Si strofina gli occhi con la mano, li massaggia piano nella stanchezza della giornata. Il mio sguardo, felice di quella libertà improvvisa, vola sul suo collo, là dove la barba appena incolta sfrega leggera il colletto della camicia bianca, nel punto in cui la gola sporge e diventa pomo invitante. Chiama denti leggeri quel collo, e labbra a pungersi assieme al naso; invoglia la mente a costruire congetture sul segreto odore della sua pelle.
La sua mano scende come ventaglio sul viso mentre pollice e indice lisciano le sopracciglia tese. Gli occhi persi sull'affare appena concluso, la pelle che lenta scioglie la tensione accumulata prima di parola in parola.
Ora alza appena il mento, la gola si muove mentre inghiotte l'ultimo fiotto di doveri e i miei occhi sfuggono cauti prima di essere scoperti. Li tengo bassi ora, a ripassare senza vedere le righe di un pagina già conclusa.
Non mi vede; si gira appena per sistemare la ventiquattrore e ricade mollemente sul sedile. Il mondo fuori scorre veloce mentre lui rallenta il ritmo del suo giorno adeguandosi al crepuscolo inoltrato.
E poi quel gesto, così maschile eppure di una sensualità delicata di donna.
Slaccia pianissimo il primo bottone, infila indice e medio tra camicia e collo e allenta senza fretta l'oppressione del giorno muovendo impercettibilmente la testa e socchiudendo gli occhi.
Devo girare pagina o se ne accorgerà.
Inconsapevole del suo magnetismo continua allargando il nodo della cravatta rosso cupo e lasciando scivolare le mani sulla riga dei pantaloni scuri fino ad abbracciare le ginocchia rilassate e semiaperte.
Ora mi sente. E' impossibile non se ne accorga. Vibro da minuti ormai, il cuore sulla pelle e un lago caldo tra le gambe. La razionalità tenta di smontare l'eccitazione con scuse fragili, motivazioni piatte di ragione fredda, frasi fatte che non conoscono l'istinto e le sue spirali.
Mi muovo piano sul sedile di velluto, quel tanto che basta a strofinare il coccige sul tessuto, ad allungare la schiena per far fluire l'energia che mi ha preso.
Lui abbandona la testa all'indietro, chiude gli occhi e mi regala nuova libertà. Sollevo la testa dal libro, lo faccio apertamente ora, controllo le ciglia sigillate, un ultimo pudore che mi spinge a verificare se posso davvero guardarlo apertamente.
La sua gola sporge di più ora, è la posizione. Immagino la nuca piegata all'indietro, le sue vertebre abbandonate che premono l'una sull'altra e rilassano i nervi contratti. La pelle del collo rivela il respiro che rallenta, il petto si muove appena quando inspira e sembra che il fiato gli rimanga dentro senza uscire.
Sento le dita informicolite, bramano contatto. Abbasso le spalle fino a chiudere le scapole nella schiena e il seno preme sulla lana bianca del mio dolcevita. Sono immobile, eppure decine di immagini di me in movimento riempiono quel piccolo scompartimento. Io che gli sfioro un piede col mio. Io che lascio cadere qualcosa e raccogliendola tocco le sue gambe con la mia spalla. Io che faccio lo stesso ma con il mio seno duro sulle sue ginocchia. Io che appoggio le mani aperte sulle sue cosce e seguo la piega dei suoi pantaloni fino a dove muore. Io che mi alzo e mi siedo a gambe aperte su di lui strofinando il mio pube sul suo fino a fargli male.
Io che gli addento la gola.
Ecco. Questo è il mio culmine. Sentire quella carne che mi ha risvegliato sotto i denti, percepirne il sapore, la consistenza, il profumo tra naso e laringe. Una volta bloccata la preda leccarla a lungo prima di inghiottirla. Chiudo gli occhi su quel piacere immenso, stordita dal mio stesso sogno. Li apro e i suoi occhi sono dentro ai miei, a denudare ogni mio segreto, a violare la mia presunta libertà.
Arrossisco e abbasso lo sguardo sul libro ormai abbandonato, l'altoparlante chiama la fermata imminente. Mi alzo, raccolgo la borsa, apro la porta scorrevole... ma mi blocco.
In pochi istanti decido di regalargli parte della mia libertà, mi giro piano, entro con gli occhi nei suoi, ora vigili, e lungamente, senza parole, lascio che mi rubi questo desiderio perfetto.
Madamesnob