Lo spirito dell'amore
Era la seconda o terza notte che passavo lì. Non ero ancora riuscita a dormire fino al mattino dopo. La notte era popolata di sussurri smozzicati e respiri mozzati. L'aria era sempre troppo immobile, afosa, si liquefaceva sulla pelle e il mio corpo annegava in un torrido dolce sudore sotto le lenzuola.
Notte: una pennellata di nero opaco che inghiottiva tutto quanto si trovava sotto la sua volta. Non respiravo. Come paralizzata sotto le lenzuola rigide. Il materasso troppo imbottito. Mi puntellavo sul gomito per girarmi e sprofondavo.
Quella notte il sonno non sarebbe comunque venuto.
Fruscio nell'aria. Lo spostarsi di singole particelle, una dopo l'altra. Un respiro al rallentatore.
L'aria era immobile fino alla morte.
Ma io sentivo lo stesso il fruscio.
E l'odore.
Un odore mai sentito prima. Non credo che lo troverò mai più in qualsiasi luogo del mondo. Sudore afoso, rose essiccate e, lontano, dolcissimo, l'odore del sesso.
Ero in uno stato imprecisato di sonno, veglia e incubo. Ma ricordo quello che pensai: questo è l'odore della morte. Un flash, un singolo istante. L'odore dolce della morte. Troppo dolce, prende alle narici. Si deposita sui polmoni. E impregna le molecole della pelle. Non potevo, non volevo raschiarmelo via.
Il cuore improvvisamente prese a sussultare, poi a battere veloce, sempre più veloce, fino a troncarmi il respiro in gola, il sangue impazzito nelle vene... sentii i tendini e i muscoli che si strappavano uno dopo l'altro, minuscole fitte, ma il cuore continuava a battere. E mi faceva male. Urtava selvaggio contro le ossa.
Un tremito nelle vene.
Appena un tremito.
La consistenza del buio era diversa. La tenda pesante dell'afa che copriva il buio si era sollevata di qualche centimetro, lasciando scorgere qualcosa che poteva essere una figura vagamente umana, infagottata in un mantello (o un sudario) o forse stavo sognando e non me ne accorgevo...
L'odore era reale.
E la sagoma... la sagoma scivolò nel mio campo visivo. Ero paralizzata, ma la sensazione non era quella di paura. Per la verità, non so proprio come definire quel che provai.
Mi sembrò di averlo atteso da sempre. A rinfrescare la notte. A sfiorarmi la fronte con le sue labbra di ghiaccio (perché lo sai, lo so da sempre, è così, verrà) e far scendere la febbre che mi infuocava.
Dimenai il mio corpo stanco, molle di sudore.
La sagoma incappucciata era alta e sottile. Non fluttuava assolutamente nell'aria. Me l'ero immaginato.
Scivolò vicino al letto. A non più di mezzo metro da me. I miei occhi, ormai abituati al buio, distinsero rudimentali lineamenti, appena abbozzati nell'oscurità. In realtà non mi chiesi proprio chi fosse o a chi somigliasse. Un insieme di mento, naso, zigomi e occhi. Occhi oscuri come paludi. Assorbivano la luce, ma non ne emettevano neanche una pagliuzza.
Il resto – il resto successe prima che riuscissi anche solo a formulare il semplice pensiero: che cosa sta succedendo?
L'ombra era inequivocabilmente quella di un uomo. Un uomo molto giovane, dalla pelle incredibile, morbida e tiepida, poi stranamente rovente come per una febbre maligna e subito dopo gelida – la pelle di un morto. Di un demone, un incubo.
Le sue labbra mi sfiorarono la bocca. Erano morbide. Le baciai appassionatamente, divorando, succhiando fino a restare senza fiato, solleticandole con la punta della lingua, sfiorando il palato. La sua saliva era dolce sulle mie labbra secche.
Poi... poi due mani sottili, fredde, ristoratrici mi sfiorarono le guance e il collo, scivolando giù, giù sotto le lenzuola, sul mio corpo liscio e setoso. Come sempre, ero andata a dormire completamente nuda. Sentii che si era messo a cavalcioni su di me. Scalciai via le lenzuola, tremando di piacere, desiderando intensamente che quegli occhi oscuri vedessero il mio corpo nudo, austero e morbido.
Il suo respiro era così leggero che non riuscivo quasi a sentirlo. Un fremito lontano. Un fremito... forse erano solo le sue mani che si chiudevano a coppa sui miei seni morbidi e generosi... forse era la sua lingua che scivolava sul collo, sul petto, sui seni, indugiando sull'ombelico in lenti cerchi...
Non ero più io. Ero solo pelle fradicia che si tendeva in spasmi spaventosi... il piacere scivolava sotto la pelle, toccava i miei nervi, braccia e gambe aperte a croce si muovevano pazzamente scoordinate... le mani delicate sui miei seni e la lingua scivolò ancora più giù...
Ero bagnata, morbida e calda. La sua lingua mi penetrò impassibile, dolce e inesorabile insieme, sfiorando il centro del mio sesso, leccando e succhiando, su e giù, giù e su, arroventandomi fino a farmi perdere la ragione.
