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Racconto n° 1820
Autore: Astra Altri racconti di Astra
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Le mani della notte
Le mani della notte

Mentre stavo guidando sentii.
La mano più dolce del mondo che mi scivolava sulla pancia. Una mano calda e ferma. Mano da musicista. Mi accarezzava sulla pancia in lenti cerchi, delicata fino a farmi piangere. Brividi eccitati salirono sulla schiena come ragni, come corrente elettrica.
Indossavo una mini nera e sandali col tacco a spillo. Quando la sua mano mi sfiorò l'ombelico, piantai il tacco sull'acceleratore e dovetti frenare di colpo. Il mio sesso pulsava dolcemente, appena risvegliato nel cuore della notte, lacrimando appena. Era bello. Era dolcissimo e bello.
- Ehi, rilassati, davvero. Guida tranquillamente, goditela - .

Sospirai e divaricai le gambe. Solo un paio di centimetri, perché lui si facesse strada verso il centro di me.
Ma aveva una mano lenta che voleva godermi. E scaldarmi un po'. La mia pelle è sempre troppo fredda, ma lui no, era caldo, dolce. Profumava di miele. Altri due centimetri più in basso, la mano spalancata.
Non poteva essere.
Battere di denti, mi stirai e strinsi le mani attorno al volante.
- Devo accostare. Devo accostare o sbando - .
Sorrise, la mano sinistra sempre dolcemente nascosta tra i miei vestiti. Ansimai e mi lasciai andare contro lo schienale, le gambe molli, il sesso tenero e umido. Mugolai. Con la punta di un dito era arrivato a sfiorarmi le labbra.
- Sei tutta bagnata... - mormorò - ti piace? -
- Moltissimo - gemetti - ti prego continua - .
Non si fece pregare. Slacciai la mini perché mi lavorasse meglio, sapendo quant'era dolce, come le sue mani delicate fossero abili, pronte a servirmi, a creare l'arte e il piacere per me...
Mi contemplò.
Camicetta bianca, mutandine nere a cuoricini rossi, sandali. Si chinò a baciarmi l'ombelico, dolce e tenero, poi incerto se risalire o scendere.
Salì piano, sbottonandomi la camicetta, lentamente, accompagnandosi con baci. Lo lasciai fare, semplicemente, il sesso pulsante, il cuore che batteva folle e i capezzoli che s'indurivano. Quando vide i miei giovani seni, pallidi e teneri, vi accostò la bocca immediatamente. Era il gesto che preferiva a tutti gli altri. Li baciò a lungo, prendendo i capezzoli rosei tra le labbra, leccandoli con dolcezza, appoggiandomi le mani calde sui fianchi. Mi sciolsi ancora, sentii che il sedile sotto di me si inumidiva.
Una mano scese tra le cosce, divaricandole ancora di più, scivolando sotto le mutandine, accarezzando teneramente il mio tesoro. Stavo per esplodrere: basta.
Se ne accorse, sentì il clitoride pulsare, lo scorrere dei miei umori. Due dita che danzavano il valzer sulla china di un vulcano, strappandomi gemiti. I suoi baci di miele sulla mia bocca, la lingua che scivolava dal collo alla schiena, "dammi un altro bacio amore, sono tua, prendimi, baciami per sempre non smettere..."
Scostò le dita. Gli sorrisi maliziosa. Avevo in serbo una piccola sorpresa per lui. Con decisione mi sfilai le mutandine, rimanendo nuda, la camicetta slacciata, tutto scoperto. Un triangolo soffice e compatto nascondeva il mio sesso.
Guidai la sua mano a toccarmi, toccarmi tutta, esplorare ogni parte di quella morbidezza.
- Adesso guarda bene -
Mi toccai con la mano sinistra. Percorsi e accarezzai la peluria, scivolai dentro le labbra fradice e ardenti e voltai il bacino verso di lui perché mi guardasse mentre mi toccavo insistentemente, quasi con forza, sollecitando l'orgasmo che si faceva attendere. Ero sempre sulla soglia.
Lui spalancò gli occhi. Vedevo la protuberanza nei suoi jeans. Tesi l'altra mano verso la cintura. "Quelli non ti servono, amore. Aprili." Le mie mani non avevano pudore. Lo toccai. Era una rigida asta di avorio chiusa dentro i boxer, un tamburo che martellava sul cuore. Sembrava sul punto di piangere o impazzire.
Il mio orgasmo arrivò, liquido e afoso, contraendomi il bacino e i capezzoli turgidi fino a farmi male, la mano sinistra risucchiata nella mia caverna rosea, il liquido dolce che fuoriusciva inondandomi.
Rimasi spossata solo per pochi secondi, poi mi chinai su di lui, abbassai i boxer e lo presi tra le mie labbra. Un'asta senza fine. Cominciai a muovere le guance e muovere la lingua come impazzita, dimenando i fianchi perché lui li ammirasse, ancora ansante per il mio orgasmo. Percorsi mille volte la punta con la lingua. Era bellissimo. Il suo sesso nella mia bocca, sopra di me il suo respiro in una corsa a ostacoli.
Stava per venire ma non voleva venirmi in bocca. Mi rovesciò sul sedile del guidatore e si lanciò su di me, penetrandomi. Diede un solo colpo prima di venire. Il suo sperma caldo mi arroventò il sesso e venni anch'io. Un solo corpo, due teste, quattro braccia, il suo sesso dentro il mio, il suo bacino che mi premeva, il suo cuore sconvolto batteva contro il mio, separato solo da minuscole gocce di sudore.
Dopo l'orgasmo il suo respiro era quello di un bambino che ha appena finito di piangere.
Rimanemmo così, nudi, lui ancora dentro di me, per un tempo infinito. Non volevo che si ritraesse e mi lasciasse sola. Volevo che glorificasse il mio sesso, mi leccasse e mi penetrasse all'infinito. Volevo abbracciare il suo corpo nudo e sudato, la morbidezza della sua pelle...

