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Racconto n° 1175
Autore: Dunklenacht Altri racconti di Dunklenacht
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La prima volta di Camille
I velieri in bottiglia dalle grandi vele bianche erano stati la prima cosa che aveva visto.

E da allora, non aveva mai smesso di costruirne. Erano la sua passione.

Ne aveva di varie dimensioni, dai più piccoli, veri e propri capolavori in miniatura, ai più grandi, che occupavano bottiglie enormi.

Li costruiva lei. Altre volte, però, li comperava già pronti, al mercatino delle pulci. Comunque, sapeva dove trovare i materiali, principalmente legni pregati, di cui soltanto pochi intenditori conoscevano l'esistenza.

Aveva una maestria tutta sua, nel fabbricarli. Sceglieva le bottiglie giuste, quelle dal vetro più lucido e trasparente, che sembrava cristallo. E sapeva fare gli alberi, le vele, i timoni, le stive: tutto, insomma, dal meno impegnativo al più minuto particolare.

La sua stanza era piena di quei gioielli.

Le sue mani, le sue belle mani, sapevano farli così bene...

Nella sua cameretta non c'erano solo quelli. C'erano anche farfalle, dalle ali meravigliose e variopinte, c'erano bambole di porcellana, coi vestitini di velluto e di seta, variopinti e ricamati di merletti. Le acconciava lei.

Le piacevano anche i cannocchiali. Amava guardare lontano. La faceva sentire principessa.

Oh, sì, Camille amava tutte le cose rare e preziose. Erano belle come le sue mani, o forse, quanto la sua persona.

Aveva un piccione viaggiatore e di tanto in tanto si affacciava alla finestra per affidargli i suoi messaggi. Erano parole d'amore appassionate, senza dubbio, che però pochi conoscevano.

E nemmeno io sapevo a chi fossero dirette. Lo sapevano soltanto le ali del mistero.

Camille non costruiva soltanto velieri in bottiglia. Faceva anche dei castelli, sempre racchiusi nel vetro o nel cristallo. Ed era brava, credetemi, curava ogni dettaglio, ogni particolare, i suoi erano capolavori.

Camille aveva compiuto vent'anni due giorni prima. Viveva sola nel suo appartamento col suo amico, e chiacchieravano spesso e volentieri. Era castana, aveva i capelli lunghi fino alle spalle, ben acconciati, era alta, sapete, ben vestita.

E dal suo ultimo compleanno aveva cominciato a curare il suo abbigliamento più del solito.

Era come se volesse essere ancora più intima col ragazzo con cui abitava. Metteva le calze a rete nere, velate, la gonna stretta, sopra il ginocchio, accavallava le gambe, le piaceva indossare le scarpe col tacco a spillo, e quando lui le passava vicino, sospirava.

Non l'aveva mai fatto.

Camille glielo sussurrava dolcemente, mentre prendeva la sua mano e se la posava sulla spalla. Le carezze non le bastavano più. E nemmeno i baci, ormai.

Un giorno, accadde che per sbaglio uno dei suoi velieri in bottiglia cadesse per terra. Si ruppe, e andò in mille pezzi.

- Lascia, ti aiuto – le disse il suo amico, chinandosi con lei.

- No... Non importa... -

- E perché? Ci tenevi tanto! -

- Sì, ma lascia, lascia stare, ne farò un altro, sai? -

Camille si dilungò a parlargli. Sapeva che mentre stava chinata, gli mostrava i suoi seni prorompenti, che sporgevano dalla vasta scollatura del suo vestito. Era così giovane, così avvenente, che...

Lui se ne accorse, e la guardò. I loro occhi si incontrarono, quasi per caso.

Camille disse, sussurrandogli all'orecchio:

- Penso che uno di questi giorni noi due... Sai, penso che dovremmo essere più amici, più intimi, e... -

Gli disse anche di sentirsi molto sola, di aver bisogno dell'abbraccio di un uomo. Erano coetanei, lei lo sapeva, e sapeva anche che i rapporti più veri erano quelli tra persone della stessa età.

Col tempo, lei divenne sempre più espansiva, non faceva altro che mostrare le belle gambe, sospirare, e dire che sapeva cosa significasse amare. Non le dispiaceva lasciarsi sorprendere mentre si masturbava. Anzi, lo faceva apposta.

Finalmente lui la prese. Accadde quasi per caso. La strinse forte e dopo averla baciata sulla bocca prese a toccarla, a spogliarla, cominciando dal petto, per poi scendere giù, verso i fianchi, le cosce, impetuosamente.

- Lo sai che non l'ho mai fatto? – gli disse Camille, con un sorriso malizioso.

Prese la sua mano e se la portò sulla... Se la fece toccare, era bagnata, liscia, eccitata.

Si appoggiò al tavolino. Dopo averlo respinto un attimo, dolcemente, mettendogli una mano sul petto, si tolse le mutandine, poi tolse quelle di lui, gli infilò un... e poi, si fece penetrare.

Ricordi, Camille? Che grido mandasti, mentre ti sentivi squarciare l'imene, e il cuore ti batteva forte per il desiderio ed il piacere. Ancora, ancora, ancora, dicevi, era quello che desideravi da sempre.

Sì, perché per te era finito il tempo di giocare con le bambole.

Lo sentivi dentro di te, gommoso, lungo, ti penetrava, ti scuoteva, ti faceva anche un po' male, e qualcosa tra le tue gambe bruciava forte, forte, così forte, che... Era come avevi sempre sognato. Era secondo i tuoi desideri. Gemevi come una donna, eri diventata donna, il tuo corpo era quello di una donna...

Ti eri messa il profumo per essere più bella. E lo eri. Eri così femminile e sensuale!

Sentivi il suo pelo su di te, sul tuo pube, sulle tue gambe nude, di ragazza. Lo attiravi a te con veemenza, avevi le labbra semiaperte, ti sfuggivano sospiri, grida di piacere.

Poi, lo sentisti venire. Sì, Camille, così, più forte!

Avevi gli occhi socchiusi, sognavi. Eri donna di tutto ciò che mormorava e bruciava in te.

Camille!

Dunklenacht

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