La superficie fredda di marmo provoca una sensazione piacevole sulle braccia scoperte. Anche a Novembre. Il cucchiaino continua a girare all'interno della tazzina, dove il distillato marrone ha ormai ceduto tutto il suo calore.
Dalla radio esce sporca la voce di Ian Curtis.
Fuori pioviggina ormai da un'ora, senza che il cielo si decida a mandar giù tutta l'acqua necessaria a spazzar via ogni cosa. Le piccole gocce si trascinano sul vetro in una straziante marcia, che le porterà inevitabilmente a disperdersi per terra.
La solita strada, la solita visuale, il solito tavolino. E' rassicurante scegliere sempre lo stesso posto, vedere le cose sempre dal medesimo punto di vista.
Sporadica qualche macchina percorre l'umido tappeto di catrame.
Arriva imperiosa. La sua perfezione si avvicina in una sagoma nera.
Cattura l'attenzione. Diventa il punto di fuga della prospettiva. La solita.
I capelli, come un raffinatissimo drappo di nera seta, si muovono all'unisono, senza subire l'effetto della leggera pioggia. Vanno appena a sfiorare le spalle coperte dal trench. La gonna ad avvolgere i fianchi da dea. Avanza sicura, determinata, travolgendo lo spazio vuoto davanti a se. Il passo perfettamente allineato, leggero, nonostante il supporto dei tacchi a spillo dei suoi stivali. Alti. Sino al ginocchio.
Ian Curtis ha smesso di cantare già da un po'. La prospettiva è cambiata, ma il punto di fuga è rimasto lo stesso.
Pochi secondi e la retina prende confidenza con luce soffusa della stanza.
Ci si abitua. Poco a poco emergono più definiti i particolari.
Il grosso letto a baldacchino posto nella parete frontale. La solida struttura in ferro battuto è alleggerita dai veli viola che lo avvolgono. Di lato, da ambo le parti, due lampade dalla forma finemente modellata emanano una tenue e calda luce.
Posto di fronte al letto, nella parete opposta, un divano di pelle nera, dall'aspetto estremamente soffice. Vicino ad esso, ma più in basso, un tavolino di cristallo.
Il piano di vetro è sostenuto da quella che ha tutta l'aria di essere una scultura che ritrae un uomo nudo, inginocchiato come un cane.
La pelle è accarezzata dalle lenzuola di seta. Scivolano su di essa formando lievi increspature. Anche ricoprendo il membro riescono ad addolcire e rendere più elegante la sua turgidità. Le narici sono solleticate da un piacevole profumo proveniente dalle composizioni floreali posizionate ai quattro angoli della stanza, e notate solo ora.
Lei è distesa nel divano.
Non è chiaro chi dei due segua le forme dell'altro. Forse è impossibile stabilirlo.
Formano una cosa sola, un'opera d'arte vivente. Sinuosa e perfetta reincarnazione di Paolina Borghese.
Anche i tacchi a spillo, così rigidi e slanciati, delle piccole lance, sembrano però partecipare alla morbidezza dell'insieme. Gli stivali avvolgono la gamba sino al ginocchio, per poi lasciare spazio alle autoreggenti che fasciano le cosce sode terminando con dei ricami di pizzo che paiono scolpiti e arricchiti dei fregi di Fidia in persona. Quasi si fosse scomodato per Lei, per poter dare il suo contributo.
I fianchi lasciano cadere i laccetti che al centro s'incontrano e si allargano.
Un triangolo isoscele nero che copre la vulva. Poi solo la doratura della sua pelle.
Distribuita dolcemente lungo le forme. Acquista rilievo nei seni. Cresce in altezza, per arrendersi poi in piccoli cerchietti più scuri. Appuntiti. Invitanti. Pericolosi.
I capelli lisci che contornano il viso. L'espressione apparentemente fredda, misteriosa come quella della Gioconda e inquietante come quella della Giuditta.
Le labbra carnose avvolgono una sottile e lunga sigaretta marrone, molto più simile ad un piccolo sigaro, lasciando probabilmente un inconfondibile marchio sul filtro.
Aspira lentamente, in maniera estremamente femminile, ponendola in posizione centrale. Il fumo, esalato verso l'alto, in verticale, con la testa leggermente piegata all'indietro, passa attraverso una piccola fessura delle labbra.
