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Racconto n° 190
Autore: Cesare Paoletti Altri racconti di Cesare Paoletti
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Amore cosmico
Guardavano incantati la tenue luce azzurrina che avvolgeva la Terra. Era uno spettacolo incredibile. Gli oceani con il loro colore blu, il verde scuro con sfumature marroni dei continenti, il riflesso della luce del sole sull'atmosfera che avvolgeva il pianeta come una sottile aura chiara, punteggiata di nuvole bianche che sembravano batuffoli di cotone galleggianti sull'azzurro. E tutt'intorno il nero senza fine dello spazio cosmico, voragine aperta verso il nulla, verso il mistero.
I due astronauti, un uomo e una donna, erano nello spazio da una settimana, a bordo della navicella spaziale che silenziosa e sicura sorvolava a velocità costante la Terra. Il nostro pianeta da quell'altezza sembrava un'oasi di pace e bellezza, contrapposta alla notte eterna e fredda che lo circondava disegnandone i confini e che sembrava volerlo inghiottire da un momento all'altro.
Avevano lavorato molto, facendo esperimenti scientifici e raccogliendo dati di vario genere, ma ora la loro missione stava volgendo a termine, e l'indomani sarebbero rientrati sulla Terra. Finalmente avevano avuto dal centro di controllo il permesso per godersi qualche ora di meritato riposo. Lui chiuse il collegamento con la base e si diresse verso la parte della nave adibita a luogo di riposo, fluttuando leggero, subito seguito da lei. Muovevano braccia e gambe come si fa per spostarsi o nuotare nell'acqua. Si sedettero sul lettino, l'uno accanto all'altra, aggrappandosi all'apposito sostegno metallico per non volare via. Indossavano entrambi una maglietta bianca a mezze maniche, un paio di pantaloncini corti e scarpe da ginnastica. La donna aveva una trentina d'anni, era di media statura, aveva un bel viso di forma allungata e leggermente ovale, due grandi occhi azzurri luminosi e vivaci pieni d'intelligenza e vitalità, un naso piccolo, grazioso, leggermente rivolto all'insù, capelli biondi, lunghi, raccolti dietro la testa. L'uomo era sulla quarantina, capelli corti e neri, viso allungato dai lineamenti squadrati, netti, naso lungo e dritto, dai contorni regolari, occhi neri e intensi che esprimevano sicurezza.
Si erano conosciuti durante i mesi di duro allenamento al centro spaziale, e fra loro era nata una sincera amicizia. Parlarono un po' del lavoro fatto, dell'imminente ritorno a terra, di quel che avrebbero fatto una volta a casa. E intanto i loro corpi si avvicinavano, fino a toccarsi, a sfiorarsi leggeri e quasi inconsapevoli, nel vuoto e nell'assenza di gravità che rendevano tutto quasi surreale. Sentivano l'uno il calore dell'altro, l'uno il respiro dell'altro, l'uno l'energia dell'altro, ed era come se quel calore animale e quell'energia vitale fossero diventati ad un certo punto un calore solo ed un'energia sola, che li avvolgeva entrambi comunicando loro le stesse sensazioni e gli stessi sentimenti. All'improvviso lui esclamò: - Adesso dobbiamo fare l'ultimo esperimento! - - Quale sarebbe? - Rispose lei, intuendo cosa volesse dire il suo compagno. Lo guardò sorridendo maliziosa, aspettando la risposta che in cuor suo già conosceva. E la risposta fu la sua mano tenera che cominciò a carezzarle il bel viso. E lei si lasciò andare a quella dolce carezza, piegando leggermente all'indietro il viso, chiuse gli occhi, e poi con la lingua sfiorò appena le dita che passavano piano vicino alla sua bocca. Lui fermò la mano, lasciando che la bocca di lei la baciasse con delicata sensualità, e sentì la sua lingua calda e umida che scivolava leggera sulle dita dandogli un brivido. Poi le passò un braccio attorno al collo, e si staccarono dal loro appiglio, e volarono, teneramente abbracciati, volarono eterei e leggeri, e rimasero per un po' così, le braccia dell'uno attorno al collo dell'altro, le teste che toccavano il tetto della navicella, guardandosi negli occhi con desiderio infinito. Lui avvicinò la bocca alla bocca di lei e la baciò, per lunghi minuti continuò a baciarla. Sospesi lassù si baciarono ancora e ancora, le lingue avvinte in una danza frenetica, godendo l'ebbrezza della libertà dalla materia, fluttuando nell'infinito come angeli incorporei. Era come godere delle sensazioni del corpo sentendosi fuori dal corpo, provare il piacere fisico ed essere al tempo stesso oltre la fisicità.
Poi le sfilò la maglietta, lasciandola a seno scoperto. Cominciò a baciarle i capezzoli, rotolando insieme a lei nel vuoto, attaccato al suo corpo come fosse la sua vita. Lei lasciò andare la testa all'indietro, mentre galleggiava felice, godendosi ad occhi chiusi l'estasi che la bocca di lui le procurava succhiandole veemente i capezzoli come un neonato affamato di latte materno. Dolcemente avvinghiati si spogliarono degli inutili vestiti, e i loro corpi nudi adesso danzavano lievi nel nulla e parevano dilatarsi nello spazio per farsi tutto al di là di tutto.
Poi lei gli cinse la vita con le sue gambe, aprendosi come un fiore al caldo bacio del sole. Allora lui entrò dentro di lei, forte e delicato, dolce e potente. E lei lo accolse tutto, umida, calda, generosa. E si sentì una cosa sola con lui, mentre la riempiva di sé. E volarono, uniti, felici, immateriali. I loro corpi d'aria e di luce si muovevano lenti e irreali come sospesi in un sogno. Uniti in quell'amplesso senza spazio e senza tempo ora sfioravano il tetto metallico e grigio, ora si ritrovavano al centro della navicella o vicino al pavimento, come trasportati da un vento dolce e irrazionale di passione. Vennero insieme. Lei si sentì prendere dall'onda potente e delicata di un piacere del quale non poteva percepire i limiti. Lui fu scosso fin nell'anima da un brivido violento e incontenibile che gli strappò un grido. E il suo succo portatore di vita si unì al caldo e accogliente ruscello che sgorgava dal desiderio di lei. E volarono ancor di più in quello spazio senza spazio. Poi restarono così, sospesi e uniti, a fermare nella loro mente l'estasi appena vissuta.
Si sorrisero con tenera complicità, prima di guardare fuori dall'oblò. Videro il buio punteggiato di stelle e laggiù la Terra, luminosa e vestita di azzurro, lontana.

Cesare Paoletti

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