Partii per la Sardegna nella prima metà di luglio. Avevo appena finito gli esami della sessione estiva e feci i bagagli per andarmi a rifugiare in quel paradiso che è la costa sarda, per qualche giorno di meritato relax prima di rimettermi a studiare per fine settembre.
Venivo ospitato dalla famiglia F. da anni: erano amici di vecchia data dei miei e non hanno mai mancato di farmi sentire completamente a mio agio nella bellissima casa arrampicata in cima ad un costone a picco sul mare.
In poche ore, tra viaggio in aereo e spostamento in auto, eccomi arrivato. Riconobbi l'aroma delle piante odorose che selvatiche crescevano ai confini della tenuta. Il sapore salmastro dell'aria satura di mare mi stordì. Stavo ancora ammirando, confuso, estasiato e felice la casa che mi avrebbe ospitato per l'estate, che mi venne incontro il capofamiglia, Franco.
Subito mi prese i bagagli e con entusiasmo mi chiese del viaggio, della mia famiglia, degli studi... insomma, mi fece subito una grande accoglienza.
Faceva caldo fuori, al sole impietoso, ma in casa l'aria era incredibilmente fresca. Era arredata con lo stile che ricordavo dall'anno passato, risultato dell'ottimo gusto di Angela, la signora F. La trovai in cucina a preparare il pranzo. Bellissima ed abbronzata come sempre, Angela mi accolse con un sorriso smagliante. La abbracciai, sentendo la sua pelle fresca e compatta delle guance e del collo contro la mia, accaldata dal viaggio e dal sole. Sembrava che per lei gli anni scorressero all'indietro: la trovavo addirittura più giovane. La più bella quarantenne che avessi mai incontrato. In quel momento ricordai perché mi piaceva così tanto essere loro ospite.
Ancora soprappensiero per aver rivisto Angela, oggetto dei miei desideri più torbidi durante l'inverno e delle mie contemplazioni estatiche nel corso dell'estate, mi accompagnarono alla mia consueta stanza.
La trovai inalterata (com'è bello trovare le cose a cui sei affezionato immutate nel tempo...), in ordine perfetto, spolverata di fresco, il letto ornato da un copriletto color sabbia che faceva venire voglia di passare lunghi pomeriggi in ozio a pisolare su di esso. Posai le valige a terra ed il portatile sullo scrittoio, poi mi voltai a spalancare la grande finestra alle mie spalle. Respirai grandi boccate di quell'aria pura e salubre, vidi gabbiani volteggiare su quella distesa di specchi che è il mare a mezzogiorno e mi sentii libero.
Ero ancora intento a contemplare la natura che mi circondava, quando vidi una ragazza poco lontano che prendeva il sole. Aveva un viso familiare, ma non riuscivo a capire chi fosse. Quella non era affatto una zona frequentata, era praticamente proprietà della famiglia, e non capivo chi potesse... Le domande mi si spensero nella mente quando vidi la ragazza alzarsi e sgranchirsi. Era alta, snella, il corpo era giovane e fresco, quasi adolescente, ma ben formato. Le gambe lunghe e flessuose, il seno morbido e il sedere rotondo che riempivano un due pezzi sportivo, i capelli castani scoloriti dal sole e dal mare, lunghi oltre le spalle fino a sfiorare la vita sottile. Accidenti che bella...
La ragazza fece qualche passo verso la casa, poi si tolse gli occhiali da sole e la riconobbi.
-Enrico!!-, mi gridò, felice, mentre correva verso di me. -Francesca?!-, chiesi io, shoccato.
–Quasi non ti riconoscevo... sei cresciuta!- E lo era davvero. Francesca era la figlia di Franco ed Angela. L'avevo vista solo l'anno prima, ma allora non mi sembrava altro che una ragazzina, ancora un po' infantile, forse un po' più piccola della media. Mentre ora sembrava un fiore appena sbocciato che distende i petali teneri e freschi al sole del nuovo giorno.
