Amo i tuoi piedi. Amo guardarti mentre le infili in un paio di sandali da dove spuntano le unghie laccate di smalto o al naturale sì che il biancore delle unghie risalti ancora di più il loro colore eburneo.
Amo mentre inconsapevole con la mano prendi i tuoi capelli e li annodi in un crocchio come t'ho visto fare mille e mille volte.
Amo quel gesto infantile di annodarti attorno ai fianchi generosi una maglietta a mò di sottana. Amo i tuoi polpacci duri allo spasmo mentre la fatica pesa e la strada è ancora lunga. E amo i tuoi seni ballonzolanti, amo seguirne il profilo che, come carta stradale, mi indica ogni curva, ogni dosso, ogni sconnessione.
E quando sul tuo viso scende qualche stilla di sudore, oh come vorrei essere lì ad assaporarla.
Ecco: i capelli sono tornati sciolti a ricoprire le spalle. La brezza di questa sera di tarda estate te li scompiglia mentre la gonna svolazzante lascia intravedere l'interno delle tue coscie tornite.
Ben arrivata.
Odo la chiave aprire la porta di casa. Ascolto in silenzio il rumore ei tuoi piedi nudi salire le scale. Ecco le mani rabbiose di fretta denudano quel corpo mai sazio d'amore. Ti immergi nell'acqua ed io ti guardo.
Sì, guardo le tue mani che lavano, le tue mani che sguazzano felici in una schiuma soffice. Guardo e penso a quanti occhi oggi ti hanno vista, a quanti corpi frementi di desiderio avrebbero voluto possederti: quante donne? Quanti uomini? Dimmelo, ti prego.
Ma tu non ascolti.
Ecco, stai uscendo.
Il tuo corpo gronda d'acqua, la lingua umetta dolcemente quelle labbra che io vorrei mie. Ora ti stendi sul letto: ancora una tregua prima di ritornare alla vita.
Le tue sembianze si trasformano. Sdraiata, languida assomigli ad una donna di quei quadri dell'ottocento che abbiamo visto in tante e tante mostre sempre alla ricerca – noi – di bellezza, di arte, di vita.
Ora vedo la tua gamba destra rannicchiarsi. Il ginocchio forma quasi un angolo retto. Una mano è stto la testa, l'altra scende fra l'incavo del tuo inguine. Sto in silenzio. Voglio guardarti. Voglio solo guardarti. No. Non entrerò stasera in te. Voglio lasciarti al tuo piacere. Ecco, la mano sfiora la peluria bianca. Gli occhi si chiudono.
Amo quella mano che con gesti antichi comincia a toccarti.
Ecco il dito che entra tra le pieghe della tua carne morbida. I gesti. Gli occhi. Le gambe si distendono.
Quasi si serrano attorno a quella mano. No. No! Ti prego, continua.
Brava. Stai trattenendo il piacere. Lo vuoi accumulare. Vuoi che sgorga abbondante quella dolcezza che senti salire dallo stomaco fino dritta al cervello. Ecco il respiro si fa più intenso. Le labbra increspate lasciano solo intuire suoni meravigliosi che solo tu senti. Ecco. Ecco: la mano si ferma. Si adagia accanto al corpo. Sospiri. Poi avvicini al dito alla bocca e lo gusti. Amo il tuo sapore. Amo il tuo corpo. Amo il tuo essere così donna. Ti amo mia amante. Mia dolcissima amante. Vuoi? Vuoi che stanotte ti faccia compagnia?
Unuomo