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Racconto n° 1226
Autore: Dunklenacht Altri racconti di Dunklenacht
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La ragazza di città
La prima volta che la vidi fu per caso.

Camminava tutta sola con le sue scarpette in vernice rossa, col tacco a spillo, alla fermata della metropolitana. Era confusa tra la folla, i capelli ricci, castani, volavano nel vento, mentre saliva uno dopo l'altro i gradini della scalinata, la gonna nera e aderente, che portava, le si alzava molto sopra il ginocchio.

Era così sexy, così attraente!

Tutti se la mangiavano con gli occhi.

La vidi andare verso la fermata dell'autobus, salutare qualcuno con il suo fazzoletto di seta, e poi, svanire. Era l'ora di punta e c'era molta gente in giro; la bella avrebbe avuto appena il tempo di entrare nel suo grazioso appartamento, farsi una doccia, cenare e poi via, di nuovo a spasso, per festeggiare il sabato sera.

La ragazza di città viveva a Milano.

Non che fosse una città qualsiasi, per lei, che amava le vetrine, amava gli uomini, le calze a rete, le gonne sopra il ginocchio, i tacchi a spillo e far l'amore. Le piaceva il rossetto, le piacevano i romanzi rosa, le piacevano le emozioni e i vestiti firmati. Aveva avuto già parecchi fidanzati, l'ultimo, un uomo d'affari, che andava in giro sempre con la valigetta sottobraccio, vestito come un gagà.

Le piaceva farsi amare. Conosceva tutte le pratiche erotiche e nel suo delizioso appartamento, dove riceveva i suoi amici, aveva una biblioteca ben fornita, con tanti libri sul kamasutra e l'arte tantrica dell'erotismo.

Una volta, aveva conosciuto un maestro indiano.

Questi le aveva insegnato a coniugare la sessualità con la spiritualità, ed aveva anche fatto l'amore con lei, su di un tappeto, nella sua stanza sacra, alla luce delle candele, che spargevano profumo di incenso.

La ragazza di città aveva tanti amici. Uscivano insieme, si divertivano, si ubriacavano, e naturalmente facevano sesso. Ogni volta che vedeva qualcosa su di un manifesto pubblicitario doveva comperarselo, fosse stato anche un oggetto inutile.

Conosceva per nome tutti i ragazzi che abitavano nel suo quartiere. Sorrideva a tutti, dava la mano a tutti, era così disinibita e facile, così chiacchierona!

Ogni volta che vedeva un maschio, gli mostrava le belle gambe e si metteva a chiacchierare con lui.

Comunque, anche i suoi seni non erano male. Ricordo che mi confidò di essersi rifatta da poco il petto, da un celebre chirurgo estetico.

Comperava tutte le riviste di moda. Poteva passare un intero pomeriggio a sfogliare uno di quei giornalini, desiderosa di sapere quali fossero le nuove pettinature delle dive, e gli abiti più chic, i must imperdibili.

La ragazza di città passava il suo week-end facendo shopping, regalando baci furtivi ai passanti, facendo l'amore con il suo fidanzato nel suo appartamento o andando a passeggio, al parco Ravizza o in centro.

Non era religiosa, non che non credesse nell'amore e nella felicità. Tutto ciò che faceva nella vita era baciare, abbracciare e... scopare. Aveva tanto voluto bene a suo fratello, e ancora di più al suo papà, che la manteneva e che comunque non vedeva da molto tempo ormai.

La ragazza di città faceva la modella. L'avevano assunta quasi per caso, innamorati del suo corpo dolcissimo e dei suoi lunghi capelli castani, che sembravano quelli di una bambola.

Ora vi narrerò del suo primo servizio fotografico.

L'avevano vestita con una specie di kimono nero, ornato di pizzo, in seta pura, o in lino, non ricordo. Era trasparente e così metteva in evidenza le belle forme di lei. Le sue braccia bianche e formose spuntavano nude dalla seta, i suoi polsi perfetti erano ornati con bracciali d'oro, le sue mani erano delicate e candide, come quelle di una statua, avevano le dita lunghe, che terminavano con unghie curatissime.

