Te lo ricordi quell'albergo? Quello che oltrepassavamo sul lungomare nelle nostre passeggiate di primavera. Bianco e silenzioso, gli scuri di legno turchese intenso a gettare la memoria nel mediterraneo più vero. Vuoto in quei giorni di spiagge sgombre, se ne stava pacifico al sole e coltivava sogni, i miei.
Ad ogni camminata - le mattonelle di cemento grigio e rosso ad anticipare tiepide la bella stagione - sbirciavo tra i vetri delle grandi finestre coloniali, il passo che rallentava inconsciamente e tu che sorridevi di quella mia strana attrazione nivea.
Se chiudo gli occhi ne vedo ogni particolare anche ora, persino quegli angoli scrostati dal sole che hanno riverniciato di bianco accecante senza troppa attenzione.
La prima volta che l'ho visto ho pensato all'atmosfera immobile del Grande Gatsby, intravedevo le tende alte e candide uscire e gonfiarsi nella brezza salata, immaginavo il mobilio essenziale, lucido e fermo in quel tempo senza fretta.
Col passare dei mesi, in quelle domeniche rubate solo per noi, ho visto quella Casa Bianca aprirsi, popolarsi gradualmente di coppie eleganti, semplici e desiderose di un angolo di tregua dove posare gli occhi, dove lasciare che lo sguardo si tingesse di blu profondo. Le ho osservate far colazione coi capelli screziati dal sole che filtrava dalla pompeiana, le ho viste uscire mano nella mano sugli scalini smussati e affondare i piedi nudi nella sabbia calda e scura.
Forse è per questo che oggi te ne parlo, qui, seduta davanti al pranzo veloce, con gli occhi che rifuggono dalla televisione e cercano aria oltre il nostro piccolo terrazzo, nel cielo grigio di questa primavera che tarda a venire.
Te lo ricordi quell'albergo? Casa Bianca Al Mare si chiamava vero?
Comincio a parlare a te, ma poi smetto di guardarti, la forchetta si poggia lenta sul piatto e racconto il mio sogno ad occhi aperti. Vomito fuori il mio desiderio come fosse fumo che stringe il respiro. Parlo piano, la voce bassa che non chiede ascolto, l'anima che sguscia fuori nel vento a scuotere i rami ancora secchi e trasformare il sogno in bisogno.
Io e te in quell'albergo. Tre giorni. Tre giorni soltanto. Il sole che solletica le ciglia e la pelle che tira il sorriso per l'aria di sale. No. Niente calura, solo tepore che riscalda piano, come una mano che preme senza stringere. La stanza in alto, quella centrale che dà sul mare, con la balconata bianchissima. Lasciamo le finestre aperte. Liberiamo quelle tende vuoi?
Facciamo l'amore per ore. Dimentichiamoci di mangiare. Scendiamo tardi. Il cuoco riderà delle mie guance arrossate e ci riscalderà gli avanzi. Cammineremo scalzi nel crepuscolo, la sabbia ancora calda di giorno ci coccolerà rassicurante e scherzerà tra le dita. Tu mi stringerai sulle spalle, io nasconderò il naso nel tuo collo, e poi salirai di sorpresa col braccio e mi arrufferai i capelli. Il mio ‘ma daaiiiii' rivelerà una felicità danzante e gli occhi si abbracceranno muti.
Sposto gli occhi su di te ora. Non ti vedo. Mi guardi piangere sul piatto. Mi accarezzi spiazzato mentre ti dico tutto ciò che sento. So che mi ami. Lo so. Ma ho bisogno di sentirmelo addosso. Restiamo qui se vuoi, ma portami via dentro di te.
Madame
Madamesnob