Scavalcò agile la finestra ed in un attimo fu nella mia stanza. Mi abbracciò ridendo. La pressione del suo corpo morbido scatenò istantaneamente una reazione nei miei pantaloni. Quando si separò da me non sembrava affatto turbata e mi accompagnò a pranzo, ridendo e parlando a ruota libera.
Mangiai con un po' di disagio. Avevo davanti agli occhi una creatura magnifica, con accanto la sua degna figlia... sarebbe stata una lunga estate.
E così fu. In realtà mi riposai ben poco, avevo i nervi sempre tesi a causa di tutte quelle sollecitazioni visive. Angela in costume bianco che faceva joga all'alba ed al tramonto in cima alla scogliera, Francesca che prendeva il sole nel pomeriggio e chiacchierava con me da fuori la finestra, mentre io cercavo di lavorare un po' al computer in casa.
Una sera, ero al portatile sulla scrivania e davo la schiena alla finestra spalancata. Francesca arrivò da fuori, scavalcò la finestra e si sedette sul davanzale, coperto da morbidi cuscini. Le piaceva sedersi lì la sera, quando la stanza era vuota, e le avevo detto che avrebbe potuto farlo ancora, anche se occupavo temporaneamente la camera. Rimase in contemplazione del tramonto per un po', mentre io la studiavo di sottecchi. Era bella davvero, con la luce calda che le colorava i capelli di riflessi rossi e le faceva venire un tono triste negli occhi. Aveva un vestitino leggero di cotone, molto colorato, molto corto, che le lasciava scoperta una buona porzione di gamba. Sembrava ancora una bimba, in un corpo un po' esplosivo che ancora non era riuscita a capire del tutto.
Si girò verso di me e mi guardò in silenzio, mentre io facevo finta di nulla.
–Sai, Enrico... mi sei mancato tanto, quest'inverno...-, esordì.
–Ah sì?-, risposi io, sul chi vive.
–Beh, anche tu mi sei mancata.-
-Sì, ma... Enrico, ti ho pensato tanto. Ti ho anche sognato, a volte...- Sembrava imbarazzata. E io non sapevo cosa dire, non potevo andare avanti a dire - Ah sì? - . Così tacqui e attesi.
Francesca si girò un po' più verso di me, appoggiando il piede nudo sul bracciolo della poltrona e facendomi girare a mia volta verso di lei.
–Hai la ragazza, sul continente?-, mi chiese, seria. Io sorrisi, per quel termine tipicamente isolano, e risposi di no. Lei sorrise, rilassò le spalle e mi tirò a sé, baciandomi, dolcemente. Che soave contatto... quelle labbra fresche e pure, forse inespugnate, che sapevano di mare. Ci baciammo a lungo, lei in ginocchio sul davanzale, io in piedi davanti a lei. Ero stregato da quella fanciulla. Cominciai ad accarezzarla, piano, sulle spalle scoperte, lungo i fianchi morbidi, fino a raggiungere l'orlo del vestitino. Presi a toccare quelle gambe sode e lisce, e risalii, facendo alzare la gonna. Lei si staccò da me, un po' impaurita, mi guardò fisso negli occhi. Io la guardai e le sorrisi.
Continuai a salire, sentendo un brivido sotto la mia mano. Ora avevo in mano una natica, piccola e soda, e nuda. Niente biancheria. Quel pensiero mi fece smettere di connettere.
Mi sedetti sulla poltrona e feci sedere anche lei sul davanzale, prendendole le mani. –Sei magnifica-, le dissi, stregato. Lei mi prese la mano e la guidò di nuovo su per la gamba –Ti prego...-, mi sussurrò, con gli occhi fissi nei miei.