L'erezione cresce.
Anche la seta sembra non riuscire più a contenerla. La mano scende sicura, senza possibilità di perdersi. Attraversa un piacevole sentiero battuto molte volte. Ma questa volta è diverso. Quello che stringe ora è un membro nuovo. Più forte. Marmoreo. Più grosso. Fa quasi paura. Ma l'idea di controllare tanta potenza è estremamente eccitante, e non fa che alimentare la sua virilità in un circolo piacevolmente vizioso.
Ora.
Lei siede sul bordo del letto, formando una piccola fossa. Le gambe accavallate.
Quella sinistra dondola, facendo perno sul ginocchio destro. Il piede si muove su e giù, affondando il tacco su carni immaginarie. Continua a fumare. Voluttuosa. Divina.
La potenza adesso è nelle sue mani. Quella destra più precisamente. Sotto il suo controllo. E' Lei che dirige le manovre. Lentamente. A fondo. Il membro sembra seguire il ritmo del tacco del suo stivale.
Su e giù.
Il piacere diventa sempre più intenso. Sale e scende senza soluzione di continuità.
Attraversa tutto il corpo. Una scossa nelle gambe, nei pori della pelle, nelle palpebre semi chiuse.
Costante.
Si concede l'ultimo bacio alla sua sigaretta. Lascia cadere per terra il filtro, lo schiaccia con la punta dello stivale, ponendo così fine al suo rogo.
Molla la presa.
Adesso si erge sul materasso, poggiandosi sulle ginocchia. I tacchi appuntiti che spuntano dietro di Lei. E' Venere. Nata dalle piccole onde di seta nera.
Le braccia incrociate sul petto, con le mani a conchiglia che vanno a coprire le colline dorate. Le modellano ora. Pollice, indice e medio stringono le cime scure.
Il membro gode di vita propria ora. Pulsa vigoroso. Tutto il sangue del corpo sembra convergere in quel punto. Fiero, maestoso. Come mai prima d'ora.
Piccole scosse cercano di portarlo più in alto.
Le mani di Lei scendono lungo la valle adesso. Convergono verso il triangolo isoscele. Ci passano sotto con le punta delle dita. Incontrano una leggera peluria. Ruvido eccitante. Scavano in cerca dell'acqua.
Dissetate. Bagnate dalle labbra. Fuggono, in direzione dei laccetti che sostengono il triangolo. A sciogliere i piccoli fiocchi che formano. L'isoscele cade, mimetizzandosi nel mare di seta.
Appare la leggera peluria. Umida. Bagnata da gocce invisibili. Irrorata di piacere.
Lei s'inchina. I capelli sparsi sul petto. Le unghie affondano sulle spalle. La sua bocca morde. I denti che lasciano il segno. Scende. Lumaca. Lenta. Lascia la bava.
Avverte le vibrazioni mentre riduce la distanza tra se e il membro. Arriva alla sua base, ne constata la solidità. Pulsa, la base. Pulsa, la bocca.
Sale ora. Lei. Lei con la sua bocca.
La lingua percorre la verticale, sino ad arrivare al glande. Pianta la sua bandierina, prima che tutto sparisca inghiottito. Bramosa. Umida. Ottiene quello che vuole. Su e giù. Di nuovo. Succhia. Come solo una dea può fare.
Il punto di fuga adesso è vicino. Sempre di più. La visuale è la stessa. Anche il tavolino. Si ferma per un attimo, sovrapponendosi alla marcia delle gocce sul vetro.
Le labbra carnose avvolgono una sottile e lunga sigaretta marrone, molto più simile ad un piccolo sigaro, lasciando probabilmente un inconfondibile marchio sul filtro.
Aspira lentamente, in maniera estremamente femminile, ponendola in posizione centrale. Il fumo, esalato verso l'alto, in verticale, con la testa leggermente piegata all'indietro, passa attraverso una piccola fessura delle labbra.
La superficie fredda di marmo provoca una sensazione piacevole sulle braccia scoperte. Anche a Novembre. Il cucchiaino continua a girare all'interno della tazzina, dove il distillato marrone ha ormai ceduto tutto il suo calore.
Dalla radio esce sporca la voce di Ian Curtis.
Kuba Gervaso