La prima volta che l'ho visto è stato solo imbarazzante. La sua finestra era esattamente di fronte alla mia, separata da un cortile. Non avevo idea di chi occupasse quella stanza, sempre che l'avessi notata. Ma lui mi spiava. Conosceva il mio tormentarmi alla scrivania sui libri, il disordine perenne della stanza, quali CD e in quale ordine sentivo...
Mi aveva vista scopare. In piedi contro il muro, tutta nuda, i seni esposti, il mio triangolo fatale lambito dalle dita e dal sesso di un altro uomo... mi aveva vista crocifissa contro la parete, gemere e dimenarmi in una danza del ventre... e spingere giù la testa dell'uomo, giù, leccami, gusta l'essenza del mio corpo, la tua lingua sarà il mio piacere, baciami tutta e godi il paradiso del mio sesso, la sua morbidezza di seta, i suoi umori di miele, guardami, guarda la ferita spalancata in me, i miei seni morbidi, ammirami...
L'aveva visto.
Forse aveva anche un binocolo, non si può mai dire.
La prima volta fu d'estate. Un caldo spettacolare. Nessuno riusciva a parlare d'altro. Il sole aveva raddoppiato la sua potenza e sembrava intenzionato a fondere qualsiasi essere umano entro settembre. L'umidità mozzava il fiato, trasformava la pelle in una viscida spugna. Gli occhi appannati, uno sbadiglio dopo l'altro, rabberciavo alla meno peggio un esame di Biologia Comparata, addormentandomi letteralmente sui libri, la mano destra che asciugava collo e fronte sudati, sbuffando con labbra aride.
Avevo un caldo osceno. Studiavo in costume da bagno, i capelli fradici e appiccicosi – be' non era proprio uno - studiare - quello. Brancolavo alla cieca sulle pagine, ignara di cellule e meccanismi quali che fossero. Uno sbadiglio dopo l'altro, un desiderio perfido mi scivolava dentro, non proprio colpevole ma quasi. Un po' di noia in quel pomeriggio di piombo rovente. Il pungolo di un desiderio represso ma non del tutto.
Avevo lasciato il mio ragazzo qualche mese prima. Da allora non avevo più fatto l'amore. Il caldo, gli esami... il desiderio non può nascere quando sei così preso da dimenticarti di te stesso. E adesso il desiderio, a dispetto di afa e tempo, martellava contro sbarre di gabbie innaturali. Non posso vivere senza amore. O senza desiderare almeno me stessa.
Mi slacciai il reggiseno, sospirando quando la pelle, libera, respirò. Mi alzai in piedi e insinuai la mano sotto gli slip. Un tremito. Avrei voluto essere penetrata e scopata, amata alla follia, baciata e leccata in ogni millimetro della mia pelle...il desiderio era terribile e torrido, premeva su di me... mi schiacciai contro la parete. Fredda e refrigerante, ma dentro bruciavo, il mio sesso era in liquida ebollizione, le ginocchia e le spalle tremavano. La mia bocca anelava baci che da troppo tempo le mancavano.
E lo vidi.
Affacciato alla finestra, gli occhi sbarrati. Di una statuaria bellezza efebica, che mi guardava come se io fossi un nudo esposto in un museo: niente curiosità morbosa o perfida libidine. Io ero arte. Il mio corpo, i seni esposti, i fianchi morbidi, le mie lunghissime gambe. Non fece gesti osceni né incitamenti. Dolcemente e teneramente mi guardava. Contemplava la bellezza, la perfezione che è propria solo della gioventù...
Gli mandai un bacio.
Annuì.
Mi chinai per sfilare gli slip. Rimasi nuda davanti a lui, incurante del fatto che chiunque altro avrebbe potuto distruggere quel momento di terribile, intensa e dolce intimità. Osserva ed impara. Tutto il mondo è racchiuso nel mio corpo. Guarda il mio sesso. La scultura soffice e triangolare di peli che ne ombreggiano la perfezione. Il mio sesso è una tenera fornace. È una coppa di miele. Se tu volessi, questo capolavoro sarebbe tuo. Ammiralo.
