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Racconto n° 1345
Autore: Dunklenacht Altri racconti di Dunklenacht
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Tristezze d'autunno
Forse quelle che vi scrivo saranno soltanto tristezze.

Tristezze, come i grandi palazzi grigi delle città, il monotono su e giù dei tram e degli autobus, i passanti indifferenti, che pensano soltanto a se stessi e ai loro affanni.

Gli affanni della vita, sì.

Una dopo l'altra, le foglie d'autunno avvizziscono e cadono al suolo. Anche la vita, la mia vita, sta volando, fuggendo, così. Niente può fermarla...

Sto passeggiando lungo un viale alberato della città, avvolta nel mio cappotto, i lunghi capelli castani mi ricoprono le spalle, ho le labbra dipinte di rossetto e gli occhi tristi.

Sono bella, ma infelice. Nella vita non ho mai trovato un solo uomo che mi stringesse tra le sue braccia. E questo è accaduto soltanto per sfortuna, non per mia cattiveria.

Ho freddo.

E continuo a desiderare quella carezza sulle mie labbra... Continuo a desiderare di baciare, e a casa, chiusa nella mia solitudine, passo delle ore ad abbracciare e ad accarezzare un cuscino, a coprirlo di baci, così come bacerei sulla bocca il mio amato.

Sono pazza, lo so.

Ma non sono ancora vecchia, sapete? E sono ancora bella, vi giuro.

Spesso penso che la mia anima è maschile, perché mi capita di desiderare il mio stesso corpo, la dolcezza del mio volto e dei miei sguardi.

A volte mi sento abbracciare da qualcuno, o da qualcosa... Ma è una sensazione gelida, come il silenzio, e ho l'impressione che in quegli istanti sia soltanto il destino a stringermi, che è sempre più vicino, e comunque inesorabile.

Non ho mai avuto paura che l'amore e la passione potessero far male. Sì, è vero, alcuni miei amici oggi non ci sono più, altri sono sopravvissuti negli anni, ma non sono più giovani e le rughe, insieme ai segni degli acciacchi, cominciano a comparire sui loro volti rassegnati. E' il tempo la nostra vera infelicità.

L'allegria dei vent'anni è destinata a spegnersi, a poco a poco, con l'età. Presto si diventa sempre meno scherzosi e si perde la gioia di vivere, che lascia il posto ad un umore grigio, come le strade asfaltate di Milano, che attraverso in quest'istante.

E la gente continua ad essere la gente, il lavoro continua ad essere il lavoro, l'inverno continua a seguire all'estate, il pianto alla gioia.

Attraverso sulle strisce pedonali.

Il mio sguardo si perde lontano, in alto, verso l'ultimo piano di un palazzo che reca delle scritte pubblicitarie, là dove si è spenta mia madre, povera vecchia!

Ricordo i suoi ultimi giorni, quando stava sempre a letto, dipendeva soltanto da me, e soprattutto era sola, sola, in quel suo appartamento all'ultimo piano. Forse, andarsene non le era dispiaciuto neppure tanto... Forse, nemmeno se ne era accorta.

E io mi dicevo sempre che anch'io avevo quella sorte. Anche la mia mamma era stata giovane ragazza, come me, e poi era invecchiata, era rimasta sola, s'era ammalata e mi aveva lasciata.

Anch'io, a poco a poco, sento che sto invecchiando.

E non ci sono scarpe rosse con i tacchi a spillo, o minigonne attillate, o calze a rete velatissime che mi possano salvare da questo. Non ci sono scollature vertiginose, o tatuaggi spiritosi, o preservativi multicolore che... oh, ma cosa sto dicendo! Eppure, questi sono i miei desideri!

Il mio sguardo si perde nelle mille e mille scritte pubblicitarie.

Anch'io avvizzirò teneramente, mi ripeto, mentre le osservo con stupore.

Ma avevo deciso di non pensarci, non solo, mi ripetevo sempre che vivere doveva essere come addormentarsi a poco a poco, come chiudere gli occhi e sognare, dolcemente, dolcemente, senza soffrire.

