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Racconto n° 1088
Autore: Eliselle Altri racconti di Eliselle
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Il tarlo, il chiodo
E' una sensazione strana. Ti prende all'improvviso. Ti chiede attenzione, e se non gliela dai, se la prende lo stesso. E' come quando guardi un tramonto, senza vederlo veramente, e non appena realizzi la sua bellezza, rimani senza fiato e devi costringerti a respirare. Per non morire. Una sensazione odiosa, perché percepisci la forza della sua necessità. Una forza a cui non ti puoi sottrarre, non puoi contrapporti, perché sai che ne usciresti malconcia, zoppa, sconfitta.

E' un tarlo che scava nella mente. Un chiodo piantato in una mano. E' un'ulcera, che insidiosa decide di darti noia e sofferenza è lei a deciderlo. Il pensiero subdolo e urgente di quello che gli faresti, se lo avessi lì accanto, e foste soli, ti invade e non ti abbandona fino a che, in qualche modo, non si sente soddisfatto. Un pensiero tanto più invasivo quanto più inaspettato. E ti chiedi perché proprio lui, che magari non avevi visto fino al giorno prima. Non lo avevi notato, presa da altre faccende, da altri uomini, da altre possibilità. Non è il tuo tipo. Non ce l'hai nemmeno un tipo ideale, ma questo non lo prenderesti in considerazione, proprio mai. Eppure una prima volta c'è sempre, per tutto. Anche per uno come lui.

E così, cerchi il suo sguardo. Inizi a chiedere di lui, quando non c'è. Sogni, di lui. Fino ad arrivare a chiederti se stai diventando pazza. L'uomo che hai accanto non sa niente. Condivide con te la vita di tutti i giorni, ma non sospetta nulla. Non sa che, nella notte, nel vostro letto, ti accarezzi e lo fai pensando a un altro, ma non a uno qualsiasi. Non sa che stai diventando schiava di una fantasia, e che faresti di tutto per soddisfarla. Non sa che ti svegli al mattino, ti alzi e gli prepari la colazione, come se niente fosse, ma in realtà senti l'inguine che brucia, lo stomaco sottosopra, e una biglia di fuoco che spinge nel tuo ventre. Non sa e non deve sapere. La gelosia lo corroderebbe dall'interno, gli scioglierebbe le interiora come soda caustica. E' un segreto che hai con te stessa, e ti va bene così.

Il tarlo scava. Il chiodo spacca. L'ulcera grida. E ti ritrovi davanti allo specchio a farti bella, perché quella sera a cena c'è anche lui. Ti guardi, dai l'ultimo ritocco al trucco, indossi il gloss luminoso, il vestito scollato, e cerchi di capire che cosa sia scattato. Il perché di tutto questo. Il motivo dell'urgenza, della frenesia, del desiderio. Ti domandi che cosa sia successo. Che cosa manca nella tua vita che ti porta a volerlo con tutte le tue forze. Escludi tutte le possibilità, una dopo l'altra. E ti accorgi, senza quasi rendertene conto, che non ti manca nulla, assolutamente nulla. Capisci che forse il problema è quello: hai tutto, cosa puoi volere di più. Eppure, è evidente, capisci che qualcosa di altro da desiderare c'è sempre.

Vuoi sentirti viva. Vuoi amarlo. Vuoi vederlo senza vestiti addosso. Vuoi conoscere il suo sapore. Vuoi mordere i suoi fianchi e affondare le unghie nella sua schiena. Vuoi avvinghiare le tue gambe attorno a lui, tenerlo stretto, addosso a te. Vuoi farti schiacciare. Vuoi farti prendere. Vuoi farti scopare. Da lui. Lui, che fino al giorno prima vedevi come un semplice amico, e nulla più. E che, se più ci pensi, più ti sfugge il meccanismo. L'ingranaggio si cela ai tuoi occhi. La molla diventa mistero. E rimani col dubbio, col tarlo, con la solita, fottuta domanda. Perché?

Ma non importa, in fondo. Vuoi conoscere. Vuoi che quella sensazione di necessità ti abbandoni, ti lasci in pace. Vuoi che il pensiero martellante di lui, sedotto, che ti prende senza inibizioni né remore, ti abbandoni, perché non ne puoi più. Ti serve una tregua. Sei sull'orlo della follia, stai per scoppiare, ti serve una scusa, in fretta. Lo chiami sul cellulare, hai il suo numero da un po' di tempo, è tuo amico. Gli chiedi un aiuto, per la cena, lo inviti a casa tua mentre il tuo uomo non c'è. Ci mette poco, suona il campanello, tu gli apri e lo fai entrare. E lui capisce dal tuo sguardo che qualcosa non torna. Che non è per il vino che è lì, e nemmeno per il dessert. E' lì per te. Perché lo desideri, glielo fai capire chiudendo la porta con un movimento da gatta, inarcando la schiena e spingendo in alto il sedere. Non fa domande, e nemmeno tu. Hai già le risposte in testa e non ti serve altro. Ti avvicini a lui, morbida, insinui la tua lingua nella sua bocca, assapori quello che vai agognando da tempo, non ricordi da quanto. Sai quello che vuoi. Gli sfili la giacca senza pudore, lo tocchi, sfrontata, in mezzo alle cosce. Lo spingi sul divano, ti alzi il vestito, sei nuda sotto, e ti fai prendere. Ti fai godere. Ti lascia godere.

Hai conosciuto. Rimani in silenzio, in ascolto. Qualche secondo. Lui fa per parlare, ma gli metti il dito sulle labbra, decisa, a chiudergli la bocca. Senza dire nulla, lo guardi negli occhi, ma non lo vedi. Ascolti, e all'improvviso, dopo tanto, non senti nessun rumore. L'ulcera non grida più. Il chiodo ha smesso di battere e pulsare nella mano. Il tarlo è svanito. E' stato più veloce di quello che avevi immaginato, l'intensità e l'eccitazione di quel momento hanno bruciato in fretta i minuti. Non ti importa. Il tarlo tace, ormai.
E mentre lo osservi rivestirsi, mentre tu ti ricomponi, ti chiedi all'improvviso come diamine hai fatto. Dopotutto, anche se non hai un tipo ideale, tra tanti, proprio lui: ci deve essere qualche motivo oscuro. Così oscuro, che non lo saprai mai. Ma capisci che, dopotutto, non te ne importa più.

Eliselle

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