Carezzai la peluria, eccitata in un modo assurdo, violento e innocente insieme. Il suo sorriso era dolce e tenero. Ammirava, ma non era uno spettacolo masturbatorio. Era bellezza.
Morivo dalla voglia di toccarmi. Mi scioglievo lentamente, un liquido tenero colava lungo le mie cosce.
Stavolta non mi toccai. Mi sfiorai i capezzoli teneramente, facendoli indurire. Piacere spasmodico, fisico ma non ancora genitale. Se mi avesse presa! Se fosse stato a pochi centimetri da me, immerso nel profumo della mia pelle sudata e del mio sesso che stillava ancora...
Non era ancora il momento. Mi allungai contro la parete, guardami tutta, ammirami, sono donna, sono perfetta, guardami più che puoi. Ero crudelmente eccitata. La prossima volta gli avrei regalato qualcosa di più.
Crollai sul letto e mi toccai una, due, tre, quattro volte, a gambe spalancate, i seni puntati contro il cielo, mugolando in silenzio. Pensavo a lui, lui di cui nemmeno conoscevo il nome. Immaginai di spalancare le gambe per lui, di riceverlo dentro di me, inghiottendolo, o sì, inondami del tuo piacere...
Il giorno dopo, più o meno alla stessa ora, decisi di giocare di nuovo. Nuda, salvo un paio di sandali con tacchi vertiginosi, pesantemente truccata, le labbra lucide e carnose di un rosso scintillante. Sedetti a gambe spalancate sulla scrivania.
Lo vidi.
Era a bocca spalancata.
Oggi ero una statua. Una splendida statua di pelle, ossa e carne, che respirava e poteva amare.
Gli lasciai contemplare il mio pertugio segreto, rosa intenso e dolce. Se tu fossi qui! Se tu fossi qui per gustare le meraviglie del mio sesso... spalancai le labbra gonfie e tenere e mi distesi, un sesso aperto tra due lunghe gambe bianche, un dito che scivolava dentro e fuori dall'apertura, dentro e fuori. Ero bagnatissima. Mi massaggiai il clitoride, sforzandomi di immaginare che le dita fossero sue, sua quella carezza tenera... mio solo l'orgasmo dirompente che mi fece sussultare davanti a lui.
Rimasi a lungo teneramente sdraiata, le gambe mollemente aperte. Ammira il mio sesso. È un fiore in boccio che stilla rugiada. Ammira la mia mano che vi scivola dentro e intesse la trama del piacere... potrebbe essere la tua mano...
Il giorno dopo non c'era.
Aspettai.
Due giorni... cinque... non c'era. Il fiore che era sbocciato in me avvizzì prematuramente. Non mi ero mai aspettata nulla – non coscientemente forse – ma ecco che già mi sentivo tradita. E pensavo che dovunque fosse il giovane mai-veramente-visto-in-faccia non stava più pensando a me, alla mia bellezza. Ero cancellata come un esperimento mal riuscito.
Il mio sesso rigoglioso e fiorente si disseccò e divenne aspro e calloso. Non avevo più alcun piacere – adesso. Non potevo toccarmi perché sarei immediatamente corsa con la mente a quell'episodio unico in teoria, ma nella pratica eterno. Io, nuda, a mostrargli la mia orchidea sbocciata, rosea come corallo e dolce come la vita stessa. Forse ero stata una sfacciata e basta, gli avevo brutalmente esibito ciò che voleva. Dopotutto, soddisfatto e placato poteva anche sparire. Non eravamo legati da nulla. Nulla di più tangibili delle immagini scolorite. Dei ricordi. Se quelli erano ricordi.
Mi toccavo furiosamente, giorno e notte. Il piacere atroce e liquido mi inondava e si ritraeva... desideravo essere sua, ora e sempre sua... mi toccavo ancora, fino a sentire male.
Le mani erano solo le mie. Mani sole e tristi...
Un mese intero.
Avevo pensato a lui – be' a lui in relazione a me – ogni singolo secondo. Mai prima di allora mi ero concessa una libertà così sfacciata – e felice – di fronte ad un completo sconosciuto. Allo stesso tempo, ogni cosa era sepolta, archiviata in files lontani che non avevo alcuna intenzione di riesumare.
