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Racconto n° 1225
Autore: Giulia Lenci Altri racconti di Giulia Lenci
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Lei
Lei, con le sue mani delicate, intride burro e farina. Ha gesti morbidi e lenti, a convincere due elementi ad unirsi e mescolarsi, fino a farsi uno, uno solo, indiscernibili uno dall'altro. Il briciolame tenero sembra opporsi, ribelle rotola tra le dita che ancora lo stropicciano con dolcezza, in un rimprovero silenzioso e divertito.
Lui beve vodka ghiacciata. Appoggiato al frigorifero, la guarda e sorride.
Lei versa acqua sul mucchio indomito, a poco a poco, senza premura e con i palmi pazienti compone una forma, che recalcitrante si salda e poi, arresa, si modella tra le mani sicure.
Lui ammira la sua abilità a rendere forma la materia. Quasi inimmaginabile, pensa sorseggiando il bicchiere appannato.
Adesso lei accoglie nel cavo delle mani la massa docile, che si plasma seguendo i movimenti che comprimono e rilasciano e si riempiono e respingono, giocando a modellare un'idea informe.
Lui posa il bicchiere. Un nodo di fiamme gli scende in gola, gli scalda il cuore che batte forte, mentre la fissa. Non sa cosa vorrebbe, non lo sa ancora.
Lei accovaccia le dita intorno al pane di pasta, lo accarezza ormai domo da tanta energia, lo accudisce un attimo in un tepore d'affetto risoluto.
Lui la guarda, infastidito, geloso di quel momento così vicino e così distante da lui, in cui la donna vive un mondo che gli è precluso.
- Che fai? - dice a voce troppo alta.
Lei non alza subito gli occhi. Sorride, conscia del tono di quella domanda, decisa a rendere malleabile anche l'uomo, con la sua volontà quieta. Solleva le ciglia, un po' di sbieco.
- Lo faccio lievitare. - risponde.
- E hai bisogno di covarlo? - chiede ironico.
Lei socchiude le labbra in una specie di sorriso, lo guarda dritto in faccia.
- Voglio che venga come voglio io, senza fretta, mentre lo liscio e lo sfioro adagio, sentendolo crescere e vivere e quasi esplodere. -
Lui la guarda serio. Il fuoco gli avvampa dentro, nello stomaco, e scende giù, stemperandosi in brividi che lo invadono tutto. E lungo la schiena risale alla nuca, annidandosi dietro gli occhi, dove qualcosa vacilla. Ha le labbra secche, ma non vuole muoversi.
Lei rotea i polpastrelli sulla pelle soffice della pasta, sembra seguire il ritmo del respiro e intanto scruta l'uomo. Con lo sguardo lo percorre dalla testa al ventre, e sotto la cintura, dove qualcosa sta crescendo, incontenibile. Non stacca gli occhi di lì, inumidendo le labbra con la lingua che sporge appena tra i denti.
Lui sente il sangue ribollire e tutto il suo essere crescere e dilatarsi e tendere verso di lei. Fa un passo senz'accorgersene, e un altro, e ormai le è così vicino da percepirne il calore.
- Fammi quel che vuoi. - le dice.
Lei posa le mani sul suo viso e lui sente il profumo buono di promesse che verranno mantenute. Lei preme la bocca su quella dell'uomo, che sa di vodka. Accoglie quella lingua che la penetra prepotente, accetta di farsi coppa umida per colmarsi di lui, mentre con la punta delle dita rincorre il contorno delle orecchie, si tuffa tra i capelli a saziare i suoi pensieri.
Con un gesto insofferente lui spazza il tavolo da ogni cosa, da quel pane che s'è arreso, rubando un suo sorriso. Lei lo respinge coi palmi morbidi, ridendo, e lui le è di nuovo addosso, rovesciandola sul piano infarinato. Le allarga le gambe con la forza delle sue. Lei lo obbliga a sollevarsi e gli sbottona la camicia. Lui alza le braccia in una resa incondizionata, lei la sfila e la getta a terra. Impaziente lui tira la sua maglietta a scoprirle il seno e questa volta è lei a distendere le braccia, perché lui possa lanciarla lontano. Le strappa la gonna leggera, sente il rumore del tessuto che cede e vola da qualche parte.
Le serra i fianchi e scopre che non ha nient'altro da togliere. Allora si abbatte su di lei in un gemito soffocato, con un braccio le cinge la vita e con l'altra mano si slaccia la cintura. Lei gli accarezza la schiena, gli massaggia la pelle in un disegno di lingua circolare, a lato del collo e sulla spalla.
Poi lo sente entrare imperioso. Allora protende la testa indietro e ad occhi chiusi comincia quel lavorio che lo renderà arrendevole. Lo comprime dentro di sé, come volesse divorarlo. Lo rilascia e ancora lo avvolge e di nuovo stringe ogni fibra intorno al desiderio di lui che si sta affrettando. E poi lo lascia fare, perché è il tempo che più le piace, quando lei è soltanto conca che si riempie.
E con lui si fonde e mescola, fino a farsi uno, uno solo, indiscernibili uno dall'altro.
Giulia Lenci

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