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Racconto n° 1387
Autore: Dunklenacht Altri racconti di Dunklenacht
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Lettera dal viale dei ligustri
Angelo mio caro,

ho visitato per l'ultima volta tutti i miei lidi felici. Erano vaghi di sogno e di lusinga, come la mia ultima lacrima, perduta in un tuo bacio.

I rami dei ligustri sono ormai spogli. Non so se è stato il tempo o il mistero, quel fatato messaggero inviato dall'autunno a far svanire dietro il silenzio il nostro cuore. Fa ormai freddo.

Ho passeggiato per l'ultima volta lungo quel meraviglioso viale, dove consumavamo il nostro fuoco tenendoci per mano. Era deserto, vi erravano i fantasmi della passione.

Ricordi? Stringevi forte la mia bianca mano, e le tue labbra, bramose di carezzare il mio seno nudo, e le mie braccia, avvolte soltanto da uno scialle di seta, erano folli. Forse, quanto le mie, appassionate di desiderio come possono essere quelle di una donna di vent'anni.

A volte, una tortora si posava sulla mia spalla. E le regalavo un segreto, sussurrato dalla mia bocca rossa, fatta per bruciare di piacere. Lo facevo perché lo regalasse al vento, nostro eterno amico, cavaliere bianco, che galoppava sul suo unicorno.

Ho visto questi fantasmi, sì! Anche se tu non eri lì con me, a consolarmi con i tuoi abbracci.

E mi è parso di scorgere il nostro caro gelataio, quello che ci regalò pistacchi la prima volta che ci confessammo con un bacio il nostro amore. Portava il suo grembiule a colori vivaci, e il cappellino da clown, per far ridere i ragazzi.

C'era anche la venditrice di caldarroste, avvolta nel suo lungo mantello di velluto nero, povera vedova... Ricordi? Quella volta, nevicava, avevo pianto, e tu mi riscaldavi tra le tue braccia.

Alla fine della mia passeggiata, sono arrivata all'altro capo del Viale dei Ligustri, il sentiero amico del nostro eterno ed immenso affetto. Il vecchio mulino c'era ancora, ma il caro ruscello è prosciugato, per sempre.

Ho incontrato la nostra amica Hannika, che tu chiamavi la strega rossa, per il colore dei suoi capelli. E' stata lei, soltanto lei, a raccontarmi di te e della tua solitudine, che più non può consolare il nostro fuoco. Mille e mille leghe ci separano. E non saranno, no, i grattacieli di questa città perduta, o le strade grigie, affollate dai fantasmi, a riportare qui da me i tuoi sguardi.

La nostra cara compagna, ancora ebbra di giovinezza, mi ha raccontato le sue storie consuete, che parlavano di amori perduti, di amanti uccisi dalla collera dei genitori o separati dal grigiore delle prigioni, erano romanzi, sì, scritti con il lapis di una perla.

Hannika aveva chiamato la cameriera e coccolava il nostro cane inglese, vicino al cancello grande, con le lance, da dove quella notte, ti ricordi? fuggisti, inseguito dall'ira di papà.

Poi la nostra bella è venuta vicino a me e mi ha regalato sulla bocca una carezza delle sue labbra (tu non sei geloso, vero?), bagnando le mie guance con le sue lacrime appassionate.

Mi ha confessato di amarmi.

E io ho risposto alle sue premure.

Le due amiche si tenevano abbracciate sotto i tigli, mano nella mano, dopo essersi baciate follemente e tristemente. Pensavano al loro uomo, che era tanto, tanto lontano.

Hannika aveva i tacchi a spillo e faticavo a tenerla stretta. Grosse nubi grigie si affollavano intanto nel cielo, e annunziavano la pioggia. Eravamo davanti alla grata, arrugginita e ricoperta di edera rossa, da dove quella notte sporsi la mia mano, per prendere la tua, senza che nessuno ci vedesse.

Allora, come ora, eri l'amico del mio cuore.

