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Racconto n° 1320
Autore: Dunklenacht Altri racconti di Dunklenacht
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La ballerina dei sogni
Nel vento svaniscono, vaghi, i sospiri di malinconia di questo giorno cupo.
Dopo un silenzio, il profondo silenzio, dentro di me si risveglia un mormorio.
E fu proprio con un sospiro, amaramente e dolcemente, che lei mi lasciò.
Nel sibilo vago, che erra tra gli alberi, quasi mi smarrisco.
Sento che la vita, la mia vita, sfugge... Tra le mani, tengo dei frammenti, affettuosi e malinconici ricordi della sua ultima lettera.
Il vento maestoso li rapisce, li strappa dalla mia mano.
Li abbandono al destino, così come il destino, privandomi di lei, mi ha abbandonato. E io non posso niente, sono così vano!
Rivedo i luoghi ove, al suo fianco, mi parve di vivere per la prima volta.
Riscopro i momenti lievi e delicati, i primi istanti in cui mi regalò il suo sorriso.
Oh, cari istanti!
Proprio ora, mi sembra di ricontemplarla, perché la contemplerò per sempre, attraverso il ricordo, nella poesia del mio cuore.
La vidi, un giorno, come per caso.
Era stato il caso a farmi entrare a teatro, poiché non solevo andarci.
Sbadigliando, mi sedetti dove capitò.
Disinteressato, volgevo oziosamente gli occhi intorno a me.
In quella sera piovosa, pochi spettatori assonnati affollavano la platea, li osservavo chiedendomi perché fossi entrato.
Era mezzanotte, quando lei apparve sul palcoscenico, come una visione.
Allora, fu come se qualcosa si risvegliasse dentro di me. Che cosa stava succedendo?
Tutte le luci erano puntate su di lei, che aveva la leggerezza di una farfalla e lo splendore di un angelo.
Era lei, l'unico, sublime spettacolo.
Danzava sola, nella luce. Lusinga dei miei occhi, mi affascinò.
"Chi è questa creatura?" mi chiedevo. "Quale sarà il suo nome, se non quello di una fata che mi farà sognare?"
Aveva le ali ai piedi.
Immaginatevi i più bei capelli biondi e un volto di ragazzina, una pelle di pesca e due guance vellutate.
Al termine della meravigliosa danza, sulle sue labbra brillò un sorriso.
Tutti piangevano, commossi dalla sua bellezza e dalla sua grazia. Il pubblico, estasiato, faceva cadere sul palcoscenico una pioggia di fiori, gridando d'ammirazione.
Fra tutti gli sguardi, mi accorsi che lei cercava il mio.
Di tutte le rose rosse piovute sul palcoscenico, lei ne scelse soltanto una.
Erano state le mie mani, le mie tremanti mani, a toccarla prima delle sue.
La vidi arrossire, mentre socchiudeva gli occhi, odorando il tenero profumo di quel fiore. Non riuscivo a crederci.
I suoi occhi celesti mi cercavano tra la folla... Quando scoprì il mio volto, fu per me come ascoltare una parola d'affetto, detta dalle sue labbra.
Perché quello sguardo? Forse, avevo sognato. E fu allora che presi a cercarla, appassionatamente. La danza era tutta la sua vita. Era proprio come se con il suo corpo meraviglioso parlasse a tutti, ma sussurrasse teneramente soltanto a me.
Una sera, capitai accanto al suo camerino. L'istinto, o forse l'amore, mi guidavano.
Sapevo che i suoi sguardi erano domande che esigevano risposte, sapevo che l'avrei trovata al di là di quella porta. E se avesse gridato? Se fosse svenuta, o avesse pianto?
In ogni caso, l'avrei presa tra le mie braccia, poi sarei fuggito.
La porta non era chiusa a chiave. E fu così che entrai, precipitosamente...
Lei era lì, a un passo da me, seduta davanti allo specchio, meravigliosamente avvolta nel suo tutù, sembrava una bambolina.
Non disse una parola, fui io a rompere il silenzio favoloso, sussurrandole:
- Perdonami, dolce colomba che voli nella danza, ma ti desideravo.
Fu allora che si accorse di quello che provavo per lei e di queste mie parole.
Arrossì.
- Vieni - mi disse. - Ti prego, non andartene.
