Sono certa che tu lo sapevi. Quella scusa banale... - Dammi un passaggio per favore. - Già, un passaggio! Un passaggio per dove? Il luogo segreto delle mie trasgressioni?
Lo sapevo anche io che era una scusa, più per me che per te. Solo un pretesto dietro il quale nascondere le mie incertezze, o i miei desideri...
Così per gioco ho cominciato con te. Sembrava quasi innocente. Una cosa fra amici, tanto per passare il tempo e riderci un po' su.
Un gioco di parole soltanto questo, ma dopo le parole sono diventate di carne e di sangue.
Ed eccomi in macchina con te, su una strada deserta e tu che parli e parli.
I tuoi discorsi freddi, direi quasi scientifici, e io che ti tengo dietro con fatica cercando di spiegarti, spiegarmi e chi lo sa.
Era tutto il pomeriggio che ci pensavo. Era come un fatalistico scivolare verso l'inevitabile. La sola idea mi accendeva il sangue. Che fare? Tirarmi indietro? Una scusa qualunque, tu non avresti insistito.
E poi l'incontro, ero ancora in tempo. Parlare del più e del meno, di quello che dovevamo fare, niente di più niente di meno. Eri così impassibile, cordialmente amichevole. Mi offrivi la perfetta chance di defilarmi e invece io... - Mi dai un passaggio? -
Figurati se rifiutavi, non ti sei concesso neanche un sorrisetto. Un signore, bisogna dirlo, tanto sarebbe stata semplice una facile ironia, date le circostanze, invece tu hai finto di credere alla mia scusa e così siamo andati.
Gli ingredienti erano giusti: la notte, il rumore del mare, i fari delle auto, tutto complice di un gradevole anonimato. E tu parlavi, parlavi. Ho quasi pensato che non l'avresti fatto mai. Non sarei stata certo io a facilitarti il compito. Invece poi mi hai chiesto se potevi baciarmi. Mi hai divertito. Mi chiedevi il permesso? In realtà non aspettavo altro che tu lo facessi, e quel fermare la macchina di botto e attirarmi a te, è stato l'unico modo in cui avrei accettato che tu lo facessi. Senza darmi il tempo per pensarci e forse per tirami indietro.
Ecco quel bacio. Mi è rimasta in mente la dolcezza, la morbidezza delle tue labbra, il sapore gradevole della tua saliva mischiata alla mia, e mi sono accorta di desiderare quel bacio da un mucchio di tempo e che bastava quello per accendermi il sangue, più della tua mano scivolata quasi per caso sulla mia gamba.
Non riesco ad indovinare i tuoi pensieri. Ma devono essere semplici, scorrere sul filo della tua eccitazione.
Non hai la complessità di una personalità intrigante tu. Nella tua testa pregiudizi e desideri si mischiano in parti uguali, sfuggendo certe volte dal piano inclinato della razionalità.
Però baci bene e questo mi basta.
Labbra dolci, morbide, suadenti. Posso perfino fingere che non siano le tue quelle labbra ma di un altro. Di chi desidero più del giorno e invano.
Sesso, amore. Sei lontano anni luce dall'amore.
Sono solo il tuo giocattolo di carne. Tu sei il mio giocattolo di carne. In questa notte che sembra di cristallo, dove una luna bugiarda, si affaccia fra le nuvole estenuate di un autunno infinito, ci siamo trovati di nuovo in questa macchina lanciata nella notte e nel fondo dei nostri desideri.
C'è poco tempo, temo, anche stavolta. Devo tornare a casa, c'è chi mi aspetta paziente senza fare domande. Questa volta la scusa è stata un'altra, una pizza con gli amici. Ma tu mi hai accompagnata per ultima, al solo scopo di rimanere da solo con me. Hai fretta. Poco tempo per le smancerie che d'altronde non vuoi. E neanche io, penso. Voglio solo tornare, solo scappare. Scappare dal desiderio che mi pulsa tra le gambe, mentre tu mi accarezzi la nuca, affondando le mani nei capelli, mentre fai scorrere la mano nella scollatura della mia maglietta, sfiorandomi i seni per poi stringerli piano. La macchina sbanda, la mia pelle ti accende. Io resto impassibile perché tu non veda quanto sono eccitata. Mi avvicino al tuo viso. Ti bacio mentre continui a guidare sulla strada deserta che porta verso il nulla.
Ti permetto di toccarmi appena un po e poi ti tocco anche io. Sentire un'altra carne fra le mani è così strano dopo tanto tempo. Riesco soltanto a pensare che è così diversa da quella che conosco bene. Sono tesa, in ansia, mi chiedo se mi porterò addosso il tuo odore quando mi stenderò a fianco del mio uomo. Mi chiedo se lui troverà nella mia bocca il tuo sapore...
Vorresti forzarmi, ma non voglio, più per la fretta che per convinzione, ti chiedo di tornare e tu, vinto e ormai sazio, acconsenti.
Ci salutiamo come vecchi amici, che non siamo mai stati e che a questo punto non saremo mai.
Salgo le scale in fretta, entro nell'ascensore. Lo specchio mi rimanda l'immagine del mio viso stravolto, della febbre della lussuria che mi brilla negli occhi e dei segni che i baci hanno lasciato sulla pelle.
Entro in casa. Tutto è buio. Nel letto la sagoma del mio uomo che dorme. Dorme? Il suo respiro è leggero e silenzioso, lui è immobile, così immobile che io sento che mi sta aspettando. Nel silenzio mi stendo accanto a lui. So che non mi chiederà niente. Allungo la mano verso di lui perché spenga la febbre che sento sulla pelle, perché cancelli dal mio corpo le tracce di te.
L'amore fra noi questa notte, è diverso. Ho questa avidità nel desiderio, mentre nel cervello ho l'immagine di te, del mio giocattolo di carne. Mischio sulle sue labbra, il ricordo delle tue. E' come se facessi l'amore con entrambi mentre lo faccio con lui.
Un pensiero improvviso: il tuo profumo, quella colonia leggera che mi è rimasta addosso nell'abbracciarti e che ora lui potrebbe percepire fra una carezza e l'altra. Ma lui sente solo la passione che metto nei gesti, sente solo la mia carne calda che si offre senza remore...
E così passa una notte che sembrava eterna. Una notte agitata e parossistica. Il giorno mi sorprende con ancora il desiderio addosso che sembra non potersi placare. Mi chiedo quando sarà il nostro prossimo incontro, e quale altro limite supererò questa volta.
Alla luce del giorno, mi sembra quasi che nulla sia accaduto. Gli stessi gesti, le stesse parole, nella mia vita di sempre. Ma qualcosa è accaduto e accadrà ancora, forse, e ancora e ancora...
Orchideanera