La porta ha una semplice cornice, una scritta rossa su fondo nero, "frammenti immobili di me", si apre silenziosa su una stanza ampia, quadrata, completamente nera, totalmente vuota, tranne una sottile colonnina bianca al centro, sovrastata da un bacile in bronzo; un'intensa, accecante luce, diffusa da un grande lucernario sul soffitto illumina la scena.
Alle pareti quattro grandi fotografie, senza cornice, esposte alla luce intensa e purificante del sole.
Quadro uno. La Passione.
Sono in piedi, le braccia alzate al cielo, i pugni chiusi, stretti fino a sbiancare le nocche, i muscoli delle braccia tesi allo spasimo che, come funi marinare, si tendono lungo la schiena e il collo.
Lo sguardo al cielo, gioioso, la bocca spalancata in un muto grido che esprime insieme piacere, esultanza, esaltazione, immobilizzato così dall'obiettivo freddo e distaccato.
Lo sguardo dell'osservatore cade quindi sullo sfondo, sul lungo, dritto palo che si staglia alle mie spalle, quindi sulle fitte, ondulate maglie della rete, infine sulla bianca e tonda sfera ormai immobile sull'erba, mentre tristi mani calzati di guanti in gomma si protendono a recuperarla dal fondo della porta.
Sulla fronte, salate e copiose gocce di sudore scivolano voluttuose lungo il volto, la nuca ed il collo, ed anch'esse sembrano gioire alla luce del sole.
Quadro due. La Tentazione.
Un grande letto a baldacchino, legno scuro lungo le colonne tornite, lenzuola bianche scomposte, ammucchiate lungo il fondo del letto, ribaltate sul pavimento.
La rossa luce dell'alba come una spada fiammeggiante illumina la scena, io sono disteso nudo, supino, evidentemente addormentato, le membra rilassate, il corpo abbandonato tra le sapienti mani di morfeo.
Accanto solo i resti della sua presenza, le sottili funi di seta nera che ancora legano i miei arti alle colonne del letto, la benda adagiata accanto all'orecchio sul cuscino, evidenti macchie di umidità, di sesso sfrenato, adornano il copriletto come decorazioni di battaglia.
A terra si intravedono appena un sottile perizoma blu notte strappato, un sandalo nero, il cui laccio alla schiava si dipana intorno al tacco lungo e sottile come ad imprigionarlo e, da sotto una corta gonna in taffetà nero, si erge un fallo blu elettrico, connesso a cinghie di cuoio. Un paio di solitarie gocce di sudore arrossate dalla luce si illuminano ai lati dell'inguine: mute, audaci testimoni della notte di perversioni.
Quadro tre. Il Dolore.
Penombra, appena rischiarata da luce soffusa.
Disteso, le braccia allargate, la schiena nuda, molto arrossata, il dolore si espande lungo le spalle, il volto lievemente girato verso destra, gli occhi chiusi, stretti, i lineamenti tirati, le labbra sottili strette in una smorfia di sofferenza, tutto in me esprime dolore.
Il duro legno su cui sono disteso riluce umido, accanto ai piedi una ciotola di vetro, satinata, colma di un trasparente gel azzurro.
Una mano femminile, affusolata, le unghie lunghe, laccate di una tonalità perlacea, si allunga sulle mie reni, le dita umide.
Lunghi, sottili rivoli di gocce di sudore, si mischiano al balsamo all'aloe, che piano sembra quasi lenire la terribile scottatura.
Quadro quattro. La Voluttà.
Un luogo oscuro, indistinguibile, le sole fiammelle di disordinati mazzi di rosse candele accese la illuminano.
La pelle candida, liscia, pesantemente arrossata da lunghe sottili, perverse striature rosse carminio, che si intrecciano lungo la schiena piegata, lungo le natiche tremanti, le cosce sottili, persino le lisce piante dei piedi, formando arabeschi spiraleggianti, un immagine di galassie lontane.
Lei è nuda, legata stretta su un settecentesco inginocchiatoio in mogano scuro e seta dorata, le caviglie strettamente unite da una fune sottile, le spalle che si incurvano sulla spalliera, le braccia distese sul lato nascosto, con i polsi che si intravedono appena, legati alle gambe posteriori.
In primo piano il mio braccio destro spunta da una camicia bianca con il polsino rivoltato un paio di volte lungo l'avambraccio, disteso verso il basso, il gomito appena piegato, la mano chiusa intorno all'impugnatura di uno scuro, flessibile frustino.
Alcune sottili gocce di sudore solcano il polso, allungandosi in perenne attesa di lasciarsi attrarre dalla gravità e discendere a terra, per avvicinarsi a lei il più possibile.
Quadro cinque. L'Assoluzione.
Al centro della colonna, il piccolo bacile scintilla del liquido raccolto, innumerevoli gocce di sudore, testimoni di infinite, differenti eppur ugualmente personali emozioni, a disposizione del visitatore, come una diabolica e perversa acquasantiera, cui bagnarsi la fronte per assorbire scintille della loro testimonianza...
Caliban