Per la prima volta eravamo accanto, i suoi occhi erano così scintillanti, come se tradissero un dolce sentimento... Se mi avesse disprezzato, avrei pianto tutta la vita.
Se avevo letto giusto in quelle pupille, mi avrebbe abbracciato!
- Io sono per te, sai? - mi disse dolcemente. - Per te...
- Per me? Davvero?
- Sì, soltanto per te.
Ora, finalmente, capivo il perché di quegli sguardi. Ora capivo che cosa poteva essere, per lei, il profumo dei miei fiori.
Poi mi sussurrò, come se volesse regalarsi a me, per sempre:
- E' a te che dedico la mia danza.
Non capivo più nulla. Quel corpo bellissimo, quella voce di fata mi affascinavano.
Non ricordo bene cosa accadde, né cosa provai, ma la strinsi forte tra le mie braccia, senza più dire una parola.
Anche lei mi strinse forte e commossa, prima di rivelarmi il suo nome, Melissa, un nome che avrei ricordato per tutta la vita.
Era così seducente, le labbra rosse come il fuoco, l'ombretto azzurro sulle palpebre, le lunghe ciglia nere, teneva le belle gambe in alto, e aveva i piedi appoggiati sul ripiano dello specchio. Il suo era un eccitante modo di mostrarmi le belle calze a rete che indossava quella sera, e le scarpe con i tacchi a spillo, che aveva messo per l'occasione.
Il suo petto si alzava e si abbassava per la passione, gocce di sudore lievi come perle le ricoprivano la pelle di velluto.
Mi guardava, e nel frattempo con le sue mani d'argento si andava accarezzando tutto il corpo, lanciando dei leggeri sospiri. Le sue belle unghie, dipinte di celeste, promettevano piacere. Mi disse di stringermi a lei, voleva che lo facessimo, sì, che lo facessimo!
Si era messa a giocherellare con i bottoni dorati della mia camicia, li faceva saltare uno ad uno, per poi soffermare il suo tatto sul mio petto irsuto, virile, e sulle mie braccia forti.
Si era spogliata ed era rimasta a seno nudo, d'un tratto, mi accorsi che l'avevo sollevata da terra, e, stringendola tra le braccia, facevo sesso con lei, lì, nella sua segreta stanza, in piedi, come se fosse per la prima volta.
Eravamo affannati e timidi come due ragazzini, anche se dentro di noi già bruciava una grande passione. Ad ogni sobbalzo, le labbra della mia bella si aprivano leggermente, per lasciar sfuggire un piccolo grido... Le sue mani tentavano di stringere forte le mie, ma le mie dita giocherellavano con la sua giarrettiera di pizzo nero, che le ornava le belle calze scure, velate.
Il corpo suo diveniva sempre più sodo e i capezzoli suoi si inturgidivano. Gocce di sudore profumato le scorrevano sul seno nudo, non so raccontarvi il brivido delle mie mani rozze sulle sue cosce perfette.
Oh, no, lei non danzava mai per il piacere, né per mostrare la venustà delle sue forme al pubblico. Danzava soltanto per la musica e per la poesia, per poi cadere addormentata nella sua passione, me lo andava ripetendo in quegli istanti.
Tenevo la sua collana di perle attorcigliata tra le dita, quando il fuoco venne, e ci avvolse, improvviso ed inaspettato. Le sue fiamme ci travolsero più e più volte, in un brivido, nel quale il sogno di lei si confondeva con il mio, l'affetto di lei moriva nel mio, ed un pianto di piacere le inondava il volto.
Nei giorni che seguirono, accanto a lei mi parve di scoprire tutta la felicità di un idillio. Volle regalarmi tutta se stessa.
E fu in un momento d'amore, mentre la sentivo palpitare di passione tra le mie braccia, che le chiesi:
- Chi sei, ballerina? Oh, dimmelo, ti prego...
Non mi rispose che poco dopo, mentre osavo chiedere un breve bacio:
- Un sogno.
E mi permetteva sempre di entrare nel suo camerino, come la prima volta.
Si faceva trovare in tutù, meravigliosamente truccata e pettinata, io le portavo dei cioccolatini.
Una volta, dopo aver ricevuto il mio regalo, divenne seria seria, come per farmi paura... Scherzava! Desiderava tanto che andassi alla festa del suo compleanno.
