Era sulla congiunzione tra Avenida Diagonal e Plaza Glories che sorgeva l'audace monolite.
Trentacinque piani di vertiginoso e sfrontato orgasmo architettonico oscenamente battente la cittą dall'altezza di oltre centoquaranta metri.
Tanto sconcio ed esplicito di giorno, da costringere alla resa indulgente al suo clamore.
Di notte puttana in ghingheri, ambigua ed allettante nel suo abito sfumato dal blu al carminio.
Un'erezione indefessa a cielo aperto, idolo arcaico rieletto, tracotante di tale arroganza, da ripudiare ogni santuario a contenerlo.
Lo guardavo da dietro le pareti a vetro della stanza 705, al settimo piano.
Ogni mattina, mentre le tende elettriche me lo svelavano. E ancora mi ostinavo a sorprendermi.
La notte, prima di coricarmi lo osservavo a luci spente, ne pensavo il respiro sulla cittą placata. Le soffuse luci blu del lussuoso albergo in cui alloggiavo a soli pochi metri, erano nulla confronto a quel fallo, un ridicolo diversivo minore alla sua indomita magnificenza.
Manca torre Agbar. Manca la sua oscenitą schietta. Sorrisa larga in faccia a tutti. Arresa al letto di nessuno.
Inside Susan