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Racconto n° 1300
Autore: Dunklenacht Altri racconti di Dunklenacht
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L'assassina
C'era un fazzoletto bianco, ornato di pizzo, sul quale avevano lasciato il segno due labbra ricoperte di rossetto.

L'avevano dimenticato molti anni fa, su di un mobile antico, accanto a una vecchia spada, la cui lama s'era bagnata di sangue.

Io lo so. Era stata lei, lei, lei, e soltanto lei.

Me lo confessò la prima volta che la incontrai, in una tempestosa notte di fine estate, una notte di fantasmi.

Il rumore cupo dei tuoni faceva tremare le mura del castello.

Un gradino dopo l'altro, salivo lo scalone che portava in cima alla torre, avvolto in una specie di mantello, che avevo indossato per ripararmi dalla pioggia. Era buio... Quasi correvo, e ad un tratto m'imbattei in una giovane donna che forse nessuno avrebbe desiderato incontrare.

- Oh, ti prego, perdonami!

Mi strinse tra le braccia, con grande affetto, anche se non c'eravamo mai visti prima.

Fu la luce di un fulmine a mostrarmi il suo volto.

Ed era un volto di bambola, dalla pelle bianca, le labbra rosse come l'amore, gli occhi verdi, mi accorsi anche di due grandi trecce bionde, che le spuntavano dalla cuffia nera che portava sul capo.

- I miei baci non ti dimenticheranno...

E mi sussurrava questo, mentre mi accarezzava le spalle con le sue belle mani dalle unghie dipinte di rosso, e avvicinava le sue labbra al mio volto. Prese a baciarmi pazzamente.

La luce dei lampi me la mostrò ancora, ancora e ancora. Eravamo soli sulle scale della torre, c'era soltanto una finestra con il vetro rotto, una finestra antica, come quella delle cattedrali.

- Ti amo... - mi diceva lei.

Indossava un abito medievale, e degli stivaloni neri. Il suo vestito, benché antico, mostrava i suoi enormi seni, sui quali ricadevano le splendide trecce bionde.

- Io sono un fantasma, lo sai? Sì, io sono un fantasma, il fantasma dell'Assassina, condannato ad un castigo infelice...

- Ma come può un essere così dolce essere capace di uccidere?

Ed ella mi rispose che aveva ucciso, sì, ma soltanto per amore.

Sentii che mi stringeva forte la mano. E così facendo, mi narrò la sua storia.

L'Assassina aveva fatto innamorare di lei molti giovani. Ella sapeva amare come un fiore irto di spine, che infliggevano un veleno spesso mortale.

Molti di coloro che avevano conosciuto la dolcezza dei suoi abbracci erano morti. Alcuni si erano uccisi, dopo essere stati stregati da lei.

Altri avevano trovato pietà ai suoi occhi, che tanto sovente di bagnavano di lacrime d'affetto... E per questo lei li aveva rinchiusi nelle prigioni del suo castello, e aveva fatto l'amore con loro fino a farli morire di inedia o di malattia.

L'Assassina non amava uccidere con i pugnali o con le spade.

Oh, no, ella uccideva coi suoi baci.

Sì, perché, sapete, bagnava le sue labbra con il veleno...

Abitava tutta sola nel suo castello, senza nessuno che la amasse, che le volesse bene veramente... Oh, tristezze! E le mancavano le gioie della carne, davvero, le mancavano tanto, sì!

Dopo la sua ultima delusione d'amore, aveva deciso di morire, precipitando dall'alto della torre del suo castello.

E la sua condanna era stata terribile... rimanere incatenata per sempre alla Passione.

L'Assassina aveva perduto i suoi genitori precocemente.

Lei e il suo amico del cuore erano rimasti orfani sin da bambini. E avevano giocato a rincorrersi tante volte, per quelle immense stanze. Poi avevano consumato carnalmente il loro affetto.

- Ora sarai tu il mio caro amante – mi sussurrò teneramente. – Abbracciami, ti prego...

Mi accorsi che piangeva sulla mia spalla.

Forse, sarei stato il suo ultimo delitto.

E le carezzavo le lunghe trecce bionde, mentre le mie labbra già erravano sui suoi enormi seni.

L'Assassina ansimava.

- Vieni con me, non ti ucciderò, no... Non ti farò del male! Sono la tua amichetta buona...

La sua voce tremava di follia, e si mescolava ai cupi muggiti della tempesta.

Mi accorsi che portava una piccola chiave d'oro appesa al collo... La usò per aprire una porta sconnessa, che cigolò assai prima di aprirsi.

Appena entrata, mi chiese di spogliarla.

Lo feci. E la perfida mi mostrò il suo corpo di ventenne alla luce dei ceri. Mentre le toglievo i veli, ansimava. Ogni tanto le sfuggivano dei gemiti affascinanti, da quella bocca semiaperta, che sembrava disegnata soltanto per gridare di piacere.

Portava le mie mani sui suoi enormi seni, voleva che la toccassi là, voleva che le sfiorassi il ventre piatto e liscio, e il sesso, irto di pelo.

Mi soffermai sui suoi capezzoli rosati, e succhiai, succhiai e succhiai, strappandole dei lamenti soffocati.

La feci sdraiare su di un tavolone tarlato, con le gambe in alto. Le stringevo con le mani i bei piedi dalle unghie dipinte, quasi fossero strumenti di piacere.

Alle caviglie portava strani tatuaggi.

Mentre la toccavo, lei mi graffiava la schiena, con le unghie.

E l'Assassina prese una rosa, e volle che la carezzassi con quella sul seno, usando prima i petali, e poi le spine.

- Ah! Ahi! – gridava, sentendosi ferire.

E nel frattempo l'avevo penetrata e la scopavo con forza.

La possedei così, sul tavolone antico, con le gambe in alto.

Mentre ci appressavamo all'orgasmo, mi accorsi che mi stava sempre graffiando la schiena con le unghie, facendomi soffrire per il dolore e per il piacere.

Si stava bagnando, bagnando, bagnando... A ogni colpo affondavo in lei, e le sfioravo il clitoride, i suoi seni andavano su e giù, su e giù; mentre godeva, l'Assassina gridava e si lamentava come se la uccidessi.

Poi le spruzzai con fuoco la...

- No, non ti ucciderò come gli altri – mi disse l'Assassina, rivestendosi, e sorridendo allegramente.

- Allora, che ne farai di me?

- Ti amerò fino alla fine, come se fossi il mio sposo.

Mi abbracciò forte, e mi baciò sulla bocca, stringendo le mie labbra fra i suoi denti, fino a farle sanguinare.

Aveva appoggiato la bella mano sulla mia spalla, e mi carezzava, quasi graffiandomi, con le belle unghie affilate... Era questo il suo folle affetto.

- - Ich liebe dich... - – mi sussurrò, mentre l'ultima luce dei lampi prima dell'alba ci illuminava abbracciati.

Dunklenacht

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