E la nostra cara Hannika sapeva. Ma ricordi? Ponendosi un dito sulle labbra scarlatte, aveva giurato di non parlare. Perché nessuno doveva sapere che ci amavamo un'immensità. Lei ci aveva visti, quel giorno, sulla veranda.

Ricordi? Stringevi forte la mia mano sul terrazzo proibito, carezzavi le mie gambe d'avorio, distese nude sulla grande sedia a dondolo, dinanzi ai nostri occhi le guglie e le torri della vecchia città di Monaco, gli angeli di marmo, dalle ali grandi, sulla sommità dei loro piedistalli dorati... Il vento sospingeva le fronde dei tigli.

Fu allora che mi possedesti per la prima volta. Fui io la maliarda che condusse la bella mano tra le mie gambe, per accendere il piacere e la passione. Mi facesti sedere sulle tue ginocchia, eravamo nudi, come due statue greche, attorcigliate insieme, e forse nessuno poteva vedere.

Il piacere venne. E desiderammo entrambi che un sortilegio arcano ci sorprendesse in quell'istante di reciproco affetto, e ci trasformasse in statue bianche... Gli dei del Nord avrebbero indorato con i loro pennelli i tuoi capelli, e i miei.

I cattivi non sapevano nulla.

E io ripensavo, ripensavo a quei dolci attimi, mentre le mie labbra rosse sussurravano il tuo nome, invano. Oh, sì, le mie labbra rosse continuavano a prometterti senza sosta l'illusione del mio amore. Le mie parole non potevano raggiungerti... Oh, forse, il vento, indomito messaggero del silenzio, le avrebbe portate fino a te!

Incrociavo le mie braccia, nella vana illusione di poterti stringere a me.

Faceva freddo.

Una mano carezzava i miei lunghi capelli biondi, una folata di vento improvviso aveva rapito il mio cappellino nero, decorato con una piuma rossa. Speravo fossi tu, come una volta.

Oh, davvero, desideravo che l'impossibile si avverasse in quegli istanti, fatti di sospiri vani, che esalava il mio petto, il cuore mi batteva tanto forte...

Ho rivisto anche la fontana grande, sai?

Quella di marmo verde, dove hanno scolpito i cigni, che portano sul capo corone da principi, piccole e dorate come il sogno. E, se rammenti, al centro della fonte vi è un Gigante, che regge in ciascuna mano un'ampolla da cui un tempo sgorgavano acque di cristallo.

Il Gigante porta la spada al fianco, tiene in capo una corona fatta di marmo bianco, ai suoi piedi c'è un'ancella, inginocchiata, dai lunghi boccoli biondi, che desidera il suo affetto, invano.

Fu là che mi facesti l'infuocata dichiarazione d'amore che ancor ricordo. Oh, folle dichiarazione di passione, sussurrata dalle labbra di un uomo alla propria donna!

Era estate e bagnavo le mie membra nude nell'acqua, e ti guardavo sorridendo, il dito sulle labbra, mentre tu mi sussurravi di cuori spezzati, di sogni proibiti, di illusioni perdute, di fughe per l'immenso, di desideri impossibili.

Io li realizzai. Ero nuda davanti ai suoi occhi di perla. E ti tuffasti nell'acqua insieme a me, le nostre membra, i nostri corpi si toccarono, la prima sensazione fu di fastidio, poi, mentre penetravi in me, l'assalto dell'ebbrezza ci travolse entrambi.

I miei lunghi capelli biondi si attorcigliavano alla tua schiena nuda... Ti ricordi?

Mentre ti scrivo questa lettera tu sei lontano. Quando leggerai le mie parole, scritte con inchiostro rosso, e macchiate dalle mie lacrime di desiderio, forse ritornerai da me.

Ti amo tanto, come il vento che rapisce i miei sussurri.

Non firmo questa lettera con il mio nome, ma con le labbra, che vi imprimeranno l'indelebile ricordo del mio bacio.

Tua affezionata ***.

Dunklenacht

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