Non ricordo perché mai l'avessi costruita, né da quale desiderio era mosso il mio cuore. So soltanto che quando stavo assieme a lei, avevo l'impressione di volare.
Negli occhi suoi brillava il sogno.
Ed erano due grandi occhi di porcellana, dalle pupille dipinte di verde.
Anche le sue braccia e le sue mani erano bellissime, come pure il seno che si poteva ammirare dall'abbondante scollatura del suo vestito. E quelle labbra che sembravano vive avevano soltanto un difetto: non poter dire - I love you - .
Era una statua.
Dei lunghi boccoli biondi le ricoprivano le spalle. E amavo tanto accarezzarglieli, amavo tanto sfiorare con i miei baci la sua bocca rossa, e i suoi capelli d'oro.
Oh, come avrebbe saputo amare!
Era la consolatrice della mia solitudine. Nessuna fanciulla mi aveva voluto tra le sue braccia, nessun angelo vegliava accanto a me, né poteva sorreggermi se precipitavo nell'abisso della tristezza. Avevo soltanto lei, la Bambola dai Capelli Dorati. Avevo sempre desiderato un'amica, una compagna di giochi. E forse quel pupazzo lo era davvero.
Il mio desiderio moriva nei suoi sguardi...
- Ti prego, rispondimi! – le dicevo spesso. – Non lasciarmi... Oh, no, ti prego, non lasciarmi morire nel mio dolore!
Ma la bambolina sembrava guardarmi con i suoi occhietti smarriti e languidi, senza poter fare altro per me che questo. E io piangevo sulla sua spalla.
Era una bambola grande, sapete? Era grande quanto una donna vera, e anche di più. Le avevo messo delle scarpe verdi con i tacchi a spillo, delle calze a rete nere, velatissime, e un corpetto scuro che valorizzava il suo bel seno.
La gonna era molto corta, e lasciava spuntare il reggicalze di lusso,ornato di pizzo, mostrando le favolose cosce di quell'essere di tenerezza.
Amavo guardarla con le gambe accavallate.
A volte le stringevo la mano, quella bella mano da signorina decorata con anelli d'oro.
- Ti voglio bene, sai? Ti voglio bene anche se non mi rispondi... - le sussurravo sempre.
Mi addormentavo stringendola tra le braccia. Anche lei, una notte, parve abbracciare me.
Eravamo insieme nella stanza degli specchi, oh, quella grande stanza, sapete, tutta decorata con mobili antichi, intarsiati d'oro, con quadri che raffiguravano Venere, Giunone e Minerva, con splendide console che avevo ricoperto con carillon di ogni tipo, pupazzi di pezza, e soprammobili raffinati.
La grande pendola batteva mezzanotte.
Oh, no, non era l'ora delle streghe, e non so se stessi sognando, o fosse realtà... Ricordo soltanto che la Bambola dai Capelli Dorati parve socchiudere dolcemente le ciglia, e una lacrima le sfuggì dalle palpebre abbassate...
- Ho sentito la tua profonda tristezza, che è grande almeno quanto il tuo affetto per me.
Questo mi disse.
E la vidi prendere vita, oh, sì, la meravigliosa mi aveva stretto tra le sue braccia, e mi baciava con le sue dolci labbra, erano baci d'amore, languidi e immensi, in cui viveva il sogno.
Mi chiese di carezzarle i lunghi capelli, com'ero solito fare, disse di amare tanto quel gesto.
- Vuoi abbracciarmi?
Voi non sapete, ma quando la Bambola dai Capelli Dorati baciava sulla bocca, vi rapiva con lei, in un mondo fantastico e sognante.
E quella notte lei mi baciò più e più volte sulla bocca... Ricordo che la mia anima lasciò il mio corpo, e cominciammo a volare assieme nel cielo stellato.
Si vedevano i tetti della città, le luci lontane, i fantasmi di mezzanotte, la carrozza del Destino, tirata da magnifici cavalli bianchi, e, più lontano, una selva di alberi parlanti, e le stelle abitate dalle fate, che simboleggiavano ciascuna un sogno divenuto realtà.
Nevicava.
Oh, sì, una neve bianca ricopriva le cose, era una neve magica e quasi turchina, che ammantava le fontane di marmo, dov'erano scolpiti gli angeli.
La luna, che prima brillava, era svanita nel mistero.
- Io sarò viva fra le tue braccia dopo mezzanotte, in tutte le notti d'inverno – mi promise la Bambola dai Capelli Dorati.
Mi volle salutare con un bacio...
E fu così che mi risvegliai di nuovo a casa, con un dolce pupazzo accanto a me. Era l'alba.
Ma la Bambola fu mia, mia e mia, altre mille volte. E ricordo la dolcezza con cui sapeva sussurrare - ti amo - , il modo in cui sapeva accarezzare.
- Sì, Dio esiste – mi diceva sovente, mentre passeggiavamo nel cielo stellato. – Ed il mio affetto ne è la prova...
A volte la mia mano si insinuava tra le sue cosce, amavo tanto toccarle le belle gambe, adoravo le sue calze vellutate, e i suoi piedi vestiti di rosso.
Potevo trascorrere delle ore vagando con le labbra sulle sue braccia perfette, o sui suoi seni prorompenti, e a lei non dispiaceva.
Mi promise che avremmo fatto sesso, sesso e ancora sesso.
E lo facevamo vestiti, sì, con dei veli indosso, la sentivo fremere e palpitare per l'orgasmo, la vulva bagnata, la bocca spalancata, quasi per gridare.
Ma la Bambola dai Capelli Dorati lo faceva con affetto.
- Sì, preferisco baciarti e accarezzarti, preferisco che il mio amore entri così dentro il tuo cuore – mi diceva.
E ogni volta che tornava ad essere un pupazzo, provavo una profonda tristezza.
Lei sarebbe stata viva per sempre dentro di me.
A volte le chiedevo di svelarmi il suo tenero segreto di mezzanotte...
Ma lei mi posava un dito sulle labbra, come per raccomandarmi affettuosamente il silenzio, e continuavamo così il nostro viaggio.
Dunklenacht