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Racconto n° 1376
Autore: Dunklenacht Altri racconti di Dunklenacht
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Mani non ho più
Mani non ho più per toccare le tue gambe dolci e appassionate, scolpite nella carne, per il fuoco.

Mani non ho più per carezzare le tue membra, degne delle statue greche, bianche, di perla.

Nascono nel blu nuove nuvole rossastre, o care stelle bianche, sono come i tuoi occhi, dove brilla il bel silenzio ed il più profondo affetto.

Mani non ho più per te che sei donna, per sentire la tua meraviglia,
malinconica e tranquilla, per i tuoi nastri di seta, di cui adorni i bei capelli, chiome dorate, e forse incantate.

Giorno dopo giorno il desiderio di te cresce in me come l'edera rampicante, dalle foglie vellutate, e quasi ricamate, con l'ago e il filo dei sensi e delle tue belle labbra suadenti.

La tua voce mi fa sognare. E' come se mi chiamassi alle gioie dell'affetto. E l'estasi rapisce te e me in un crepuscolo di fuoco.

Il tuo corpo, il piacere, ecco cosa voglio, e nulla più.

Ma le mie mani sono esauste, sfinite da mille e mille notti di sensualità magica, in cui hanno soddisfatto ogni tua voglia, per poi divenire decrepite alla passione, come foglie vizze d'autunno, fatte soltanto per il bacio del vento.

E' silenzio.

Il mio pensiero ti sfiora e fa soffrire. Tu godi, ma non puoi avermi. Io posseggo ormai solo il tuo volto. E' il più bel ricordo.

E dire che avevi tanto gridato e pianto, su quel letto dalle fresche lenzuola di lino, o ritta in piedi, nuda, alla finestra, i bei seni carezzati dal vento, davanti ai tuoi occhi, soltanto il mare, le stelle, il cielo.

Desideravi non finisse mai.

Volevi essere te stessa, fatta di tutto ciò che di più amorevole e caro la natura avesse scolpito in te. Sapevi riuscirci.

Anche un cuscino bastava per giocare. A volte, lo usavamo per sognare, stretti stretti l'uno all'altra, abbracciati nel profondo sonno che segue alla follia.

Ma è giunto il tempo in cui ti debbo confessare tutto il mio destino.

Mani non ho più per i nostri scherzi, fatti di dita bianche intrecciate e giochi di labbra rosse e suadenti, né per la pelle di fata, bianca e velata come le creste delle onde dell'oceano, o le vette innevate dei monti.

Mani non ho più per te, bambola, che un tempo tanto amavo pettinare, intrecciando amorevolmente i tuoi capelli, e sentendone la tenera morbidezza al tatto, a volte, volevi che li ricoprissi con un velo.

Allora, bendavo i tuoi occhi, e ti chiedevo languidamente di indovinare, se potevi, quale pratica affettuosa avevo scelto di sperimentare con te. Amavi l'erotismo indiano e giapponese, avevi letto molti libri, dalle copertine decorate di conchiglie o margherite.

Eri soltanto voluttà e sensi.

Ma io mani non ho più per accarezzarti e farti sentire donna, per sfiorare come un velo le tue guance dipinte di rosa, o per lambire come i petali di un fiore le tue caviglie nude e bianche.

Sono partito a bordo della grande nave, alla volta dell'Oriente, ti ho salutata agitando al vento l'amata bandiera della patria, tu non eri lì al mio fianco, ma ti ho sognata. Eri alla finestra, vestita soltanto con un velo, i morbidi capelli disordinatamente scompigliati dal vento, ti ricadevano sul seno, piangevi lacrime di diamante, certa del mio ritorno.

Dunklenacht

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