Ciao.
Mi risveglio una domenica mattina dinanzi al mio grande specchio con decori in oro zecchino, appoggio la mia mano bianca, con le unghie dipinte di rosso, sulla bella console dove tengo tutto il necessario per truccarmi.
Metto la cipria, l'ombretto, (ah, quanto mi dona quel meraviglioso celeste sulle palpebre!), il rossetto, color porpora, che rende le mie labbra così morbide e dolci.
Ho appena compiuto ventuno anni e il mio cuore batte forte per la felicità di vivere. Sono una giovane donna, e alle donne piace la vita.
I miei capelli biondi sono così morbidi... Mi capita spesso di immaginare che un uomo entri improvvisamente nella stanza, per accarezzarmeli. E' un sogno.
Pochi colpi di spazzola e i lunghi boccoli dorati che mi ricadono sulle spalle diventano come quelli di una bambola.
Sono così ben truccata, così ben pettinata e ben vestita, tutta pronta per uscire e vivere la domenica frenetica della città. Ma prima mi fermo, e penso.
Mi siedo sullo sgabello accanto ai voluminosi scatoloni che ingombrano la mia stanza (ho traslocato da poco qui a Milano) e penso.
Accavallo le mie belle gambe, lunghe e carnose, lascio scorrere la mia mano sulla pelle bianca, e nuda. Mi sembra quella di un uomo, che mi coccola, che mi accarezza e mi vizia, sì! Chiudo gli occhi e mi sembra di vederlo, è qui, che mi abbraccia, e copre le mie labbra di dolci baci.
Oh, ma allora dovrò truccarmi di nuovo!
Le mie dita si soffermano sulla catenina dorata che decora così bene la mia caviglia, accavallo di nuovo le gambe, fino a provare una sensazione quasi di fastidio, la mia gonna nera, attillata, sopra il ginocchio, stringe sempre più, e quasi godo, oh!
Vorrei sentire quel calore appassionato dentro di me, quell'asta lunga e forte che mi sale tra le gambe, e che non mi stancherò mai di desiderare.
E' accaduto tante volte che la sentissi, sapete?
Tante, tante volte.
Prendo uno specchietto e do gli ultimi ritocchi al mio volto di fanciulla.
Poi, è la volta della borsetta, del cappellino e del foulard, e scappo. Sì, scappo per Milano, in una domenica qualsiasi di ottobre, piena di chiasso, di divertimento e di voglia di vivere.
Sono ancora un po' sbronza per ieri sera (ah, il favoloso sabato sera, pieno di sesso, droga e rock and roll che ho passato!)
Ricordo il gran concerto sul tetto che c'è stato qualche settimana fa, erano arrivati dei chitarristi con dei fantastici tatuaggi sulle braccia, l'orecchino e le t-shirt colorate. Avevano suonato sul tetto di un palazzo, quasi in periferia, e le strade vicine si erano riempite di una gioventù sfrenata e trasgressiva. Il chiasso era durato fino a notte fonda. Oh, cazzo! Lasciatemelo dire, anche se è una parolaccia. Mi sembra ancora di sentire l'odore degli spinelli, delle sigarette, dei preservativi, la puzza di birra che era corsa a fiumi!
Salgo sugli autobus. Li preferisco sempre alla metropolitana, perché avvicinano di più le persone, e il continuo sobbalzare mi provoca mille emozioni.
Non c'è molta folla come nei giorni di lavoro, sono quasi sola soletta. Sto in piedi e mi aggrappo a una maniglia, mentre i miei grandi seni prosperosi e bianchi sobbalzano, messi in mostra da una generosa scollatura.
Socchiudo gli occhi, mi metto ad ansimare. La solita mano che mi si insinua tra le cosce, mi tocca i glutei, sale attraverso la schiena fino al petto. Soffoco per il piacere!
- Dai, facciamolo qui, adesso – dico allo sconosciuto, senza neppure aprire gli occhi.
- Ne hai voglia?
- Sì, avanti.
E sento che mi alza la gonna, che me lo mette dentro, senza fare nemmeno uno sforzo (non porto le mutandine). Lo sento scorrere dentro di me, lungo e forte, duro e terribile, non mi dà pace, non mi dà pace...
E' come se fosse di gomma, come se entrambi fossimo di gomma, e ci stropicciassimo l'uno contro l'altra.
- Ahh... Ahi, basta! - dico, alla fine, tutta sudata.
Mi aveva scopata sull'autobus, lì, in piedi, pazzamente.
Accidenti, che emozioni...
