbidito dalle curve che le gonfiano, e le fanno sembrare un taglio morbido di carne sotto il tessuto.
Il giro delle coscia del tessuto e dell'elastico, a segnare la curva dell'anca, e a disegnare poi la riga orizzontale, bassa sotto l'ombelico, l'orlo rivoltato a stagliarsi bianco sulla pelle, ad attendere solo le sue mani.
L'uomo ride, sfilandosi le calze, in equilibrio sui due piedi. Equilibrio alternato, quasi cade.
Lei sorride.
E il bianco dei denti accentua il suo sorriso.
E lì, in quell'istante, la prima goccia tra le tante trova finalmente il suo tamburo.
Nel silenzio della stanza e dell'attesa.
Come se rubinetto, lavandino e tazzine del loro caffè fossero lì con loro.
Nella loro stanza.
L'uomo ora è nudo. In piedi davanti al letto. I pantaloni e lo slip alle caviglie, li sfila completamente, aiutando con il piede l'uscita del laccio di tessuto.
caviglia dopo caviglia, ora è nudo.
Tonfo di acqua nell'acqua.
Netto e sicuro, come vibrato d'eco.
Come se fosse il rumore del pensiero, il rumore della goccia tronca, ad entrambi, il fiato. Come un segnale o un battito di cuore forte ed improvviso.
La lingua dell'uomo corre sul corpo della donna, lascia la traccia di baci, umida e ombrosa.
La firma sulla pelle, percorrendola con la lingua, la battezza di saliva.
Scivola sui fianchi e su, inerpicandosi umida e calda, fin sotto le ascelle.
E poi, lenta ma senza pace né ripensamento alcuno, a far salire e vibrare la pelle delle braccia.
Sull'avambraccio sino, percorrendo dall'ascella a lì l'interno, dove la pelle conosce meno anche il sole, ed è più dolce e sensibile, alla carezza mobile della lingua e delle labbra.
Aumenta il ritmo della goccia ora.
E il suo rumore.
Col crescere dell'acqua nella tazza.
E, come fosse legata a quella goccia ripetuta, anche la lingua sale nel suo ritmo e nella sua corsa umida e scura.
Corre e si ferma al battito del tamburo d'acqua.
Fa stringere e rientrare il ventre sotto la carezza adesso, scorre e cerchia di cerchi sempre più stretti, i primi larghi, con il raggio dall' ombelico all'orlo, sollevato adesso fin quasi al seno, della maglia sottile di cotone.
Poi sempre più stretti, a stringere nella spirale della lingua sulla pelle, il desiderio e l'attesa.
La goccia suona e ritma la corsa del brivido sulla pelle. Sembra qualcuno dia, battendo l'acqua con l'acqua sicuro, tempo al desiderio, lì nella stanza.
La goccia tonfa e la lingua e il respiro dell'uomo e della donna sembrano sospendersi ogni volta un attimo nel vuoto.
Ora la bocca è sulla bocca e, sotto la maglietta, tirata ancor più alta dallo scivolare dell'uomo sulla donna, la pelle è sulla pelle.
Calda. A far rientrare il fiato. Come se fossero in attesa della goccia.
Eccola.
E loro, riprendono il respiro.
L'uomo scosta con la mano l'orlo dello scippino. La mano della donna l'aiuta, e sembra che scostandolo, la mano di lei a fianco della sua, calda e sicura, lei si spalanchi e apra a lui, per lui, la strada.
La goccia cade e ritma l'appoggiarsi della punta, lo scippino a lato a spingere la carne, e le labbra che la baciano, lì, alla sua entrata, sciogliendosi, e accogliendola come se fossero una bocca socchiusa.
Si ferma, alto sulle braccia ora, lui, si fa arco, e carica la spinta.
Senza segnale alcuno o accordo, attendono la goccia.
Al tonfo che rimbomba nella testa, l'uomo si affonda.
E batte come goccia nella tazza. Ribatte. Senza sentire nemmeno più quel suono.
L'uomo si fa goccia.
E scava e scioglie, come fa l'acqua, scivola e si fa onda.
Poi, cade dentro, si nasconde, come a cercare l'acqua in cui sciogliersi e farsi acqua.
Nella stanza, solo il respiro che copre ogni silenzio, e si fa stretto e veloce, come le ultime gocce.
Le gambe della donna sono alzate ad offrirsi più aperta.
Tenute, sotto le cosce dalle mani, a farsi tiranti e lacci, e a portare le ginocchia alte e a lasciarla offerta e aperta.
L'uomo si spegne, affonda nell'acqua che lo avvolge, mentre rivolta con violenza le sue reni e le si scioglie, alto come cercasse il fondo della tazza, ultima goccia nella sua acqua, dentro.
Nel calmarsi dei respiri percepiscono solo ora il silenzio della goccia.
L'acqua, nell'altra stanza, ormai tracima senza più rumore dall'orlo pieno della tazza, e scivola in silenzio, con il brusio, impercettibile dell'acqua che si calma, nel lavello.
Fuori dalla finestra cominciano a fiorire, all'accendersi giallo dei lampioni, le prime ombre.
Giallo caldo, quasi ocra, come il fondo di caffè affogato dall'acqua.

Faber

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