La figlia del capitano aveva negli occhi la spuma bianca dei mari del sud, e la meraviglia delle perle tropicali. Aveva visto Tonga, Figi, Tahiti, e le isole della Polinesia. Le sue mani avevano carezzato gli arbusti tropicali delle Isole Salomone, e i petti irsuti e abbronzati degli uomini polinesiani.
Era bionda, aveva anzi dei lunghi capelli biondi che le donavano molto e amava lasciarli volare nel vento tropicale. Nelle sue isole faceva caldo, ma non le piaceva la terraferma, amava l'avventura, l'oceano, con le sue onde, i suoi scogli, le sue tempeste, il suo immenso blu.
Le piaceva indossare abiti che sapevano di pirateria e di corsari, mi era capitato più di una volta di vederla mentre si provava un gran cappello di feltro da Morgan, decorato con una lunga piuma di struzzo, e credetemi, quel nero perla le donava molto, sui suoi meravigliosi capelli di fata. Anche gli stivaloni di pelle nera e la camicia ornata di pizzo facevano risaltare ancor più le sue forme armoniose.
Ah, quella camicia bianca, sbottonata, che mostrava due seni prorompenti e bianchi...
I neri che navigavano con lei, sul suo vascello, le portavano rispetto. Ricordo che con delle grandi conchiglie bianche intonavano per lei melodie tropicali, e si inchinavano spesso davanti a quella che per loro era una dea, una Venere.
Ma ella li trattava con durezza, e più d'una volta mi era capitato di vederla frustare uno dei suoi schiavi, o di sorridere e voltarsi, mentre uno di loro le chiedeva di regalargli uno dei suoi baci.
E quei baci proibiti avrebbero reso felice chiunque, ma nessuno, nessuno mai aveva potuto averne uno.
O forse...
La figlia del capitano non aveva mai conosciuto suo padre, e aveva perduto il suo amante più caro.
Rammento di avere avuto una specie di visione, non so se fu sogno o realtà, ma la vidi abbracciata a un lupo di mare, presso il castello di poppa, sì, a un vecchio dai lunghi capelli bianchi e dalla barba da marinaio, vestito con una gran giubba blu, decorata con bottoni e medaglie d'oro...
Il vento dell'oceano sconvolgeva i loro lunghi capelli.
La figlia del capitano aveva però un cuore tenero e malinconico, le piacevano le perle di mare, e sentirsi sussurrare - ti amo - dalla voce di un uomo, sognava due mani villose sul suo corpo nudo, sognava parole infuocate come il tramonto, il vento che muggiva tra i rami delle palme, o che mormorava storie di pirati agli immensi campi di banani.
Fu per caso che mi fece salire sul suo vascello. Fu per uno sguardo furtivo e perduto, o forse, per svelarmi un suo mistero.
Ella mi confidò di desiderare ardentemente l'abbraccio di un uomo, forse, per ricordarle quello di colui che non aveva mai conosciuto e a cui doveva la vita.
E mentre il suo veliero cavalcava le onde immense del Pacifico, le sue labbra scarlatte correvano sul mio volto e sul mio corpo, poi la presi, e le nostre carni si toccarono, sentii il mio membro penetrare nel suo ventre, e scorrevo così nel suo sesso bagnato, mentre dalla bocca di lei sfuggivano dei sospiri.
Erano gli stessi dell'oceano in tempesta, il suo ansimare era lo stesso del vento sugli scogli, le sue grida erano le stesse degli uccelli marini, che affollano i cieli perduti.
E venne, più e più volte, e ogni volta si rizzò a mezzo busto, urlando, come per recuperare la sua anima che saliva verso il cielo, e abbandonava il suo corpo trafitto dal piacere.
Ma la figlia del capitano non aveva un'anima.
E non si stancava di baciarmi, di baciarmi, sulla bocca, sulle mani, sussurrando a volte il nome del suo amore scomparso.
Un giorno, la vidi presso il timone, mentre con i suoi grandi occhi blu scrutava il cielo e l'immenso Pacifico, e tremava, perché si preparava una tempesta.
E quando mi avvicinai a lei, per metterle sulle belle spalle la sua mantella nera, mentre i suoi capelli biondi volavano nel vento, mi disse:
- Sei tu il mio capitano, e moriremo insieme, sprofondando negli abissi con il nostro vascello!
Dunklenacht