Forse era una pazzia. Ma, del resto, quando mai non c'erano state pazzie, colpi di testa e un continuo corteggiare il pericolo nella mia vita.
Borderline - ricordo ancora – come mi aveva definito un vecchio professore del liceo. Aveva ragione. Mi è sempre piaciuto camminare sull'orlo del precipizio. Il pericolo mi manda brividi di piacere lungo il corpo. E dunque...
Nessuno stupore era possibile leggere sul mio viso mentre in un'assolata mattina di autunno mi dirigevo verso un bel bar del centro. Sorridevo accarezzando la borsa che tenevo a tracolla. Dentro era accuratamente conservata la pergamena che era alla base di quel sorriso.
Il patto.
Mi sentivo scossa da violenti brividi d''eccitazione che si scioglievano in piacere liquido tra le mie cosce mentre ci pensavo. I capezzoli turgidi premevano contro la seta sottile della camicia da uomo che indossavo.
Il patto.
Il solo fatto di averlo firmato, mi aveva lasciato per giorni avvolta in una nebbia di eccitazione continua. E ora. Era finalmente arrivato il giorno. Il giorno in cui avremmo iniziato a verificare la tenuta del patto
Il primo giorno del nostro gioco. Del gioco, che mi vedrà protagonista con un perfetto sconosciuto. Una follia appunto, anche e soprattutto per la natura del patto di una semplicità e durezza assolute.
"I sottoscritti... liberamente e nel pieno possesso delle loro facoltà mentali stabiliscono che dal prossimo 22 ottobre fino ad esaurimento della sfida in atto NON rifiuteranno alcuna richiesta, ordine, o umiliazione a cui verranno sottoposti dall'altro di qualsiasi natura o genere esse siano (pubblica o privata, legale o illegale). Il primo che per una qualsiasi ragione rifiuterà di esaudire la richiesta dell'altro verrà considerato perdente dunque costretto a pagare il pegno stabilito, nei tempi e nei modi concordati tra le parti".
Mi ripetevo quelle parole assaporandone tutta la potenza devastante mentre a passo sempre più veloce raggiungevo il bar dove avrei guardato negli occhi finalmente il mio compagno di follia.
Certo, non era veramente uno sconosciuto. Conoscevo la sua voce, le sue idee, il suo immaginario erotico così simile al mio. Il suo modo di sentire, vivere il piacere e la sua ironia. Ma in realtà non lo avevo mai visto. Eppure... Eccomi qui a tremare di desiderio, folle e violento. Il desiderio di consegnare le chiavi del controllo totale sul mio corpo e la mia mente nelle mani di un altro e, in cambio, ottenere il controllo sul suo corpo e sulla sua mente.
E la certezza interiore – quella che era la ragione più vera e profonda del mio sorriso – assoluta, schiacciante che lui seduto a quel tavolo, al di là della porta davanti a cui mi trovavo, provava la stessa identica cosa.
Lisciai una grinza inesistente sul tubino nero che mi fasciava i fianchi torniti e spinsi con decisione la porta dietro la quale si celava l'uomo del mio destino.
Non vedevo l'ora di leggere nei suoi occhi lo stesso miscuglio di desiderio e sorridente autoironia che illuminava i miei.
Il locale era affollato e un cameriere che mi vide scrutare con lo sguardo la folla mi sorrise complice come a suggerire che avrebbe tanto voluto essere lui la persona che stavo cercando. Lo individuai al primo colpo. Era seduto rilassato ad un tavolino d'angolo e giocava in modo apparentemente casuale con una scatola di sigari. I suoi gesti erano misurati ma comunque carichi di un energia contenuta a stento. Un'energia che parlava di desiderio e di follia che mordono le viscere e invadono l'anima. La quiete prima della tempesta, insomma. Sorrisi scrutandolo bevendo avidamente le forme del suo corpo con lo sguardo come la mia mente aveva, in precedenza, bevuto avidamente le sue parole.