Dalla posizione favorevole in cui ero, le presi dolcemente una caviglia e poi l'altra e la feci appoggiare ai braccioli della poltrona. Bellissima, alla luce del tramonto, tesa nell'attesa. A gambe aperte davanti a me. Le leccai appena una caviglia, poi risalii sul polpaccio, nell'incavo del ginocchio, su per la coscia. Francesca esalò un lungo sospiro di piacere, quando le sfiorai la pelle tenera dell'inguine nudo. Era appena coperta da una tenera peluria, distinguevo bene la linea dell'abbronzatura. La sfiorai, facendola gemere. Si aprì alle mie dita leggere come un frutto caldo e maturo. Non potei fare a meno di assaggiarla. La leccai dolcemente, la penetrai appena con la lingua, le torturai il clitoride che si protendeva verso le mie attenzioni. Sapeva di mare, di giovane e vergine freschezza. Lei gemeva di questo piacere sconosciuto. Mi teneva per i capelli e mi supplicava di non smettere. E continuai, anche se la voglia di prenderla era così forte da farmi male, non solo in senso figurato. Ma non potevo averla: io ero solo un'infatuazione estiva, non era giusto che perdesse la verginità con me. Così mi staccai da lei, la guardai negli occhi sognanti e lucidi di emozione, e la baciai ancora, facendole sentire il suo sapore.
Con un braccio la sostenni, mentre con un dito solo la penetrai piano. Lei sobbalzò, il viso si tese nel piacere che stava arrivando e gemette. Con il pollice stimolai ancora il clitoride, mentre la mia mano saliva e scendeva. Pochi istanti dopo Francesca si arcuò tra le mie braccia e venne.
La tenni stretta a me e la cullai, sedendomi accanto a lei sul davanzale. Presto si riprese, ma era ancora emozionata.
–Pensavo volessi fare l'amore con me-, mi disse, nascondendo il viso contro il mio petto.
Già, mi sarebbe piaciuto, ma non sarebbe stato giusto per lei. Se ne sarebbe pentita appena avesse trovato l'amore.
Glielo dissi, e lei mi guardò, con quegli occhi castani così grandi ed intensi da fare male al cuore. Mi disse: -Io ti ho sempre voluto bene. Prima ero troppo piccola per capire, ma ora... Se c'è qualcuno con cui vorrei perdere la verginità, sei proprio tu.- Parlò, e la sua voce risuonò chiara dentro la mia testa, ferma e sicura. Era decisa. Glielo chiesi ancora una volta, lei mi prese per mano e mi disse che ne era più che certa.
Allora presi la mia sacca da mare e la riempii con due asciugamani e il telo da spiaggia più grande che avevo, mentre Francesca mi guardava dal davanzale con espressione interrogativa.
Trafficai ancora qualche minuto, poi la raggiunsi e scavalcai la finestra. La presi per mano e scendemmo alla spiaggia. Avevo l'opportunità di fare un regalo importante ad una amica, volevo che tutto fosse perfetto.
Così arrivammo alla spiaggetta silenziosa e deserta. Sistemai il telo in una piccola insenatura della roccia, lontano dall'acqua, con la sabbia fresca e pulita. Usai gli altri asciugamani come guanciali.
Poi tornai da Francesca, che mi guardava in silenzio, la presi in braccio (com'era leggera...) e la depositai sul letto improvvisato. Lei sorrideva, le era sempre piaciuta quella piccola nicchia riparata. Era serena e tranquilla. Le chiesi ancora una volta se era sicura e lei mi rispose senza esitazione. Così mi distesi su di lei e la baciai, a lungo, profondamente, mentre il mio cuore accelerava i battiti e sentivo le sue labbra diventare sempre più calde. Le sfilai il vestitino. E rimasi senza fiato. Bellissima, incantevole, morbida e calda, fragrante di giovinezza e tenera attesa. Di sicuro la ragazza più bella con cui abbia mai fatto l'amore.
La baciai sul collo, sulla gola, le assaggiai quei seni sodi e carnosi, mi strofinai sul ventre piatto e teso. Era un paradiso. Lei sospirava profondamente, cercavo di essere il più tenero e delicato possibile. Intanto le sue mani mi spogliavano, mi avevano già tolto la camicia. Così mi alzai in ginocchio e mi spogliai del tutto. Mentre cercavo il preservativo che avevo messo all'uopo nella sacca, sentii una scossa elettrica partire dal basso ventre.