Riapro gli occhi, ho visto e vissuto tutto come in sogno. Dal finestrino dell'autobus vedo passare davanti a me i grandi vagoni merci dello scalo ferroviario, siamo vicino alla stazione, in quel gran viale piantato ad aceri rossi, le loro foglie scarlatte sono il simbolo della malinconia e della passione.
Quei grandi vagoni, con la scritta - Nordwaggon - , rapiscono e seducono la mia fantasia, quelle lettere bianche su sfondo blu sono come stelle argentee in un cielo d'inverno.
Scendo.
Nel frattempo, mi sono venute in mente mille storie d'amori vissuti e bruciati sugli autobus delle città, storie romanzesche che forse ho letto qualche giorno prima in un giornaletto, e che parlano di appassionati baci sulla bocca regalati a uno sconosciuto, prima di scendere per recarsi a scuola o al lavoro.
Oh, sapete, quei baci dati con le labbra ricoperte di rossetto, che lasciano il segno e fanno bruciare il cuore di chi li riceve.
Alle spalle mi sono lasciata le grandi ciminiere e le fabbriche della periferia, che di domenica non lavorano a ritmo serrato come fanno invece nei giorni feriali.
Davanti a me ci sono le vie del centro, è festa, oggi, grande festa.
Ci sono degli uomini vestiti da clown che fanno gli scherzi ai bambini e giocano con la pistola ad acqua, donne mascherate, acrobati e saltimbanchi, che fanno la capriola. Ho l'impressione che sia arrivato il circo.
Intorno a me, si leva il suono di mille trombette colorate, di mille cornamuse che sembrano festeggiare me, la nuova arrivata. Ci sono anche gli aquiloni, i palloncini colorati, i coriandoli.
E dire che il cielo è nuvoloso e non c'è un solo raggio di sole...
Ma intorno a me, c'è l'allegria.
Saltello per evitare le pozzanghere, è come se giocassi. Un vecchio amico del liceo mi passa accanto, mi saluta, io lo abbraccio, sì, lo stringo forte.
E' il mio amore di un tempo.
I nostri dolci sguardi si incontrano, ma io chiudo subito gli occhi, abbasso le ciglia, e le mie labbra di porpora, dolci e morbide, si posano sulle sue.
E' un bacio...
Tutt'intono, la gente che gioca e scherza in una sorta di carnevale d'autunno. Avrei voluto regalare al mio amico un mazzo di fiori dai petali aguzzi e gialli, come girasoli, di quelli che crescono nei campi.
Per una volta, una donna fa la corte al suo uomo, e gli porge un dono che lo farà arrossire.
Rialzo le ciglia, e mi accorgo che passo dinanzi al mio caro, vecchio liceo, dove una volta studiavo Dante, Aristotele e Cicerone, quei grandi uomini dell'antichità, che avevo l'impressione mi prendessero tra le braccia, per narrarmi delle loro grandi città romane e greche, con i loro templi e le colonne di marmo bianco.
Oh, il mio caro liceo, dove al termine delle lezioni i ragazzi facevano chiasso con le loro moto, inseguivano le ragazze, fumavano e facevano mille scorribande. Delle volte, facevano a cazzotti, o tiravano i sassi. Un giorno era capitato che rompessero un vetro...
Mi viene in mente lo stadio, grande e affollato, sento le grida dei tifosi, mi sembra di vedere i grandi striscioni multicolori, i giocatori, l'affanno del gioco e della partita. Alcuni si azzuffano, altri cantano, ubriachi e tristi.
La mia domenica a Milano è appena cominciata, ma già volge al termine.
Ho gironzolato sola negli sguardi degli uomini per tutto il tempo, ho guardato le vetrine, che luccicano di mille addobbi colorati, ed espongono mille bijoux capaci di rendere felice una donna.
E' come se tutti mi avessero toccata con gli sguardi, e sempre, la mia mano bianca si posava affettuosa su di loro, per consolarli, e a volte posavo un dito sulle labbra, come per tirare un bacio, e salutare tutti coloro che incontravo.
Vedo il Castello Sforzesco e il Duomo in lontananza, sullo sfondo, i grattacieli, grigi e avvolti nel fumo e nella nebbia della sera.
Ci sono grandi cartelloni pubblicitari illuminati, delle immagini di donne bellissime e sensuali, che promettono felicità, il viale dei tigli e dei ligustri è addormentato.
Una ad una, si accendono le luci del tramonto, il sole è sceso all'orizzonte, i lampioni brillano come le stelle perdute del silenzio.
E dentro di me, sempre, quel fuoco, il desiderio segreto del sesso.
Un autobus passa, mi rapisce, come il destino della vita.
Dunklenacht