E per questo mi auguravo che la fine arrivasse tardi, per me, molto tardi, forse a novant'anni, dopo un'infinità di amori e di lusinghe.

Così, quando non avrei più avuto la testa per pensarci, sarebbe stato come se al posto mio ci fosse stata un'altra persona. Non mi sarei mai voltata indietro.

Passa un ragazzo, mi guarda.

E io intanto fantastico sulle tristezze della vita.

Ora vi faccio una confessione... Vi ho detto che sono una ragazza che non ha mai creduto alla superstizione, che ha desiderato inutilmente l'abbraccio di un uomo, ma non vi ho ancora detto che il mio cuore è pure incapace di credere nella felicità.

E' per questo che mi auguro di andarmene tardi e dolcemente, e di vivere sperimentando sesso e baci affettuosi. Ho fatto tanti viaggi, sapete?

A Cuba, a Santo Domingo, in Polinesia, alle Canarie, sì.

Adesso però mi guardo.

E' novembre, ma non porto ancora le calze. Ho delle belle gambe lunghe e carnose, e degli splendidi piedi dalle unghie dipinte di smalto rosso, che tengo nascosti nelle scarpette pure rosse con i tacchi a spillo. E' così che ho sempre desiderato andare vestita.

Ho trent'anni.

So di non credere molto nel futuro, ma non me ne meraviglio, anche se sono triste, so che ci sono molte ragazze sole e indifferenti come me, al mondo. Purtroppo...

Una tortora mi si posa sul braccio.

La osservo con i miei grandi occhi verdi, mentre una folata di brezza mi sconvolge i lunghi capelli castani.

Lei mi guarda, come incuriosita dalla mia pelle bianchissima e liscia, dalle mie labbra rosse, che sorridono dolcemente.

Sento di volerle bene, e le do un tenero bacio.

- Non lasciarmi... - le sussurro.

La tortora non vola via... E' come se anche lei mi amasse, mi volesse bene... Una lacrima mi scende dalle ciglia nere, e corre sulle mie guance truccate... Il vento la asciuga, e spazza via ogni cosa, nella polvere.

Sognavo di essere legata a un uomo. Anche lui mi amava molto. Alzo gli occhi al cielo grigio d'inverno, e tra le nebbie e le nubi grigie, mi sembra di rivederlo. Illusione!

Gli avevo confessato il mio amore più volte, e lui non mi aveva negato il suo. Entrambi avevamo appena vent'anni.

Ancora adesso mi sembra che sia qui accanto a me, che appoggi la sua mano sulla mia spalla, e mi baci sulle labbra, come facevamo una volta, di nascosto ai nostri parenti, per non farci scoprire.

Vi confesso che in sogno avevamo anche fatto sesso assieme... Tante, tante volte, e io non mi vergognavo a chiedergli di scoparmi, di masturbarmi, o di assaggiarmi, sì.

Oh, ma cosa dico? Sciocchezze!

Poi, fantasticavo di un incidente, in moto... E così lo perdevo per sempre, per sempre, per sempre! Oh, quanto mi veniva da piangere! Avrei voluto uccidermi, pur di rincontrarlo! Al termine dei miei sogni ad occhi aperti, rimanevo sola con i vecchi genitori, che non mi parlavano mai... E così, nella malinconica solitudine, passavano i miei anni più verdi!

Salgo in autobus.

Mi metto sul sedile accanto alla ruota e allargo le gambe al punto giusto, sperando che il sobbalzare del veicolo possa masturbarmi.

Alla fermata sale un ragazzo con i tatuaggi e la testa rasata, che si siede vicino a me e mi guarda.

Anch'io lo guardo, poi lui mi chiede, quasi timidamente:

- Vuoi fare sesso con me?

Non avrei avuto paura di rispondergli sì. Ma mentre sto per aprire la bocca per parlare, apro gli occhi, e mi accorgo che sto ancora sognando.

Dunklenacht

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