- Polizia. Favorite i documenti. -
Un balzo precipitoso ci svegliò dal languore. Era così bello... non toccavo terra con i piedi... il suo calore mi pervadeva tutta, perché dovevo alzarmi e...
- Documenti - .

Ecco l'assassino della nostra intimità! Un poliziotto. Sulla cinquantina e già sovrappeso. Lo sguardo sfocato di chi è miope o semplicemente non vorrebbe essere di pattuglia nei week-end, specie la notte!
Balzammo su entrambi.
- Beh, cosa facevate? -
- ... -
- Nudi, già, e per strada... - blablabla, si chiama atti osceni in luogo pubblico. Dov'era l'oscenità? Nella sua mano che mi toccava e mi addolciva? Nella mia lingua chiusa attorno al potere supremo del suo sesso? Nella sua penetrazione decisa, nei nostri orgasmi simultanei?
Con decisione spinsi la maniglia e uscii, completamente nuda e scalza, sull'erba gelida e con un freddo artico. Non volevo dargliela vinta. Eravamo nel nostro mondo, lui non aveva diritto di risucchiarci tra i mortali che non si amano e non conoscono gioia o dolcezza. Niente rappresaglie, niente lavate di testa. Quel che avevamo fatto era sacro. E niente esibizione di documenti.
- Mi guardi! - intimai bruscamente.
Esitava, ma sapevo che era falsa modestia. Voleva guardare eccome. Lo splendore della mia giovane età nuda ed esposta senza imbarazzo.
- Mi guardi adesso - passai le mani sui seni e le lasciai scivolare sulla vita e sui fianchi - ancora - e le insinuai sul pube, massaggiandomi - ancora ho detto! - e divaricai le labbra, insinuando due dita nel pertugio, tra i miei umore e il seme del mio amore ancora viscoso - ancora... - e mi penetrai, le dita che si muovevano su e giù...
Non sentii alcun piacere, ma non era questo il punto.
Il punto era fargli capire che... che cosa?
Di lasciarci in pace. Da soli. Nel nostro mondo.
Vidi che sbarrava gli occhi. Anzi, diciamo che stavano proprio per uscirgli dalle orbite... non doveva mai aver assistito a niente del genere. Una ragazzina giovane e fresca che si tocca davanti a lui, sfrontata, senza suppliche, senza nient'altro che il proprio corpo e la notte.
- Allora? - chiesi, movendo ancora indice e medio su e giù, simulando le mosse del mio amore, su e giù, colpi dolci e decisi, ancora, picchiettando le pareti del paradiso...
- Allora? -
Non avrei mai goduto davanti a lui, ma non volevo nemmeno recitargli un orgasmo.
Sapete? Non occorreva. Credo avesse visto già abbastanza... forse gli avevo concesso anche troppo. Ma non potevo permettere che un - adulto - si impadronisse del nostro mondo, capite? Non esisteva. Scappò via come se avesse visto un vampiro.
Tornai a testa alta in macchina. Lui mi guardava attonito.
- Ho freddo - sussurrai.
- Ci penso io - promise, avvolgendomi in un bacio. Ci penso io... le sue mani mi lambivano dappertutto, rendendomi piccola, dolce e tiepida... sospirai...

Astra

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