Dentro la poltrona Barbara era a suo perfetto agio, chiuse gli occhi e reclinò leggermente la testa sulla spalliera per meglio assaporare la musica lenta che stordiva l'aria della stanza e il gin che saliva a confonderle i pensieri.
Nemmeno si rese conto della carica erotica di quel gesto; le gambe elegantemente accavallate, le dita sottili che tenevano il bicchiere, nell'altra mano una sigaretta gentile sprigionava le sue note azzurrine a mescolarsi con la musica.
Federica la guardava dal divano di fronte, mollemente sdraiata; in balia del suo bicchiere, sfiorava con gli occhi la seta delle calze della sua donna e pensava a come avrebbe voluto infilarle le mani sotto la gonna nera e accarezzarla piano; sollevarle la leggera camicia di voile e insinuarsi dentro il suo bustier d'altri tempi, slacciandole le stringhe lentamente.
La eccitava ammirare quei lacci sciolti sulla carne bianca come il pensiero delle calze tirate via in una carezza e quel corpo non del tutto svestito, palesemente compiaciuto delle attenzioni ricevute e non completamente preso, distratto ancora dall'alcol e dalla musica.
Avrebbe voluto baciarla intensamente partendo dalle caviglie nude e, risalendo piano fino all'incavo del ginocchio, leccarne la piega dolce, ogni curva, fino ad arrivare tra le sua gambe...allargarla piano e bere, bere copiosamente l'ambrosia che la stordiva.
Barbara sembrò averla letta nel pensiero... aprì gli occhi e la vide, completamente ubriaca di sensi.
Poggiò lentamente il bicchiere sul tavolino basso, spense la sigaretta nel posacenere di cristallo e si alzò come una gatta, miagolando eros verso il divano dov'era distesa Federica.
Lei la guardò senza interrogativi a riempirle la mente... la conosceva così bene che già si eccitava al pensiero di quello che le avrebbe fatto da lì a poco.
E infatti Barbara non si fece attendere. Si avvicinò a lei, le prese con delicatezza il bicchiere del gin dalle mani e lo poggiò sul tavolo, senza staccarle i suoi occhi d'ambra di dosso si alzò la gonna in quel gesto estremamente seducente che sapeva piacerle tanto, fin sopra le gambe, e le si sedette in grembo, con le cosce aperte, come sopra un uomo.
Con i suoi capelli, con tutta la malizia di cui era capace in quel momento, le accarezzò il viso, facendo scivolare la lingua sul collo di lei, poi sulle spalle, scendendo fino ai seni, coperti ancora per poco, finché non glieli scoprì a piccoli morsi che lacerarono quasi il sottile tessuto della camicia.
Federica la afferrò per i fianchi rotondi e la strinse a sé, sussurrandole ogni desiderio scomposto sui seni. Barbara si raccolse i capelli femmina a mille, e li appuntò con il fermaglio che teneva tra i denti.
Le ciocche ribelli sfuggirono a ogni controllo e assieme ad esse la voglia di entrambe esondò come fiume in piena dagli argini. Le mani non seppero più trattenere alcuna voglia e cominciarono a cercarsi, a intrecciare le dita come le lingue, ad incollarsi il corpo contro il corpo, a sentirne le vene pulsare, i battiti accelerare inconsapevoli di quello che stava accadendo lì fuori.
Federica tuffò il suo bellissimo viso tra i seni di lei, un vago odore di chanel le salì dalle narici al cervello mentre aspirava più a fondo la sua pelle a percepirne ogni sfumatura, a morderle piano la carne, a succhiarle le piccole insinuanti sommità di ogni seno... Barbara non riusciva a staccarsi, la teneva forte stretta contro di sé, mentre lungo le cosce le colava dolcezza a bagnare anche le gambe di quell'amante meravigliosa che la faceva fremere sempre di brividi nuovi.
Nessuna piega delle sue braccia, nessun incavo era più un segreto per la lingua, per la bocca di Federica che la esplorava, la assaporava come si fa con un buon vino.