Un mese intero e lui non esisteva più oltre la sua finestra, di fronte a me, pronto a cogliere il mio piacere, a costruire sculture di noi stessi nella luce e nell'aria...
Uno squillo di telefono inaspettato. Completamente inaspettato.
La voce? Non la conoscevo. Né ebbi premonizioni o presentimenti. Una voce educata, timida. Forse si era segnato in anticipo che cosa dirmi. Forse era scioccato dalla mia libertà senza freni, gioiosa e provocante.
- Mi sei mancata. Eri... eri bellissima. Non avevo mai visto niente del genere. -
Lo so. Lasciai che parlasse: che cosa può dire la ragazza sfacciata, la regina del gioco, colei che domina i tuoi nervi al di là di una finestra? Tace, e che il suddito rimanga in contemplativo silenzio.
Devo ammettere che l'Adone, timido o imbranato, aveva la sua dose di creatività. Mi assicurò che - gli piacevo molto - e che aveva ancora voglia del nostro spettacolo. Ma stavolta voleva vedermi da vicino. A casa mia o a casa sua. Aspirare - l'odore di mandorle amare della tua pelle - . E sentire il mio respiro sfatto, un valzer che si acquieta nell'orgasmo.
- Non ti farò mai nulla che non vuoi - .
Accettai senza pensarci. Era ovvio che avrei fatto così. Ed il nostro gioco iniziò realmente. Fu splendido, pauroso, a volte incomprensibile. Era una novità assoluta...
PRIMO GIORNO: a casa sua. La sua camera è vecchiotta, piena di luci soffuse e candele. Quasi femminea, proprio come lui. Niente foto porno alle pareti o manette appese sul letto.
Il caldo è attenuato dal ronzio fedele del condizionatore. Un fresco artificiale che fa venire voglia di spogliarmi per sentirlo sulla pelle accaldata. Mi svesto completamente e gli si spezza il fiato. Non ero mai stata così vicina a lui, perfetta e dolce; immobile come una statua mi lascio guardare all'infinito. So che è eccitato senza bisogno di guardare i suoi pantaloni tesi all'inverosimile. Senza guardare i suoi occhi liquidi. È pietrificato e mi guarda.
Poi crolla in ginocchio davanti a me, le mani che brancolano sul mio pube, teneri baci che piovono come tra le lacrime. Una mano delicata divarica le mie cosce - voglio vedere il tuo paradiso - mentre l'altra scivola ad accarezzarne l'interno umido e pulsante e poi, sì, baci insinuanti sulle labbra del sesso, tocchi dolci della lingua che canta qualcosa che sa di bellezza, il mio sesso è bellezza, io sono la bellezza, sto tremando, il clitoride gonfio esplode, io stessa esplodo, sono una stella cometa ed il fuoco mi divora... non riesco a restare in piedi, le mie ginocchia si trasformano in acqua, tutti i muscoli e i tendini cedono, è troppo...
Mi sorregge un attimo prima che crolli, mi aiuta a sdraiarmi sul letto e torna a leccarmi con frenesia, incurante del fatto che potrei impazzire, che sto impazzendo... la sua lingua è instancabile ed il mio piacere altrettanto. Scuoto frenetica il bacino, io ti voglio, sei bellissimo, non so come ti chiami, sii mio, ancora, fondiamoci con l'aria, toccami ancora, sei bello, anch'io sono bella amore, io ti voglio ti voglio ti voglio...
SECONDO GIORNO: per la prima volta mi bacia. Sulla bocca, dolcemente, la sua lingua penetra le mia bocca come ieri ha fatto con il mio sesso: teneramente, alla ricerca della bellezza. La sua saliva è dolce. Sono ancora completamente vestita. Le nostre lingue si cercano, danzano insieme, si baciano e si abbracciano. Tremo in un modo incontrollabile.
- Sdraiati sul letto. -
Ubbidisco felice, mi lascio andare. È sopra di me, si slaccia la cerniera ed io capisco, proseguo con naturalezza i suoi gesti, lo aiuto a sistemarsi e lo prendo in bocca. Felice. Leccando e baciando il suo sesso, la mia promessa di piaceri. Il suo piacere diventa il mio. Geme e lo sospinge in fondo alla gola. Entusiasta, il sesso in fiamme, succhio con gioia il suo ultimo spasmo. La mia bocca è inondata.