L'avevano fatta sedere su un cubo nero, per fotografarla meglio.

Lei amava tanto i flash. Erano come una carezza sulla pelle, diceva.

Dimenticavo di descrivere il resto del suo corpo.

Il kimono non era chiuso con bottoni, né con drappi, ma si apriva leggermente sul davanti, mostrando i seni grandi e dolci di lei, racchiusi in un corsetto nero. Da attraverso il velo spuntavano le belle gambe, che erano lunghe e sode.

Portava dei sandaletti marroni, col tacco a spillo, che evidenziavano i suoi piedi lunghi e deliziosi.

Mi sembra ancora di sentire il suo profumo.

E così ella regalava i suoi baci al bel fotografo, che la faceva girare su se stessa, alzarsi in piedi, rimettersi a sedere, accavallare le gambe, incrociare le gambe, e così pure le braccia, salutare allegramente, socchiudere le labbra.

Quante foto! Quanti flash!

Lei gli dava del tu perché erano amici. Gli aveva promesso segretamente che un giorno avrebbe fatto l'amore con lui. Forse, lo avrebbero fatto quel pomeriggio, dopo quel servizio fotografico, travolti da una passione reciproca.

- Più a destra! Così, brava! Alza il viso! Distesa... naturale... -

Ogni tanto, la favolosa modella scoppiava a ridere, mettendo in mostra i suoi grandi denti bianchi, di cui le labbra piene di rossetto erano la degna cornice.

- Ti amo! – aveva detto al suo fotografo, sempre ridendo.

Il suo caro amico non le lesinava i complimenti. Era così bella, con quegli orecchini rotondi, d'oro puro... Non resistette e alla fine dovette toccarla, accarezzarla, quasi inavvertitamente, con la scusa di aggiustarle il vestito.

Fu quella la prima volta che la ragazza di città vide colui che sarebbe diventato il suo nuovo amante. Un ragazzo arabo, o forse, tunisino, era capitato quasi per caso nel luogo del servizio fotografico.

I loro sguardi si erano incontrati fatalmente.

La ragazza di città se n'era innamorata all'istante. Aveva visto un ragazzo forte, alto, abbronzato, con l'orecchino e un tatuaggio sulla spalla, lasciata intravedere dalla camicia un po' sgualcita che portava.

Quella stessa camicia lasciava vedere anche il petto muscoloso e irsuto, e una collanina misteriosa, alla quale era appeso un ciondolo dorato, che raffigurava una mezzaluna, simbolo della religione islamica.

Si rividero per caso, alla fermata dell'autobus, e lei gli chiese il suo indirizzo, accarezzandogli il torace con le punte delle dita.

Gli aveva dato subito del tu, si erano raccontati tutto in un istante.

La ragazza di città gli aveva rivelato il proprio nome, e lui il suo, poi erano saliti sull'autobus insieme, tenendosi per mano.

Si erano messi in piedi l'uno presso all'altra, e, quasi inavvertitamente, nel momento in cui vi fu una scossa improvvisa, lei lo toccò dolcemente sul viso, con le sue labbra.

Il loro primo bacio fu fugace, anche se lasciò il segno del rossetto.

Si sedettero, prima dell'ultima fermata. Lei aveva preso la mano del suo ragazzo tunisino e se l'era portata sul seno nudo, la desiderava addosso, sì, voleva sentirla sui suoi fianchi sinuosi, sulle sue gambe lisce e dolci, lunghissime, sulle sue guance di donna, sui suoi capelli di bambola.

Lui la esaudì, lì, nella confusione e nella grigia monotonia della città.

Poi si lasciarono, ma prima di salutarlo col suo bacio lei gli chiese:

- Ti amo e vorrei rivederti, dove abiti? -

- Vicino alla fabbrica... in via dei Tigli, al numero... -

Si diedero appuntamento, e proprio di questo dolce appuntamento vorrei narrarvi.

Non sarebbe stato soltanto per andare a fare shopping insieme, la ragazza di città lo sapeva, e se lo ripeteva appassionatamente, sorridendo a se stessa, quel pomeriggio, mentre era tutta indaffarata per truccarsi.