Barbara ebbe il tempo di riprendersi appena un attimo prima dell'orgasmo, appena il tempo per staccarsi dolcemente da lei; la lasciò gradualmente così, con gli occhi persi, il cuore in tumulto, i sensi accesi a mille... La tenne a sé solo per mano e la fece distendere sul divano, rosso come la passione che aveva per lei.
Conosceva cosa le dava piacere, e glielo diede. Con somma, sfiancante lentezza le sfilò i vestiti di dosso, mentre lei attendeva di capire il gioco che aveva stabilito di giocare, prese dal bicchiere il ghiaccio, se lo passò in bocca, poi lo fece scorrere nella sua; pochi istanti prima che si sciogliesse lo riprese tra le dita e lo passò giù per il mento di lei, lungo il collo, nell'incavo tra i seni, lungo il ventre fino ad arrivare lì dove sarebbe tornato acqua.
Federica rabbrividì a quel contatto caldo/freddo e inarcò tutta se stessa contro quella sensazione di attesa che le divorava la carne.
-Ti voglio dentro- le disse piano... e Barbara si accese in un sorriso radioso.
Lo stereo continuava a stordire con la sua musica in sottofondo... Barbara carezzò a lungo il collo della bottiglia che era rimasta ad attendere le sue mani, la portò alla bocca, svuotò il contenuto addosso ai suoi seni e invitò Federica ad asciugarle ogni goccia con il respiro.
Federica non se lo fece ripetere due volte, si incollò alla pelle della sua donna, leccò avidamente ogni centimetro di pelle mentre lei, maliziosa, faceva scivolare contro il suo corpo il collo della bottiglia, tra i seni, lungo il ventre, fino a giungerle in mezzo alle cosce che accarezzò piano, facendosi precedere dalle dita impertinenti... e le fu dentro.
Il contatto con il vetro la fece trasalire, fu solo un attimo, poi gustò fino alla fine quel tormento freddo/caldo. L'orgasmo esplose inaspettato e la sfinì contro la spalliera del divano, mentre Barbara, instancabile, leccava avida ogni goccia.
- E adesso, mia calda gattina, tocca te - le disse sottovoce, mentre ancora ansimava. Barbara provò a dire qualcosa, ma Federica le aveva già tappato quella bocca meravigliosa con un bacio. Le mordeva piano le labbra, le pieghe morbide del collo; l'attirò a sé e con l'altra mano, circondandole le spalle, le bloccò i polsi sulla schiena. La sovrastava di poco in altezza, ma la passione, la foga che metteva dentro mentre le faceva l'amore a morsi non lasciavano spazio a nessuna replica. Barbara aveva ancora addosso la sua gonna nera e la camicia di seta sbottonata lasciava scoperti due seni perfetti. Federica glieli conquistò a morsi piccoli e profondi, le tormentò lievemente i capezzoli ritti con la punta della lingua; mentre finiva di spogliarla con una mano sotto la gonna stretta le coglieva dalle gambe gli umori che colavano a rigargliele copiosi: quella notte l'avrebbe spogliata anche dell'anima.
Le infilò un dito nell'umido nido e se lo portò alle narici, poi alle labbra, lo passò su quelle di Barbara, nemmeno il tempo di farla pensare, nemmeno un attimo... e scese lungo i fianchi, le spostò con i denti la leggera stoffa del perizoma, sostituì le dita con la lingua e poi ancora dita e poi lingua... caddero insieme sul divano e fu sesso esaltante.
Abbandonarono ogni ruolo e ogni senso avvinghiandosi strette l'una al sesso dell'altra.
Barbara deliziava il palato con gli umori della compagna che per poco non venne godendo a mille di quella lingua che la accarezzava calda in mezzo alle cosce bagnate; il sesso sfrenato era frenato solo dal piacere intenso dell'una che, avvertitolo dall'altra, ne faceva rallentare il ritmo nella ricerca spasmodica di un orgasmo simultaneo. E l'orgasmo arrivò, esplose in una miriade di aghi nel cervello, in quello di entrambe, forte, intenso, incontenibile, mentre le parole esaltanti cedettero il posto a un'infinita, voluttuosa, arresa alle carezze.
Erato