Mi avviai con un passo deciso fendendo la folla della pausa pranzo che si accalcava nel locale. Sollevò lo sguardo azzurro come il cielo ad incontrare il mio non appena arrivai al tavolo. Sorrisi guardandolo fisso negli occhi e sentii l'intensità del sorriso che illuminava quelle iridi azzurre avvolgermi e scuotermi fino alle viscere. Non ci eravamo ancora sfiorati, eppure la forza del desiderio reciproco era tangibile.
Mi sedetti e nel farlo sfiorai con i miei seni gonfi dai capezzoli appuntiti il suo braccio. Sussultò come se si fosse scottato. Era diverso da come lo avevo immaginato. Ma la forza del suo sguardo no. La violenza trattenuta della voglia che vi vibrava dentro era esattamente come me le ero figurata, in quelle lunghe ore davanti allo schermo del mio mac.
Gli afferrai la mano e intrecciando le dita alle mie iniziai a succhiargli la punta del pollice...
- Sei splendida, seducente e vibrante come le tue parole non vedo l'ora di chiudermi in una stanza con te e gettare al chiave - Lasciai che la sua voce mi accarezzasse la pelle mandandomi brividi di eccitazione in tutto il corpo e poi... Mentre il fuoco tra le mie gambe diventava incandescente e il mio sesso si apriva per lasciare che il clitoride gridasse la sua voglia con forza, premendo contro la seta sottile del mio perizoma, lo afferai per una mano e m'incamminai decisa verso il retro del locale. - Tesoro andiamo a suggellare il nostro patto in modo adeguato - gli dissi trascinandomelo dietro con sul volto dipinto uno stupore divertito e intrigato.
- Si, mia regina prigioniera -
Fu quasi un sussurro ma mi trasmise una scossa elettrica, che mi fece tremare da capo a piedi. Regina prigioniera, già, due parole che racchiudevano tutto il senso del nostro patto, del nostro gioco se poi era veramente solo un gioco.
Arrivai sul retro del locale, dava in un piccolo cortile, tipico delle vecchie case di ringhiera della mia città. Era deserto e anche scarsamente illuminato, la nebbia ovattava poi magicamente i contorni degli oggetti sfumandoli. Lo spinsi contro il muro e affondai la mia lingua nella sua bocca mentre le mie mani gli artigliavano il culo e lo premevano contro di me con forza. Mugolava nella mia bocca mentre le sue mani scorrevano avide sulla mia schiena sotto il cappotto e sollevavano con decisione l'orlo del tubino nero. Gli morsi la lingua con forza. Il suo cazzo reagì istantaneamente e mi ritrovai nel giro di pochi secondi senza fiato, schiacciata contro il muro: le gambe divaricate, la gonna sollevata sulle cosce, il tanga lacerato e le sue mani sui fianchi che scivolavano sul mio culo che sporgeva offrendosi. E il colpo violento. L'affondo totale che mi apriva. La capella nelle viscere. Piena finalmente. Colma di quell'uomo, che ora mi mordeva l'orecchio, e che avevo desiderato ferocemente per mesi. La fica colava di riflesso alle contrazioni del culo. Le mie urla. Improvvise. E subito soffocate dalla sua mano. - Godi piccola, godi da quella magnifica troia che sei- La sua voce mi sussurrava incessante all'orecchio. Spinsi con decisione il culo contro il suo cazzo. Ruotandolo. Assecondando le sue spinte. Sentendolo affondarmi nelle viscere e marchiarmi l'anima. Mentre io marchiavo la sua indelebilmente accogliendo il suo piacere fino all'ultima goccia, trattenendo il suo cazzo nel mio culo caldo fino all'ultima impercettibile vibrazione dell'orgasmo.
Lì contro quel muro. All'aperto. In pieno giorno. Nel caos della città. Come immaginavo dovesse essere. Così era stato.
Mayadesnuda