Era così sola nel suo appartamento... Certo non sarebbe stata così allegra, se non avesse saputo che presto qualcuno avrebbe premuto il campanello.

Dlin dlon... Ecco, l'ora dell'appuntamento!

- Ciao – disse la bella al suo nuovo fidanzato. – Sono qui, per salutarti ed abbracciarti! -

- Anch'io volere bene a te... - disse il ragazzo arabo, che non parlava bene l'italiano.

- Ma non mi hai ancora guardata? Mi hai vista? Ti piaccio? -

- Che bella essere tu! -

- Grazie! -

La ragazza di città si era proposta di sedurre un uomo, e si era vestita proprio per raggiungere questo scopo.

E gli mostrava le sue belle calze nere, velatissime, che tanto donavano ai suoi piedi lunghi e femminili, allora racchiusi in scarpe di vernice nera col tacco a spillo, e alle sue gambe da vamp; aveva preso la mano del suo uomo per portarsela sulla coscia, messa in mostra dalla sua gonna stretch sopra il ginocchio.

Aveva un top assai scollato, che lasciava nude le belle braccia e soprattutto il decolleté. Portava i suoi orecchini preferiti, quelli lunghi, ornati di brillanti e d'oro bianco.

Era così ben truccata, così ben pettinata, che il bel giovane perse la testa per lei.

- Vieni, andiamo, andiamo a fare un po' di shopping! – disse lei, prendendo per mano il suo fidanzato, dopo aver bevuto con lui una coppa di champagne.

Andarono a spasso mano nella mano, il ragazzo arabo fu inebriato dalle fragranze esalate dalla sua modella, che era così pulita, e dolce, e profumata.

Poi ritornarono nell'appartamento di lei, affiatati, e fecero l'amore.

- Facciamo la doccia – gli disse lei, spogliandosi.

Si tolse la gonna, le scarpe, le calze, e tutto il resto, davanti a lui.

Poi gli slacciò la camicia, gli toccò il bel petto irsuto, gli tolse i calzoni e lo portò sotto l'acqua scrosciante con lei.

Lo strofinò a lungo con i suoi seni enormi, che allora, così bagnati com'erano, sembravano di gomma, così facendo lo insaponò e lo coprì di bagnoschiuma, più e più volte, baciandogli la schiena con le labbra, grandi e dolci.

- Ti amo, sai? – gli diceva. – I love you... -

Si asciugarono e lo portò a letto. La maliziosa aveva chiuso la porta del suo appartamento a chiave, perché non voleva che lui se ne andasse, prima di aver fatto sesso con lei.

E lo fecero. La ragazza di città si comportava come una fanciulla che aveva appena compiuto i suoi primi diciott'anni. Si era fatta legare al letto con la sua lingerie...

Era nuda, portava indosso soltanto un anellino d'oro, che le ornava il secondo dito del piede, e gli orecchini, oltre alle calze a rete nere, autoreggenti.

Prima di fare l'amore col suo ragazzo tunisino, lei gli aveva fatto promettere solennemente che sarebbe stato suo fidanzato, e soltanto suo, fino a che qualche nuova passione non avesse squarciato il loro cuore, separandoli.

Poi cominciarono a consumare un dolce accoppiamento, un tenero rapporto sessuale, le braccia e le gambe di lui si intrecciarono con le braccia e le gambe di lei, mentre la penetrava.

Lei stava sotto, si era messa prona sul letto, il viso leggermente premuto sul cuscino, le gambe divaricate, lui le stava sopra, premendo leggermente sulla sua schiena nuda con il torace irsuto, i grandi piedi sotto quelli di lei, lunghi, velati da calze nere.

La bella aveva voluto stringergli la mano, oh, sì, voleva tenere per mano il suo ragazzo, così stavano più uniti mentre facevano l'amore. Erano fatti l'uno per l'altra, erano fatti per abbracciarsi e per godere insieme.

Alla fine lei gridò e lui venne...

La ragazza di città continuò a fare modella, a vivere ardentemente la sua vita, senza fermarsi mai, tra il cielo grigio e i grattacieli, travolta con piacere dal ritmo incalzante della metropoli.

Dunklenacht

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