Lo costruirono le streghe dai lunghi manti, color della pece, che mal celavano corpi scolpiti dal vento, e dalle chiome bionde e infuocate.
Erano donne create soltanto per il godimento della carne.
Poi lo stregò la tormenta dal soffio crudele, e infine lo toccò la mano lieve di colei che al levar del ponte venne divorata dalle acque, e per sempre, giacque nell'abisso col suo uomo.
Vi passarono i cavalli dalle lunghe criniere, vi cantarono le capinere, dal verso fatale e triste, chiunque le ascoltò, morì, bruciato dalla passione.
Era una favola triste e misteriosa, sì, quella del ponte stregato.
Era fatto di legno, congiungeva le rive solitarie e ricoperte di rovi di un torrente profondo, là dove la corrente era tanto forte da rapire ogni cosa.
Gli amanti si recavano in quel luogo per consumare lontano dagli sguardi dei crudeli i loro amori proibiti.
Si trovava lontano dal villaggio, ed era ben nascosto da un boschetto di faggi, dove forse neppure i raggi della luna riuscivano a penetrare.
La leggenda diceva che nelle notti di plenilunio si vedesse emergere dalle acque del torrente la testa bionda di una fanciulla, che sussurrava melanconicamente nella notte il nome del suo amato.
Quel giorno, mentre si recava all'appuntamento, l'infelice era caduta dal suo cavallo bianco, ruzzolando con lui giù per la scarpata, la corrente crudele l'aveva così afferrata per le chiome, con le sue invisibili mani, per trascinarla via con sé.
E le aveva così impedito di consumare il suo amore segreto.
Furono due labbra rosse e appassionate a narrarmi questa favola di malinconia, mentre una mano bianca sfiorava la mia guancia con i petali di una rosa.
La bella diceva che non avrebbe voluto essere come lei, no, a noi due non era riservato un destino tanto crudele.
I nostri incontri clandestini erano sempre consumati presso quel ponticello di legno, e i nostri sguardi pieni di passione a volte sprofondavano atterriti verso le profondità di quelle acque di zaffiro.
Desideravo quel corpo di donna, appoggiato languidamente al parapetto, e la mia mano cercava di liberare da ogni velo quel petto fatto per la voluttà e la passione, onde succhiare avidamente quei capezzoli rosa, creati per essere carezzati dal piacere ardente.
Ognuno di quegli incontri felici e furtivi era concordato tra i due amanti attraverso le lettere affettuose che si scrivevano, e che facevano recapitare da un piccione viaggiatore.
Ricordo che allora tutto il nostro erotismo era praticato con le mani, lei era glabra e perciò facile da toccare e accarezzare, la mia vellutata mano saliva fremente attraverso le sue cosce, verso la dolce porta che vi stava in mezzo.
In quegli istanti, la bella si leccava voluttuosamente le labbra con la lingua, che era rossa, e come di corallo, mentre con una delle sue mani mi sfiorava amica i bei capelli, e con l'altra cercava segretamente l'asta che faceva godere.
Il vecchio ponte di legno scricchiolava sempre... Mi dicevo che una volta ci passavano le carrozze, in cui viaggiavano le principesse, vestite di pizzo, o le sventurate nobili cadute in disgrazia agli occhi della regina, le cui belle ciocche di capelli sporgevano dalle sbarre del carro prigionieri, mentre al galoppo le trasportavano da una prigione all'altra.
Dunklenacht