Non so mai chi troverò. Ogni volta è una sorpresa. Sono tutte così brave, così carine ed educate. Mai un gesto fuori posto, mai una parolaccia. Sono state una sorpresa, per me che avevo tanti pregiudizi sui giovani. Sulle ragazze, in particolare. Sembrano così volgari, così sciocche, a vederle per strada.
Quel giorno al parco mi sono persino spaventato. Ero seduto alla mia solita panchina, ad ammirare i grossi cigni sul fiume. Alle mie spalle era il cicaleccio degli sfaccendati come me, lo sfrecciare delle biciclette, il baccano dei bambini. Tutto come sempre. La noia infinita d'ogni giorno. All'improvviso sono stato circondato da quattro creature che non avrei voluto come nipoti. Suppergiù la stessa età. Lo stesso modo di vestire, con quei pantaloni che sembrano cadere a terra da un momento all'altro, e quelle magliette troppo corte. La pancia scoperta, naturalmente, con l'ombelico in bella mostra. E i capelli. I capelli! Rasati fino a metà cranio, cosicché è come avessero un unico folto ciuffo che cresce da sopra le orecchie in su. E orecchie, labbra, sopracciglia, infilzate da chiodi con palline colorate. E i fianchi, le braccia, la nuca, con dipinti -mi hanno detto- indelebili. Ad osservarle bene, molto graziose. Ma perché rovinarsi a quel modo? L'ho domandato -da alcuni minuti parlavo, per placare l'inquietudine- e si sono messe a ridere. Ho creduto che volessero denaro, così ho subito tirato fuori ciò che avevo, almeno -pensavo- non mi avrebbero aggredito. Si sono guardate e hanno sorriso con una dolcezza incredibile. Poi mi hanno spiegato. E io ho capito. Se un giorno sarò giudicato, spero di venire compreso, per come pago i loro libri, le loro spesucce. O compatito. Ma non è questo che m'interessa. Non per ora.
Come dicevo, sono tutte brave. S'impegnano per soddisfarmi, per vedermi contento. Senza tema di essere grossolano, posso dire che si guadagnano il denaro che lascio. Maddy, però, è la mia preferita. Ha qualcosa di particolare, una luce che le illumina il viso appena sorride, appena mi viene incontro e mi dice: - Allora, cosa vuole oggi? -
Ieri le ho detto: - Ti prego, mangia il gelato come sai tu... -
Ha uno stile tutto suo di sorridere. Prima apre la bocca, come fosse stupita da ciò che le ho chiesto. Quindi le labbra morbide si distendono, rivelando i denti piccoli e bianchissimi, tra cui spunta la lingua, rossa, luccicante. E sussurra: - Aaah... - A quel punto, io non so più che dire, nel senso che non ho più fiato.
Ieri, appunto, dopo quell' - Aaah... - -era un po' china su di me- s'è rialzata ed ha fatto un giro su se stessa. Una piroetta deliziosa, a piedi nudi. Ha aperto il freezer, mi ha strizzato un occhio, mormorando: - Vecchio porco... - perché sa che mi piace. Io mi sono morso un pugno. Con un gelato in mano -un ricoperto- s'è riavvicinata a me. Ha posato il gelato su di un piatto ed è andata ad abbassare un po' la tapparella. Ha riguardi commoventi, Maddy. Nella penombra, si muoveva in controluce - una silhouette ritagliata dallo sfondo della parete bianca- con l'eleganza noncurante di un animale nel suo ambiente. Di fronte a me, ha sfilato la maglietta.
- Che c'è... - ha detto.
Mi tremavano le mani.
- Puoi toccare, se vuoi... - ha bisbigliato.
E io ho sfiorato quei seni piccoli e sodi, quelle areole scure e...
- Maiale... - ha sibilato, mettendo le mani sulle mie, che si sono serrate a coppa.
Ho chiuso gli occhi. Dev'essermi sfuggita un'esclamazione perché, quando li ho riaperti, lei ha detto: - Oooh, cosa? Non hai ancora visto niente... - e, indietreggiando di un passo, ha slacciato i pantaloni, li ha lasciati calare a terra, li ha calciati con un piede e con l'altro, e s'è fermata. Non c'è mai niente in più da togliere. E il tempo s'è annullato. In quei momenti non esiste nulla intorno a me. C'è il corpo di Maddy, lungo, esile, liscio. Allora ha preso il gelato, ha tolto la carta con attenzione, s'è appoggiata al tavolo coi gomiti e mi ha sorriso. Di profilo, è incantevole. La curva delle natiche, alta e polposa, è uno splendore. Ha posato la punta del nasino sul ricoperto ed io ho sentito un fremito. Poi ha passato la lingua, dal basso in alto e di nuovo in basso. Prima di risalire, mi ha lanciato un'occhiata. Ho deglutito. - Porco... - hanno detto le sue labbra senza suono. Ha aperto la bocca ed è scesa sul gelato.
- Piano... - ho detto in un filo di voce.
Ha chiuso gli occhi -ha ciglia arcuate, da bambola- e, sollevando il capo, ha liberato l'asta di cioccolato, lucida di tepore. La sua lingua è guizzata intorno alla punta dura, circondandola, assaporandone il gusto, mentre si ritirava come un serpentello nella tana, e ancora giocando in cerchio proprio sull'apice, che -lo vedevo- iniziava a sciogliersi.
- Piano piano... - ho detto in un soffio.
S'è fermata, a gorgogliare quel suono che mi fa impazzire. Soltanto Maddy lo sa fare. E' il lamento flebile di una raganella che brama un boccone goloso. E intanto mi guarda con gli occhi socchiusi.
Le ho detto: - Sì, ma piano... -
E lei ha ancora aperto quella bocca affamata, ha spinto la testa giù giù, risalendo calma con il rumore di risucchio lieve di chi sta gustando qualcosa che piace.
A me, il cuore batte forte e ansimo senza ritegno.
Maddy s'è girata, la bocca aperta, la lingua che ne percorreva il contorno, a ripulirla. Le ho fatto un cenno con la mano. E lei, che sa cosa vuol dire, ha ripreso il gelato tra le labbra e lentamente sino in gola, muovendo la testa su e giù - il ciuffo dei capelli ondeggia soffice- e senza fermarsi ha proseguito gorgogliando sempre più rauca, sempre più forte, finchè sulle sue dita è colato qualcosa e lei inghiottiva con un'espressione beata.
Mi ha sorriso. La panna candida le scendeva sul mento. Ha leccato le dita bagnate. S'è bloccata, interdetta. - Vuoi assaggiare? - ha chiesto.
Mi ha infilato le dita in bocca -delicatamente, come solo lei sa fare- dicendo: - Ti piace? -
Ho passato la lingua su quelle dita dolci. Poi l'ho guardata, estasiato.
- Ma non vedi? - ha riso.
Non capivo. Allora mi ha indicato il suo pancino, dove una goccia di cioccolato s'era rifugiata nella speranza di sfuggire alla mia ingordigia, disegnando una linea che incerta scendeva lenta, adagio adagio.
- Puoi leccarla quanto vuoi... - ha bisbigliato.
L'ho guardata con gratitudine. Ho atteso. La goccia scendeva. Scendeva. E io ho posato con tenerezza la lingua sulla sua pelle, ho leccato tutta la dolcezza che trovavo, mentre lei riprendeva quel suo verso vibrante. Come solo Maddy sa fare.
Giulia Lenci
Giulia Lenci