Guardai Francesca: con un dito stava sfiorando il mio membro, duro e turgido come non mai, congestionato e bollente dal tour de force dell'ultima mezz'ora.
–E' il primo che vedo, sai? E'... bello...-, disse, continuando a far scorrere il dito lungo le vene, toccando piano la punta pulsante, e facendomi vacillare.
–E anche grosso...-, aggiunse, con un po' di malcelato timore.
Le sorrisi, indossai il preservativo e mi distesi di nuovo su di lei. Le dissi: -Non preoccuparti, cercherò di essere delicato. Vedrai che non sentirai male.-
La baciai ancora, e la penetrai con un dito. Lei mi guardava fisso negli occhi, mentre aggiunsi un altro dito dentro di lei. Era umida e aperta. Così la baciai di nuovo, e come chiudendo un circuito elettrico, la penetrai piano, poco per volta.
Lei sospirò, e quando fui tutto dentro di lei, mi strinse forte a sé, e mi disse: -Enrico... in questo momento so di amarti... Grazie.-
Ci furono molti baci, e molte carezze, iniziai a muovermi sempre più velocemente, prendendole i fianchi e tirandola a me, mentre lei mi cingeva forte con le gambe. Bella, bellissima, aveva il volto teso e sfigurato dalla gioia. Godeva, ed io le accarezzavo il volto scostandole i capelli chiari.
Poco dopo la sentii irrigidirsi tra le mie braccia, intensificai le spinte e venne, gemendo, ad ondate lunghe e forti, come il mare che risuonava a pochi passi da noi.
Poco prima che le contrazioni si fermassero, mi lasciai andare, e la seguii anch'io nell'oblio dei sensi.
Restammo abbracciati per molti minuti, in silenzio, lei mi accarezzava piano i capelli.
Sospirò, la guardai. Mi disse: -Sai qual è stata la cosa più bella? Vedere il tuo viso mentre venivi. Grazie, Enrico, mi hai fatto un regalo bellissimo. Ti voglio bene...-
Dopo quella sera, i nostri rapporti furono molto più stretti, mi veniva spesso a trovare in stanza, appollaiandosi come quella volta sul davanzale della finestra per guardarmi studiare, facevamo lunghe passeggiate in cima alla scogliera e nell'entroterra parlando di tutto, confidandoci. Ci baciavamo spesso, ma erano bacini casti, fraterni quasi. A volte veniva nella mia stanza a chiacchierare. Sapevo quello che cercava: il contatto di anime, dopo quello un po' più carnale dei corpi. Ci accarezzavamo spesso, scambiandoci tenerezze e sospiri. Non avevamo bisogno d'altro, ci appagavamo a vicenda, gustandoci ogni momento, ben consci che questo idillio presto sarebbe finito.
Facemmo l'amore solo un'altra volta, quell'estate, poco prima che me ne andassi. Quella sera corse nella mia stanza, piangendo. Mi gettò le braccia al collo e mi disse: -Ti prego, fammi l'amore... Ho bisogno di stare bene, e solo tu puoi...-
Non feci in tempo a fare domande, già mi baciava con passione ovunque. Così facemmo l'amore sui cuscini del davanzale, come la prima volta che l'assaggiai, appoggiata sui gomiti, con i lunghi capelli che si scompigliavano fuori dalla finestra nella brezza rossa della sera, i suoi gemiti che si levavano verso il cielo come tributo al giorno che muore. Alla fine piangeva ancora, ma mi baciò e mi disse ancora grazie.
Strana creatura, Francesca... Lasciai la Sardegna a metà settembre, ringraziando Franco ed Angela per avermi ospitato. Francesca mi salutò dandomi un piccolo bacio sulle labbra e, sorridendomi, mi disse: -Addio, Enrico. Grazie.-
Porto nel cuore quella ragazza... Francesca che, acerba, cercava l'amore e ne soffriva.
Melablu