TERZO GIORNO: mi fa spogliare e mi chiede di sedere alla scrivania. Sento che cammina dietro di me, vorrei solo voltarmi ma non posso... aspetto, la mente inondata di immagini eccitanti...
Siede dietro di me. È completamente nudo, sento la sua pelle setosa contro la mia, la sua imponente erezione che preme contro la schiena. Il suo respiro mi sfiora. Due mani chiuse a coppa sui seni, le dita che premono dolcemente. Mi bacia teneramente la spalla.
Mi sembra di impazzire. Voglio che mi penetri qui, in questa assurda posizione, che mi possegga a lungo, prima forte e poi dolcemente, che entri in me ovunque, purché ponga fine a questa tortura, al mio sesso in ebollizione, al respiro frantumato... Voglio dondolarmi infinitamente sull'altalena del suo sesso.
Sento che si struscia sulla mia schiena, e le mani... le mani scendono inesorabilmente... e raggiungono la meta. Tocca il mio sesso rovente e liquido... con gli indici cavalca dolcemente il clitoride. È un supplizio splendido. Insinuante e malizioso continua a toccarmi.
Desidero solo essere penetrata da lui. Vorrei... vorrei tanto... apro la bocca e l'orgasmo arriva impetuoso come una tempesta. Sono tutta sua, tutta fusa sulle sue dita... grido senza pietà e mi elevo al cielo, al paradiso... Non avevo mai goduto così. Rimango dolcemente accasciata su di lui, il sesso quasi dolorante, che lacrima.
QUARTO GIORNO: Slaccia la cerniera dei miei jeans e fa altrettanto con la sua. Non apre nemmeno la bocca – non lo fa mai, in effetti – e mi guida verso il letto. Mi fa sdraiare, poi mi abbassa le mutandine e mi bacia, a lungo, dolcemente, il pube e l'interno delle cosce. Strofina la guancia contro di me, poi altri baci roventi, lunghi respiri e baci. Mi sfiora con una mano, sente come sono bagnata, quasi viscida.
Con un solo gesto mi sfila del tutto le mutandine e mi fa spalancare le gambe. Si china e, sì, mi lecca. Avvolge il mio sesso nei suoi baci, strofinando la lingua sul clitoride come impazzita, insinuandola nel pertugio segreto che distilla umori. Non smettere – e lui non smette... Il mio orgasmo sulla sua bocca, le mie cosce, tenute spalancate, che si contorcono senza fine.
È con naturalezza che prendo in bocca il suo sesso e continuo, avvolti testa contro gambe, succhiando la sua anima dal sesso, la sua vita dal sesso, stringendogli la testa contro le cosce... siamo l'uno prigioniero dell'altra... Due orgasmi simultanei.
QUINTO GIORNO: mi ha chiesto di andare da lui senza mutandine e con un vestito corto. Volentieri. Appena arrivata, solleva il prendisole e gratifica di un bacio la mia nudità. Gemo piano. Vorrei che mi leccasse... inarco il pube per offrirglielo. Un altro bacio, un tocco di lingua appena accennato sulle labbra. Mi fa voltare faccia al muro, poi mi arrotola il vestito e mi aiuta a sfilarlo.
- Piegati. -
Ubbidisco volentieri, sorreggendomi con le mani. Stavolta mi penetrerà. Stavolta.
- Allarga le gambe - .
Insinua un dito – timido e poi sempre più audace – dentro il mio sesso. Lo accolgo felicemente, pronta a dilatarmi tutta per lui, riscaldandomi... Improvvisamente ritira il dito. Il sibilo di una cerniera... le mani che mi dilatano le natiche. Sollievo improvviso. Penetrerà le mie natiche – ma lo avrò dentro di me. Amo la sodomia. Il piacere più peccaminoso al mondo. Un piacere che si fonde col dolore e va oltre. So che mi sta ammirando così spalancata. Poi si decide e mi penetra. La sua sodomia è un'esplosione. Per alcuni può essere un abominio, ma per me... dischiude un universo malmostoso di tuoni e tempeste, dilatandomi. Si muove con colpi decisi ed il mio ventre è tutto teso a seguirlo. Mai così forte da farmi male, dilatandomi senza lacerarmi. Un tremore annuncia il suo orgasmo: mi inonda dolcemente.
