La cognizione del dolore. Non la conoscenza. O l'esperienza. La cognizione. L'attimo di consapevolezza poetica che ti regala la comprensione. Totale. Assoluta. Di te. E del tuo essere in relazione al dolore. E' strano come per me sia legata a te. O forse non lo è affatto. Strano, intendo. Sono solo io che percepisco la disarmonia di questo sentire. Nelle viscere più che nella testa. Non lo so poi davvero. E non è nemmeno così fondamentale lo scopra. Almeno non nei prossimi minuti.
Sono sempre stata un animale notturno. Un seducente abitante del tuo mondo. Una delle variabili celate dal manto scuro dei tuoi pulsanti segreti. Mi piace sentirti vibrare violenta, crudele, sprezzante e cinica intorno a me. Mi piace muovermi all'unisono con te. Intrecciare parole, passi di danza e improvvisi colpi sotto la cintura. Con te. Lotto ferocemente. Con te. Indago nei tuoi segreti. Scruto le tue ombre. Mi rassicura esplorarle. Sono infinitamente più cupe e avvolgenti delle mie. In te trovano cittadinanza tutte le pulsioni più profonde. L'atavico istinto di sopravvivenza. Si dispiega sonoro. Metaforico ululare alla luna.
Mi piaci. E non è cosa che dica facilmente. In te c'è autenticità. Esplosione rabbiosa ma vera di magmatico dolore interiore che si colora di sangue. Si cerca il dolore. Del corpo. I segni sulla pelle. Il pulsare impazzito delle tempie. Il vibrare sonoro dei nervi al ritmo della frusta. Lo si cerca. Per trovarvi l'oblio. Lo si infligge. Per la stessa ragione. Almeno credo. Le ombre che si agitano lì in fondo alla mia anima. Ad un centimetro dal buco del culo. Le ombre che si nutrono del dolore. Onnivore divoratrici di sofferenza. Quelle, che ho coltivato con amorevole e compiaciuta cura. E quelle che proprio non sono riuscita ad allontanare, nemmeno con una sequenza di colpi da manuale del kick boxing. Le ombre. Le mie. Si distraggono un momento. Tacciono. In quelle circostanze. L'abbattersi implacabile del gatto su una schiena inarcata in offerta le zittisce. Lo stomaco si contrae per il piacere. Finalmente. E quando alzo la testa. E osservo i riflessi delle fiamme guizzare sulla pelle segnata. Tu sei lì. Scura. Inesorabile. Inevitabile. E per questo del tutto rassicurante. Amica di una vita. Cresciuta intorno a me. In me. Rassicurante nido, quando altrove non c'era nulla. E' stato bello perdersi in te. Annegare dolore nelle tue infinite possibilità di stupefacente piacere... bello, già. E'stato di più. Necessario passaggio. Vagare senza confine. Equilibrismo ardito sull'orlo friabile del baratro. Mi manchi ora. Ora che le mie giornate sono intessute di luce. Ora che ho la cognizione. Di me stessa. Soprattutto. E del dolore. Anche. Della sua insinuante presenza nell'albeggiare costante dei miei giorni. Mi manchi e torno a cercati. Meno spesso di quanto vorrei. Ti cerco nel dolore che infliggo. E in quello che ricevo in dono. Nella fierezza piegata di uno sguardo lucido di lacrime offerte. E nel sorriso stupito di chi non si aspetta che sappia accogliere oltre che punire. Ti cerco. Ma forse sono io che sono cambiata. O forse sei tu che ormai componi melodie a me sconosciute. Ma il mio sangue non riesce più a battere all'unisono con il tuo. Non ti sento. O meglio non ti sentivo. Fino a ieri. Ora quando i miei denti lasciano decori violacei sulla sua pelle tesa, sull'arco invitante del suo collo, sulla linea armonica delle sue spalle. Ora. Mi sembra di avvertire le tue note...
I will survive... già siamo sopravvissute. Sorella Notte.
Mayadesnuda