Ho rivisto la mia Arabia dalle sabbie bianche, dove danzano venti di fuoco, dove il sole bruciante tortura l'uomo, e vaga il guerriero delle dune.
Ha la scimitarra al fianco, il volto celato da un turbante bianco.
Riscopro l'Arabia che brucia, attraverso le lunghe marce nel deserto, le soste alle sorgenti infuocate, donde sgorga e zampilla la vita. Oh, acque di cristallo!
Rivedo i corpi delle danzatrici nude, che ardono di passione
nella musica di tamburi.
I petti grandi e nudi disegnano virgole di sensualità nell'etere tranquillo, oh, corpi fatati, fatti soltanto per essere accarezzati e ardentemente profanati dalla mano di un uomo, e dalla sua virilità fremente!
La notte è colma di danze e d'erotismo, di donne velate e nude, degne dei marajah e degli sceicchi, muovono le dolci membra nella luce della luna, e balzano appassionate sulla sabbia, in attesa dell'affezionato amante.
All'ombra incantata delle tende si consumano amori sfrenati, le leggiadre odalische vendono mercenarie lusinghe in cambio d'oro e diamanti, donano così al bel padrone baci soavi e languidi, schiave della frusta e del piacere.
Ricordo come sono caduto profondamente addormentato in un harem leggendario, donne bianche, dai lunghi capelli, e dalle forme ornate di seta e di coralli cercavano affettuosamente di rianimarmi.
Tutto questo perché quasi ero svenuto, sì, per l'emozione di quei corpi eburnei, di cento busti di donna disegnati da Venere, di braccia voluttuose decorate d'oro, e di mal celati sessi femminili, apparsi all'improvviso dietro foreste irsute e selvagge.
Ho pianto di piacere tra le gambe di un'odalisca.
Era velata, magica, solitaria. E con la sua voce flautata non faceva che lamentarsi sempre del suo piacere bollente.
Ho avuto un miraggio nel deserto. Un bagliore improvviso mi mostrò un uomo e una donna, meravigliosamente avvinti l'uno all'altra.
I loro corpi nudi consumavano un amore sessuale violento e proibito, all'ombra delle palme di un'oasi, non lontano dalla sorgente fatata dalla quale sgorgava soltanto piacere.
Ho passeggiato nella notte, sulle dune, illuminate dalla luna selvaggia, il silenzio per compagno, il vento come guida.
E mille e mille voci si alzavano dentro di me, appartenevano alle più leggiadre femmine d'Oriente, era come se mi chiamassero, e mi invitassero alle gioie dell'orgasmo.
Una di loro, che vidi con gli occhi del sogno, portava una mezzaluna d'argento tatuata su una coscia, soda e molle, come il velluto, me la mostrò sollevandosi la veste velata con le manine bianche, era stesa su cuscini color porpora, e mi faceva cenno con l'indice di venire.
Un'altra si era fatta imprimere su di una lunga e meravigliosa gamba alcuni versetti del corano, portava delle piccole scarpe dorate, col tacco a spillo.
Mentre mi guardava, si accarezzava, e gridava di piacere.
Sei sempre tu, Arabia di fuoco, dove corrono i destrieri del vento, e il grido dei predoni si alza, selvaggio, nella tempesta!
La fantasia erra lontano, verso le città sacre e dorate, e mentre un maestoso falco apre le ali e vola via, scopro come fugge invisibile nel cielo la prece dei fedeli, dalle moschee bianche.
Arabia dalle sabbie bianche, sui tuoi deserti bruciano le fiamme,
e vagano carovane selvagge, arse da un sole di fuoco!
Dunklenacht