Sto guardando l'angolo in alto a destra del soffitto. La luce calda della tua abat-jour disegna cerchi d'ombra leggeri, sempre pił grandi ad allargarsi dolcemente come qualcuno avesse gettato un sasso.
Sono in una posizione assurda, ma non voglio muovermi. La testa tra i nostri due cuscini, leggermente girata a destra, la camicia da notte aggrovigliata al centro della schiena e davanti su, fin sopra il seno, sulla gola come una sciarpa tiepida.
Le gambe sono aperte, semi-piegate, in abbandono sotto il piumone con cui mi hai coperto. Ho le braccia immobili, le mani dormienti come nel sonno, riluttanti a lasciare quello stampo invisibile nell'aria (mi piace svegliarmi e, aprendo gli occhi, controllare in che posizione mi sono addormentata; studio le mani pił di tutto, il piegarsi naturale delle dita rilassate nella notte).
Per muovere un dito devo usare il cervello, comandare al nervo di tendersi. Ho i riflessi lentissimi. Muovo impercettibilmente una falange, solo una e sento l'aria del movimento carezzare la pelle, raffreddarla un poco. Mi fermo di nuovo. Immobile ancora. Memorizzo la mia posizione, ascolto le spalle, la nuca, le gambe e la pelle che scotta. Il mio sesso pulsa ancora, sta scemando, ma batte. Sento un rivolo caldo scendere tra le natiche, ma non mi muovo. Sto immobile ad ascoltare quella goccia.
E ora sorrido. La bocca parte veloce verso le orecchie, silenziosa e diretta. Ti sento muovere in bagno, aprire il rubinetto, aspettare l'acqua calda... e sorrido ancora.
Il cuore accelera, mi sembra di vederlo sulla pelle sopra il seno. Due lacrime. Due. Sto immobile. Ancora. Scendono rigando le tempie e si fermano sulle orecchie. Ne partono altre due, a staffetta, rincorrono le prime, le raggiungono, vi si congiungono e scompaiono insieme tra i capelli lasciandoli umidi.
Immobile. Sssh. Immobile.
Che questa felicitą non voli via.
Madame
Madamesnob