Gemetti a lungo, prima di fondermi in un orgasmo assoluto, denso come la notte, dimenando il bacino, senza cognizione di tempo e spazio, tenendo le gambe spalancate perché lui – qualsiasi cosa o persona fosse – vedesse tutto di me, il mio sesso spalancato come una rosa dorata, umido di piacere...
Mi ripresi ansimando. Ero deliziosamente bagnata e sbattuta, la pelle formicolante, un tiepido sudore che scorreva lungo la nuca. Lui si era staccato da me, inginocchiato sul letto, il cappuccio tirato sul volto. Ansimava anche lui, il respiro spezzato che segue all'orgasmo. Sedetti sul letto, le gambe spalancate. Gettai i capelli indietro e inarcai il busto in avanti, offrendogli i seni, mentre mi passavo con noncuranza una mano sul sesso, sulla peluria di velluto dorato, spingendo delicatamente un dito dentro le labbra rosee, dilatandole e continuando a toccarmi a accarezzarmi, finché non riuscii a resistere, il piacere tornava a travolgermi e ritirai la mano.
- Ti prego... prendimi adesso - mormorai.
Lui non mi deluse, ghermì i miei fianchi e mi rovesciò sul letto, schiacciandomi il ventre contro il materasso già imbevuto dei miei umori. Una mano improvvisamente gelida si insinuò tra le mie cosce, dilatandole con forza, costringendomi a sollevare il busto. In quella posizione insieme umiliante ed eccitante, malferma sulle mani, i seni che oscillavano, le sue mani inflessibili dilatarono le labbra del mio sesso, umide e viscide, facendomi mugolare.
Dopodiché, mi penetrò con forza, la sua asta enorme, eretta e bollente, scavandosi un delizioso tunnel nel lago dei miei umori, ancora e ancora, crivellando il mio ventre con una scarica infinita di piacere...
Mi morsi le labbra per non urlare travolta da un orgasmo simile ad una tempesta di fuoco. Lui uscì da me un secondo prima che l'uragano finisse di squassarmi e premette la mano sul mio sesso ormai fradicio, cospargendomi il pube dei miei stessi umori, scivolando delicato sulle natiche e sulla morbida peluria... poi due, forse tre dita si insinuarono gentilmente nei miei glutei. Il dolore era minimo, solo qualche piccola fitta, e le dita si allargarono il passaggio. Chinai il busto ancora di più, perché il pertugio gli si offrisse il più agevolmente possibile. Il suo mostruoso sesso eretto, la punta giù umidiccia, non mi deluse e scivolò delicata dentro le mie terga, strappandomi minuscoli gemiti che riuscii a reprimere mordendomi le labbra. Contemporaneamente, un piacere contorto, mai provato, mi investiva i nervi, li squassava e mi lacerava, così come un sesso sconosciuto e misterioso lacerava la mia intimità...
- Sì... ti prego... continua... -
E le sue dita cominciarono a ballare il valzer sulla punta del clitoride gonfio, scivolando dentro le labbra del sesso colmo di umori come la più dolce delle coppe... era troppo... sentii che il piacere mi scivolava dentro, mi denudava ancora più intimamente, mi trasfigurava... e in quel momento lui venne, il suo seme sprizzò tiepido e appagante dentro le mie natiche, facendomi sciogliere.
Era troppo. Avrei voluto che mi restasse dentro per sempre, dilatando le mie natiche all'infinito, colmandole della dolcezza del suo elisir fino ad annegarmi. Invece si ritirò bruscamente, facendomi male per la prima volta. Un dolore sordo mi fece cadere distesa su un fianco.
Sul materasso si allargava una macchia di sangue rosso che scivolava dalle mie natiche. Anche la punta del suo sesso era scarlatta.
Il pensiero mi fece rabbrividire, non so perché.
Lui mi sovrastava nella sua altezza, osservando ogni millimetro del mio corpo disfatto. Non vedevo il suo volto, ma non m'importava. Volevo solo possederlo, ancora e ancora, in tutti i modi, farmi penetrare all'infinito, essere toccata ovunque...
Vincendo il dolore che cominciava a strisciare sordo tra le mie viscere deflorate, mi sedetti e con uno scatto posai un bacio tenero sulla compattezza delle sue labbra... stavolta la sua bocca spalancata ghermì la mia lingua, mordendomi senza passione... e il gridò risuonò soffocato nella mia gola secca...
Sobbalzai sul letto. Sveglia. Sudata, fradicia e nuda, il sesso gonfio e morbido come dopo l'amore, i capelli scompigliati.
Hai sognato, sciocca.
No, non era possibile.
Era un sogno.
No! Qualsiasi cosa fosse, non era un sogno.
Sentii il dolore al basso ventre, là dove pochi minuti
(poche ore? Pochi secoli?) prima ero stata dolcemente sodomizzata da quell'essere misterioso. Scostai le lenzuola. La macchia sul copriletto era seme. Seme rappreso. E un ovale rossastro di sangue si allargava in quel candore...
Astra