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Racconto n° 1923
Autore: Unuomo Altri racconti di Unuomo
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Un regalo di compleanno
Stasera sarò tua. Tua e soltanto tua, amore mio.
Ho salutato distratta la segretaria che mi augurava un buon week end, sono salita in macchina e ho divorato i chilometri che mi separano da te, dal tuo cuore, dal tuo amore, dal tuo sesso che entrerà in me dopo che la mia lingua lo avrà reso pronto. Eccomi. Sono arrivata. Mi stai aspettando, vero? Lo so, lo capisce ogni piega recondita di questo mio corpo che ogni giorno vuole essere dissetato di te, da te.
Entro in casa, non ti vedo. Sento nel bagno di sopra lo scrosciare lento dell'acqua. Apro la porta delicatamente così come farai tu fra poco con quella che mi separa da te. Eccoti. Mi stai aspettando. Ne ero sicura. Non un bacio, non una carezza. Un ordine. Imperativo come sanno essere i tuoi: spogliati!
Obbedisco tremante di eccitazione. Mi siedo sul bordo della vasca. La luce soffusa delle candele che rischiarano questa nostra notte si mescola ai loro profumi. Ecco il cedro del Libano a consacrare me e te nuovi sensali. Ecco il profumo forte del tabacco che saluta le tue tante vite vissute prima di me, con me, dopo di me. Mi tolgo le scarpe. Il rumore delle suole che cadono sul pavimento rassomiglia incredibilmente ai battiti accelerati del mio cuore impazzito di eccitazione. Mi alzo in piedi. Ecco il profumo del sandalo che mi parla di paesi lontani, di donne che abbiamo conosciuto, amato, posseduto. Mi slaccio la gonna. Infilo le mani nel bordo interno per scrollarmela di dosso. Cade a terra come sono caduti oggi gli sguardi di maschi eccitati nello scorgere, per una frazione infinitesimale di secondo, l'incavo delle mie cosce nude. Ti guardo provocante mentre offro alla tua vista la mia rosa nuda, già bagnata. Sorrido. Non posso farne a meno quando vedo sul tuo viso l'inconfondibile colore di quella timidezza che è stata la prima cosa a farmi innamorare di te. Quello stesso colore che, a volte, copre le tue guance quando durante una sessione d'esame qualche tua studentessa, stupidamente convinta che i centimetri di coscia scoperta siano proporzionali al voto finale, accavalla le gambe fissandoti dritta negli occhi.
Stupide.
Mi tolgo in fretta maglione e reggiseno.
Ecco il profumo dell'incenso che consacra questo gesto d'amore, questo corpo che ti offro come vera puttana.
Mi tolgo le calze autoreggenti. Me le sfilo lentamente mentre le dita della mano mi accarezzano le gambe.
Mi immergo e accendo l'idromassaggio. Voglio che i getti d'acqua mi colpiscano languidi come fra poco mi colpirà la tua lingua. Mi vengono in mente pagine di un libro che mi regalasti quando, a vent'anni, decidesti che sarei stata tua. Mi viene in mente quel bagno, quella doccia e quella donna che seduce l'amica appena conosciuta masturbandola col getto d'acqua. - Aspettami in camera - ti chiedo. Tu obbedisci. L'acqua aggiunge calore al mio corpo. Voglio assaporare ogni istante come fosse un lungo, ininterrotto preliminare in cui la tua assenza sia sublimata dall'eccitazione dell'attesa. Mi sciacquo velocemente la schiuma di dosso. Mi asciugo. Lo faccio con attenzione metodica, puntuale. Non voglio gocce d'acqua sul mio corpo. Voglio la tua lingua, la tua saliva che delicatamente umetta angoli conosciuti ma sempre nuovi ché per noi ogni volta è come se fosse la prima volta. Apro il mio guardaroba. Indosso una sottoveste di seta nera con le giuste trasparenze ed un perizoma in raso nero. Prendo dal ripiano in baso a destra un piccolo beauty case. Prima di raggiungerti decido si scendere. Frugo nella nostra discoteca alla ricerca di un brano, di una melodia che segni il ritmo di questa notte di sesso. Infilo un CD nello stereo e la voce roca, struggente di Aretha Franklin inonda le stanze. Entro nel ripostiglio. Scelgo un paio di sandali alla schiava. Me li infilo e poi li allaccio ai polpacci. Apro la porta. Sei a letto. Ti guardo e mi sento così felice di essere puttana per il mio uomo. Mi avvicino. Ti accarezzo. Apro la cerniera dei jeans. Li tolgo e li getto per terra. Sfilo i calzini e poi con la lingua inizio a baciarti e leccarti. Guardo soddisfatta il gonfiore dentro i boxer che cresce mentre mi avvicino al tuo inguine. Li abbasso delicatamente. Il tuo membro fuoriesce grato per l'inaspettata e ritrovata libertà. Lo accarezzo. Lo stringo fra le mani. Mi piace sentire il pulsare del sangue che scorre nella vena. Inizio a succhiarlo. A bagnarlo. Lo masturbo delicatamente mentre con la punta della lingua ti lecco lo scroto.
