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Racconto n° 1561
Autore: Faber Altri racconti di Faber
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Traiettorie
Scende in picchiata.
Strozza la gola e poi scarta di lato.
Senza preavviso che non la forza dentro che ti sposta. Subitanea, a lato.
Il corpo segue ancora la traiettoria e sembra volare via. Lo stomaco continua a scappare, spinge lo sterno, lo gonfia, nella sua direzione primitiva, e sembra voler arrivare oltre la staccionata in fondo.
Poi si riassetta, e con il ritorno dell'aria nei polmoni anche i capelli, che tornano a posarsi.
Mossi e scossi.
Sale, di nuovo, scala, quasi arranca in verticale.
Rallenta in progressione della corsa.
Rumore di ferraglia.
Tremito nel carrello. Poi quasi la sosta.

La pausa.


L'ottovolante è fermo, immobile per un'interminabile frazione di secondo, la sospensione della vita, in cima alla salita.
L'uomo e la donna lì seduti hanno le mani puntate sulla sbarra. Livide e bianche, le nocche a mostrare l'osso.
Il fiato che sembra salito a nascondersi nel cervello.
L'attesa che sa farsi zero.
Ma quanto dura la sospensione del respiro? E il cuore unisono?

Un istante.


Accelera improvviso, moltiplicando la velocità e la compressione dello stomaco e del ventre e moltiplicando la sua corsa, velocità che si moltiplica e non si somma, per se stessa. Per un tempo interminabile.
Indeterminato, a quella velocità non puoi contare niente.
Le braccia ora, puntate, reggono la violenza della spinta.
A trattenere corpo e testa dal precisare a fronte.
E' la caduta verticale, la terra alla fine delle rotaie è lì davanti.
Sembra correre incontro per schiantarsi contro il viso.
Il grido resta lì, spezzato nella gola.
Rumore ora assordante che cancella e copre quello del pensiero. Solo adrenalina.
Paura. Sbando.
Poi due corpi che sembrano schizzare via, il metallo geme sotto le ruote, lì sembra che le ruote taglino il binario.
Mordano l'acciaio con i denti.
La curva fa cadere lui quasi, sulla spalla di lei.
Ad affondarci con la spalla.
Poi la curva scarta, improvvisa ancora, fa le bizze, e lei respinge quasi lui, erano aderenti, e ora è lei a spostarlo, a gravargli addosso, col peso accelerato del suo corpo. Non riescono nemmeno a parlarsi, l'aria della velocità chiude la gola e si fa tappo.
Ancora un giro.
A salire e scendere. Innalzarsi e poi precipitare.
Sempre più in alto aspettando il sempre più a fondo. E poi spiccare il volo a voler fuggire dai binari e da ogni sbarra o gancio.
A urlare insieme nella curva, attendere col fiato in fondo allo stomaco la salita e il culmine.
E appena lì, sospesi sulla vetta...
E poi a scaricare insieme la gola nell'urlo muto, scia di voce urlata che trascinano dietro le spalle, sciarpa bestiale, soffocato dal frastuono fuori e dentro, della caduta.


Poi,l'arresto del carrello.
Il freno idraulico che cresce, morde di gomma l'acciaio fino a lucidarlo ogni volta, e la spinta dell'arresto, che resta nei corpi al sottrarsi della stessa spinta alle ruote sotto.
Finiscono un po' in avanti allo stop definitivo.
Ondeggiano sul sedile.
Le mani pallide per l'aver serrato forte entrambi una sbarra gelida di metallo.
Il volto rosso per la frustata dell'aria. Lo sguardo ad occhio un poco chiuso per l'aver protetto gli occhi dall'abbaglio del vento ogni discesa. Una lacrima per gli occhi frustati.
Scendono dal carrello. Quasi incespicando.

La storia dell'ottovolante.
L'uomo bacia la donna e recupera nella sua bocca il fiato.
Le labbra sono fredde bianche tremano al contatto.
Poi si fanno per incanto roventi e calde.
Ritrovano il respiro a bocca unita entrambi.
La lingua ritrova la vita e si fa strada, umida e pulsante, calda, nell'altra bocca.
Dopo salite e precipizio, scarti improvvisi a destra.
Poi a sinistra.
Ancora a sinistra. Su.
Destra, destra destra.

Era la corsa dell'ottovolante o la loro giornata su quel letto?
Era la giostra dell'amore loro, lì quel giorno, in una stanza sopra il mondo, sospesi nel loro tempo, o un biglietto omaggio nella domenica pomeriggio, al lunapark del paese?
Che cambia?
Erano salite al paradiso. Cadute nell'inferno.
Paura e gioia.
Urlo della gola e della mente.
Esplosione di corsa parallela di due corpi e di una sola mente. La sospensione del pensiero e della ragione e solo l'urlo, come un treno di voce in galleria, a salirgli dentro.
Due gole aperte soffocate dall'aria che le inonda.

Di certo c'è il recupero del respiro, all'incollarsi dopo delle loro bocche.
Ma questa, inevitabilmente, non è più la storia di un ottovolante.
E' la storia, solo, di loro e di un loro nuovo bacio.
Oltre la staccionata del lunapark, parte la strada.

L'uomo e la donna sdraiati su quel letto.
Lei ha gli occhi chiusi.
Il ritmo della parola e della voce è il contrarsi ritmico del suo cuore e del suo sesso.

Faber

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