SESTO GIORNO: ha promesso una novità. Molto più di quanto mi aspettassi. Nella stanza... lui è duplicato... Due volte bello si staglia davanti a me. Due copie dello stesso ragazzo, lo stesso sorriso...
- Mio fratello - , gemello ovviamente. Questo ragazzo è davvero uno stregone, oppure è incredibilmente fortunato, non so decidermi. Immagino tutto quello che si può fare quando si è due volte la stessa persona.
Mi gira la testa. Il gioco si fa intrigante.
Siede con una sigaretta accesa, fumando composto, è uno spettacolo teatrale, è l'opera. Il suo gemello ed io faremo l'amore. Il suo gemello farà con me tutto quello che il mio Adone vorrebbe fare... sì, lo invidio. Può farlo e guardarsi dall'esterno mentre lo fa. Due volte mi possiede.
Oggi sarà la grande giornata...
Il suo gemello mi conduce verso il letto e mi fa sedere. Mi sfila i sandali, slaccia il bottone dei jeans e me li toglie, abbassa le spalline del top e impazzisce davanti al mio seno, abbondante e tenero. Godilo, vorrei dirgli. Ma durante l'amore noi non parliamo. Inarco il busto e glielo offro: non rifiuta di certo. Sfiora le mie due coppe con una carezza tenera, sempre più insinuante, due dita che passeggiano sui capezzoli sempre più contratti... si china a baciarli e mi abbassa completamente il top. Una mano scivola veloce dentro i jeans e si paralizza all'istante.
Non porto le mutandine.
Rimane lì dov'è, saldamente aderente al mio sesso. Mi sdraio e abbasso i jeans. La mia nudità già mille volte vista ed esplorata è assolutamente gloriosa. Nuda e morbida, appena sudata, ad esibire tutta l'anatomia del mio corpo senza vergogna. Non esiste la vergogna nel mio vocabolario. Potrei farlo con entrambi i gemelli. Anche fuori, davanti a tutti. Prendetemi, vorrei supplicarli. Prendetemi tutti e due, adesso. Subito.
Il gemello osserva la mia nudità. Le mani incessanti esplorano il mio sesso, dentro e fuori, lambendolo occasionalmente con la lingua arroventata. Divarico le gambe e le piego. Guardami.
Adone ci osserva, fumando una sigaretta dopo l'altra. Annuisce.
Finalmente vengo posseduta. Il suo gemello sale sopra di me e spalanca al massimo le mie gambe. Dopodiché mi penetra finalmente! Il contatto col suo sesso è una tortura, una delizia, una gioia, è tutto per me. Sollevo il bacino perché entri dentro di me fino all'ultimo centimetro, voglio tutto. Il mio sesso è insaziabile. Mi macina in modo inesorabile, il mio sesso cola, è tanto bagnato da non avvertire quasi più il contatto con la sua carne, la sua mascolinità. Trafitta da diecimila orgasmi di tuono contorco braccia e gambe e poi ancora...
Adone si è alzato. Sono folle, folle di piacere, di tutto. Vedo che si apre i pantaloni e si avvicina al letto... è incredibile... la beatitudine si fonde a beatitudine.
I due gemelli mi cavalcano insieme, uno dietro l'altro, Adone saldamente conficcato nella mia bocca, il gemello instancabile ha invaso tutto il mio ventre. Siamo un corpo, tre corpi, due volti diversi, sei braccia, una divinità barbara, la perversione, il sesso, l'amore...
L'orgasmo unico e totale che ci unisce in contemporanea, che invade il mio ventre e la mia bocca, che lascia i due gemelli distesi sopra di me, le mani a casaccio sui seni, sulla pancia, sesso contro sesso, io stessa gloriosa, inondata di luce, coperta del loro seme e della mia gloria sul letto sfatto...
Astra