Me lo infilo ancora in bocca. Vorrei ingoiarlo. Vorrei soffocare del tuo cazzo. Vado su e giù guardandoti negli occhi. Voglio che tu capisca che mi piace. Voglio che tu capisca che sentirmelo in bocca è antipasto di quel che proverò quando entrerai in me. Adesso mi alzo. Mi scrollo di dosso la vestaglia. Ti do le spalle mentre sfilo il perizoma. Non voglio che sia fica quel che vedrai. Non voglio che sia il mio pelo nero che copre una porta già aperta tante e tante volte. No stasera voglio che sia culo. Sì, stasera voglio che sia l'orifizio stretto, ancora vergine, la porta chiusa da cui tu entrerai in me. Sempre dandoti le spalle afferro il beauty. Lo apro. Tu ancora non capisci, vero? Prendo un vasetto e te lo porgo. Dallo specchio ti guardo mentre lo prendi in mano, ne leggi l'etichetta. Gli occhi vanno dal vasetto al mio buco che oramai e vicinissimo alla tua bocca. Ora hai capito. Mi piego leggermente in avanti. Allargo le cosce. La tua lingua inizia a bagnarmi. E' un battesimo profano ma così eccitante quello cui sottoponi il mio culo. Sei insaziabile. La tua lingua è così vogliosa di me! Ora ti inumidisci le dita con la saliva ed inizi ad allargarmi lo sfintere. Piano, dolcemente. A quante donne hai riservato queste attenzioni prima di me? Quante ti hanno concesso la loro seconda verginità prima di me? Quante? Te lo chiederò. Ma un'altra volta. Stasera una sola frase sarà quella che udrai provenire dalla mia bocca. Una sola frase ma non è ancora arrivato il momento di pronunciarla. Ora le tue dita si bagnano di pomata e iniziano ad entrare come chiave che si infila nella serratura. Mi rilasso. Ogni volta che avverto la fatica delle dita espiro profondamente. Ti fermi. Apri il cassetto del comodino. Estrai un preservativo. Mi piace questa premura. Lo so che la prima volta fa male e con quel cappuccio in gomma renderai più facile al tuo sesso entrare nel mio sfintere. Ti alzi. Mi pieghi ancora un po'. Lo prendi in mano e lo appoggi delicatamente all'orifizio. Sento che inizi a premere. Ad ogni tua pressione entri sempre più in me. Ecco. Adesso c'è un po' di dolore. Lo capisci e ti fermi. Lasci che la mia mano accarezzi la mia carne che oramai gronda di umori e di eccitazione. Mi è sempre piaciuto masturbarmi davanti a te. Ora riprendi ad entrare. Il dolore è quasi insopportabile. - Lo vuoi veramente? - mi chiedi premuroso. Annuisco e per convincerti decido improvvisamente di spingermi addosso a te. E' un dolore lancinante quello che mi pervade. E' un lampo. Un fulmine che saetta a distruggere ogni mia resistenza, ogni mia convinzione, ogni retaggio di una cultura che non mi è mai appartenuta. Il glande mi accarezza le profondità più intime, più recondite. Mi piace. Mi piace tantissimo. Non lo credevo. Non lo sapevo. Sto godendo. Sì sto godendo. E adesso è giunta l'ora. Attraverso lo specchio i miei occhi accarezzano i tuoi. Il mio viso, stravolto dal piacere che ha sublimato il dolore, è incollato al tuo. Apro leggermente le mie labbra. Il cervello comanda ai polmoni di modulare il fiato affinché le corde vocali facciano spartito e melodia dell'aria: - Inculami – ti chiedo – inculami mio amore; buon compleanno - .


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