Nuvole basse all'orizzonte, il mio amico Kay è di là che si veste. Si starà ammirando allo specchio, mentre io qui in finestra guardo la strada che lucida riflette. Riflette i fari sul mio viso come uno specchietto fastidioso contro il sole. Tra poco uscirà e come ogni sera verrà a darmi un bacio, sfiorato e furtivo, che prontamente rifiuto. Mi fa schifo il suo odore, quel suo profumo dolciastro che simile a zucchero filato appiccica il naso e incolla le mucose. Mi fanno ribrezzo le sue carezze taglienti che come lame affilate spaccano la pelle senza avvertirle nemmeno, ma ti lasciano cicatrici indelebili e un dolore che avverti ogni volta che cambia stagione. Tra poco rimarrò sola, pensando a quell'uomo che sparisce nel buco nero della notte avvolgente, la solita notte, che esalta e consuma le smanie e i deliri di chi non vorrebbe mai che finisse. Ma quell'uomo io lo amo, anche ora che avrà acceso la lampada sul comodino per creare l'alone intorno ai suoi folti capelli, e davanti allo specchio aprirà l'altra anta dell'armadio per guardarsi da dietro; anche ora che nel suo cervello frulla soltanto il ritardo che sta accumulando. Lo amo quell'uomo che tante m'hanno invidiato, domandandosi incredule quale fortuna m'avesse aiutato; se penso ad ora, a come mi sono ridotta, mi sarei accontentata con molto di meno senza arrivare lassù a quel punto che poi cadere fa molto - più male - . Ora mi resta un vago ricordo di come una donna può essere felice, e mi sforzo ogni giorno a pensare che amare il proprio contrario è soltanto un dettaglio che si può tralasciare.
Ed ora verrà a darmi un bacio melenso e sfiorito come lo sdegno e la vendetta che il tempo annacqua lasciandoti uno sterile risentimento che avverto timidamente, ma non mi permette di soffrire.
- Eva allora? - Mi chiama, ma io non rispondo, distratto come sempre non troverà il portafogli; s'indigna vorrebbe che io l'aiutassi ad essere pronto, vestito perfetto e senza ritardo. Pronto per l'appuntamento da qualche parte della città che non ho mai capito dove, in quale locale casa o vizio accontenterà la sua voglia illudendosi di non provocare dolore; e in quale parte del suo cervello diluirà la sua passione, lontana comunque lontana da questa stupida donna che ostinata rimane in ciabatte. Stasera, come ogni sera mi tradirà, darà se stesso come mai non l'ho visto, come mai il suo corpo s'è abbandonato nel mio. Parlerà d'amore non ho dubbi, sussurrerà da vicino le parole che mai la mia pelle ne ha avvertito il vapore, capirà come mai m'ha capita. Distinguerà il suo profumo, assaggerà cose nuove e per nulla distratto sarà disponibile ad ascoltare. Eppure in un ricordo non molto lontano era completamente diverso, timoroso di sbagliare, insicuro di vivere, m'aveva abbracciata come quanto violenza fa solo piacere, e aveva deciso per me che il destino e quell'uomo avrebbero camminato affianco vicino. Era bello il mio Kay, come la prima volta a Trieste su un traghetto malandato che galleggiava per caso, mi prese leggero quasi involontario, dentro quella stretta cabina non avremmo potuto fare a meno, in piedi senza vergogna insinuò la sua passione, inconfondibile maschio non incontrò barriere, ma solo attriti leggeri come una donna sa fare quando vuole e non vuole. Ora mi tengo stretti quei piccoli frammenti, perché mai avrei pensato che il suo desiderio andasse distante, da questa femmina che piange alla finestra approfittando di queste nuvole basse che mischiano dolore ad acqua piovana.. E su questo davanzale fumo e non me ne faccio ragione, perché non si può lottare quando non esiste rivale, nemica, avversaria che io possa spaccarle la faccia e riprendermi quello che m'ha sottratto.
