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Racconto n° 1385
Autore: Dunklenacht Altri racconti di Dunklenacht
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Chiome d'argento
Chiome d'argento hanno le belle fate dai lunghi manti, che visitano la scalinata bianca, baciata dalla neve, o decorata dai fiori di primavera.

Sì, sono chiome d'argento, che brillano, al vento, e scintillano di mille riflessi dorati, verdi, turchini.

Sono fatte soltanto per essere toccate, accarezzate, dalle mani vellutate degli amanti, i cui sensi vengono fatalmente rapiti dall'avvenenza di quei corpi eburnei, delicati.

Chiome d'argento, ed un lungo mantello, hanno anche le streghe,
dalla voce cupa come le bufere, ma belle come le chimere, i loro corpi sono lusinghe ai nostri avidi occhi, e le loro forme, miele prelibato per i sensi.

Si seggono sugli scalini della piazza, vicino alla fontana, le belle gambe nude, accavallate, le labbra rosse, dove brillano ammalianti sorrisi, che seducono ogni uomo.

Chiome d'argento hanno gli alberi spogli, se toccati teneramente da un bacio d'inverno. Il sole fa capolino tra le nubi, uno dei suoi raggi dorati mostra un volto di perla, di donna, è una soave bellezza, che brilla, come una stella.

Io chiudo i miei occhi e rivedo in silenzio tutte quelle candide chiome d'argento.

Sono più belle quelle delle fate.

Una di loro, una volta, mi fece la corte e mi chiese dolcemente di andare con lei. Gli occhi suoi promettevano affetto, sì, soltanto quello.

Mi strinse forte al petto, e cominciai presto a sospirare e a languire sui suoi seni bianchi, tondi, perfetti, sfiorati appena dal tocco affettuoso delle mie labbra.

Sentii la morbida pelle delle sue braccia nude addosso, mentre lei sospirava con me, e i suoi lunghi capelli mi accarezzavano la schiena.

Un giorno, l'avevo fatto con una strega, che però mi aveva graffiato profondamente, lasciandomi i segni dei suoi lunghi artigli, dipinti di rosso, e, se ben ricordo, mi era rimasta a lungo la traccia dei suoi denti bianchi, e del suo rossetto, sulla pelle.

Le chiome d'argento volano sempre, nel vento.

Accarezzano, toccano, sfiorano, eccitano i sensi, e con i loro sublimi riflessi, fanno impazzire i nostri sguardi. Sono magiche, incantate, e a volte, stregano.

Oh, avete mai provato a giocare con i capelli di una fata? E' bello, sapete? Sono morbidi, lunghi, vellutati. Fanno sognare. Forse, sono fatti di polvere di stelle, o, più probabilmente, di seta, intrecciata con il sogno.

Un giorno, vidi due di quegli esseri angelici che si baciavano e si stringevano con affetto, distese sopra un letto di foglie morte, erano entrambe femminili e appassionate.

La campana della vecchia torre batteva in quell'istante dodici rintocchi. Da lontano, giunse sino a me lo squillo di una tromba.

Era l'ora dell'incantesimo.

Sì, forse, da quel dolce accoppiamento sarebbe nato un sortilegio, me lo dicevo assorto, pensoso, mentre guardavo l'ultimo stormo di rondini svanire nel cielo.

Misi una mano in tasca, appoggiandomi al mio bastone col pomolo d'avorio, e ne trassi una ciocca di capelli, erano magici, sì. La forza del destino aveva voluto serbare per me un ricordo di quelle meravigliose chiome d'argento.

All'improvviso, un caldo brivido di affetto mi scosse. Non avevo più freddo.

Dunklenacht

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