Quella sera fu molto affettuosa nei miei confronti, ma i suoi occhi erano velati di dolce tristezza.
Poi, però, li vidi scintillare come non mai. Fu quando mi corse incontro, appassionatamente, e davanti a tutti, mi abbracciò.
Accarezzavo i suoi capelli biondi, era bellissima.
- Vieni, seguimi - mi disse poi.
Mi lasciai prendere per mano da lei, che si posò un dito sulle labbra, come in dolce segreto.
Sembrava felice.
Ricordo che era silenzio, il vago silenzio che segue le ore crepuscolari.
Aprii gli occhi, fu allora che m'accorsi di essere con lei nella sua terrazza segreta, piena di rose.
- Non ho mai portato nessuno qui - mi disse. - Nessuno!
Fu allora che mi accorsi della magnificenza e dello splendore del suo terrazzo...
Dei gerani edera violetti, bellissimi, sporgevano dalla ringhiera, illuminati da un languido raggio di luna... La brezza della sera spargeva il loro profumo intorno, lievemente...
E fu allora che lei, piangendo, mi confidò il suo sogno, quel sogno proibito e malinconico, preparato per noi, rincorso tutta la vita.
Fu l'ultima volta che la vidi felice.
Poi mi presentò una persona cupa cupa, che aveva un profilo da cammeo e una aria molto altera.
E fu proprio lei, Luisa, la sua vecchia governante, a raccontarmi, pochi giorni dopo, la triste sorte della ballerina dei miei sogni.
Per me, fu come toccare la morte, dipinta su quel volto di vecchia, che più non riconoscevo.
- Cos'è successo! - gridavo, sconsolato.
E la voce sua mi raccontava la terribile notizia...
- E' accaduto un incidente, Melissa non potrà più danzare, mai più.
Allora, fu come se, da lontano, ci fossimo detti addio per sempre.
Quando la rividi, fu solo per un istante, perché neppure la mia mano, ormai, poteva astergere le sue lacrime.
- Perdonami! - mi disse, singhiozzando.
E io le accarezzavo invano quel dolce volto, divenuto tanto pallido... Invano la abbracciavo...
- Ti prego, non piangere, Melissa – le dicevo. - Ora ci sono io accanto a te.
Ma tutto era impossibile. I suoi occhi, che un tempo mi avevano confidato l'amore, ora mi parlavano di morte.
Oh, davvero, quelli che mi regalava, sembravano gli ultimi baci di una moribonda!
Non so se fu per destino, o per oscura malattia, ma non la rividi mai più.
Mi sentii perduto, sconvolto. Tutto accadde dolorosamente e tristemente!
Non ricordo quando, né mai saprò perché, ma dopo le lacrime, la sognai.
Era ritornata meravigliosa, come il primo giorno in cui la vidi. Vissi degli attimi bellissimi.
Ballava gioiosamente insieme a me, guarita da ogni male. Una luce dorata illuminava come stelle i nostri volti, una musica fiabesca ci avvolgeva.
Tutti gli sguardi erano su di noi, io la abbracciavo con passione, poi la lasciavo volare come una colomba, sulle ali della melodia.
Gli occhi suoi erano pieni di felicità.
Quella danza, la meravigliosa danza, era tutta la nostra vita.
Ricordo con nostalgia la pelle vellutata di lei, le sue gote accese d'emozione e la tenerezza di quegli slanci...
Alla fine, il pubblico, in estasi, applaudiva commosso, mentre si ripeteva la scena delle rose. Oh, che importava se fosse dolce illusione, fiaba, o lieta speranza?
Lei era ancora fra le mie braccia. La sognai ancora, mille volte, mentre i raggi della luna illuminavano i nostri volti, lei diceva:
- Passeranno molti giorni, ma ricorderemo per sempre, come un tesoro, questi istanti: sono la nostra felicità.
I miei pensieri mi condussero lontano, alla ricerca di lei, nel profumo malinconico dell'autunno, ma lo sapevo, ormai,
la dolce ballerina non era più che un dolce ricordo, sepolto dentro di me.
Guardavo i bambini, che, al parco, giocavano spensierati sul prato coperto di foglie appassite. Forse, anch'io ero uno di loro.
Forse, il mio era stato uno di quei sogni d'infanzia, che addolciscono le notti della vita.
Addio, ballerina dei sogni. Addio per sempre.

Dunklenacht

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