- Eva! - Lo sento, in cerca di spiccioli, sta rovistando dentro la mia borsa e mi ruba i soldi come l'amore, pochi ogni giorno come goccia cinese che m'impoverisce e depaupera essere ed avere. Lo sento mi chiama, per lui è normale, come bere un bicchiere di latte o farsi una doccia al mattino; non capisce perché non rispondo, pensa che abbia altro da fare, magari sparecchiare la tavola o chiusa in bagno per altri motivi. Ormai si è accettato e non pensa che qualcun altro possa soffrire, non comprende il disagio che mi porto di dentro anzi, non pensa nemmeno che io possa provarlo. Lo sento, sta indossando l'impermeabile nero quello con gli anelli in metallo, il rumore di ferro mi urta il cervello, non voglio vederlo vestito in quel modo, non posso accettare che tra pochi minuti chiuderà la porta per essere vero. Ogni giorno diverso, ogni giorno uguale, nemmeno una parola per dire quello che stava accadendo, nemmeno un pretesto o straccio di scusa per sforzarmi a capire meglio. Tutto scontato, tutto un dato di fatto, cominciato per caso in un giorno normale tra il rumore dei piatti in cucina e il telegiornale in salotto. - Ha un'altra sicuro! - Pensavo al tempo, mentre appendevo ingenua la sua giacca in armadio. Appallottolate nella tasca, un paio di calze di quelle che stanno da sole, mi gonfiarono il fiato e cominciai a tremare. Cercai un qualcosa che potesse calmarmi, un chissà come mai, un normale contrattempo o uno spiraglio di luce che la mia mente non riusciva a vedere. - Ha una donna, una donna sicuro! - Che mostra indecente la sua parte migliore intrappolando tra nylon e fiocchetti quel sesso privo di cervello ma gonfio di sangue e passione. - Sarà bionda la mia rivale! - Mi ferivo immaginandomela sopra la scrivania del mio dottore con seni abbondanti che tracimano grasso o teneri e infantili che non hanno bisogno di sostegno. Cercavo tra i volti una faccia lontana, stereotipo di donna che accalappia maschi calando mutande e decoro, che apre fessure e sbatte il suo rimmel invitandoli in un buio caldo e accogliente. Ma poi mi giuravo che era un falso segnale, che il mio Key non avrebbe fatto mai questo, seppure quelle calze parlavano chiaro. Tentai di strapparle. Un impeto rabbioso mi aveva assalito, mai poi le avevo odorate alla ricerca di un indizio di creme o profumo di donna stagnante; cercai di nuovo annusando la trama più scura, ma sapevano solo di nuovo e di sintetico! Forse era solo un regalo che il mio uomo non aveva avuto il coraggio di darmi.
M'illudevo, come ora m'illudo che tutto finisca, che i rumori che sento non mi siano ostili; si starà infilando nel letto e m'aspetta perché altrimenti non riesce dormire, senza la mia mano che mille volte a stretto la sua, fino a che quel tremito innocuo si è fatto respiro profondo e leggero russare.
- Eva, ma non mi senti? - Eccolo che chiama di nuovo, vorrebbe che l'aiutassi, che addirittura gli dessi consigli, come parlare o come stare a sentire, o come qualche piccolo segreto può trasformare un uomo in un'affascinante persona. Ma è difficile non posso davvero, allontanarlo da me ogni giorno che passa, allontanarlo dall'uomo che sul piroscafo continuava a godere oltre la mia voglia finita da tempo. Fu l'unica, poi solo deserto, fame e sete che s'inseguono al di là delle dune, solo carovane di beduini che mi fanno schiava di notte ed a turno a malapena soddisfano un delirio perpetuo. Non hanno donne, non ci sono bambini che potrei in qualche modo inserire nel sogno per essere meno in balia, di loro e del vento contrario che fischia e mi lascia senza forze e respiri. Sono brutti, brutti davvero, armati fino ai pochi denti che mostrano quando a stento sorridono, hanno la pelle piena di buchi che sabbia ricopre a fatica. Neanche uno bello, magari Tuareg con gli occhi profondi di lago per abbandonarmi sulle sue rive, che mi faccia schiava senza cattiveria, perché tanto non serve, quando sei pronta a dare l'anima perché il corpo oramai servirebbe a ben poco. Ed ogni sera prima d'addormentarmi prego Dio che l'incontri ai margini del suo regno o lontano nell'oasi che ogni tanto intravedo, non voglio piacergli da subito, non m'illudo, anche se il mio corpo di bianca potrebbe destargli un esile interesse; non cerco poi tanto ma che perlomeno, se fosse impegnato, mi rimandi ad un altro sogno magari domani. Mi trascino nei giorni avvertendoli appena e rimando di notte la mia vita reale, i miei desideri, spartiti con nessuno, che teneri giacciono ammonticchiati sul cuscino. Chissà cosa direbbe se sapesse davvero, che lo tradisco ogni notte con uomini veri, di quelli che pensano solo a se stessi, di quelli che mi danno quel poco perché meno non sarebbe possibile, e che ti soddisfano appena perché segui solo il ritmo del loro piacere.
- Eva ci sei? - Lo sento, mi vorrebbe complice e senza domande, salutarlo per bene e mostrarmi apprensiva come può fare soltanto una mamma che comunque è suo figlio. Drogato o delinquente è solo un dettaglio basta che torni come ogni notte perché tranquilla lei può andare a dormire. Ma non mi sento una mamma, anche se, lo confesso, ho sperato più volte che si ammalasse davvero, per stargli vicina e coprirlo d'affetto, premure che in questo istante mi è difficile dare.
- Eva allora? - Oramai è quasi pronto, lo sento, sta indossando le scarpe, quelle belle ultime comprate. Un altro sguardo allo specchio ora è pronto davvero. Cammina verso me, mi chiama e richiama. - Eva è tardi, io vado! - Il rumore del tacco a spillo mi devasta la mente, questa sera neanche quel bacio e neanche il mio rifiuto per continuare a sperare, ma non voglio vederlo vestito in quel modo, non posso accettarlo come ridicola donna che cammina da papera senza nessuna decenza.
LiberaEva