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Racconto n° 2400
Autore: LaDispettosa Altri racconti di LaDispettosa
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Credi nelle coincidenze?
- Posso? - le ho chiesto aprendo di qualche centimetro la porta scorrevole dello scompartimento.
La ragazza era seduta vicino al finestrino, la borsetta rosa appoggiata sul grembo e le trecce bionde a sfiorarle il seno compresso nella maglia attillata.
- Prego - mi ha risposto sorridendo lievemente e stringendosi ancora di più nel suo posto.
Così ho appoggiato la valigia nello scomparto dei bagagli, poi ho sfilato la giacca e, dopo averla ripiegata malamente, l'ho appoggiata sul sedile di fronte al suo.
Quando mi sono seduto, fianco a fianco con lei, il suo profumo fresco di ragazza mi è arrivato subito al naso. Odore di vaniglia.
Forse mi vedeva come un vecchietto, nei miei quasi cinquant'anni, vestito di tutto punto al ritorno da una trasferta di lavoro, mentre io spiavo, fingendo indifferenza, le sue cosce avvolte da quei jeans sbiaditi da adolescente.
- Mi scusi - mi ha detto dopo qualche minuto alzandosi e guardandomi in modo inequivocabilmente provocatorio.
Ho finto di guardare il paesaggio che scorreva fuori dal finestrino distogliendo velocemente gli occhi dalle sue labbra, che continuava insistentemente ad inumidire con la lingua.
Ho sorriso, poi ho spostato le gambe verso l'esterno per lasciarla passare, trovandomi il suo culo sodo da ventenne proprio davanti alla faccia. Mi è sfilato davanti lentamente, ed io l'ho seguito con lo sguardo finché la ragazza non è uscita dallo scompartimento.
Ho pensato che sarebbe scesa alla stazione che il treno avrebbe fatto di lì a poco, così mi sono alzato di scatto. Ma invece di scendere, la biondina ha attraversato tutto il vagone ed è entrata in bagno. Così, lasciando giacca e valigia al loro posto, l'ho seguita.
Volutamente o no, aveva lasciato la porta del piccolo cesso chimico aperta di qualche centimetro, permettendomi di sbirciare e rendendomi così partecipe di quel suo intimo momento.
Era appoggiata con la schiena alla parete, dondolandosi leggermente per assecondare il movimento del treno. Le trecce le ricadevano ora sulla pelle nuda, sfiorando con le punte i piccoli capezzoli scuri. Sembrava ancora più bionda con la luce filtrata dalla piccola finestrella alle sue spalle. I jeans sbiaditi erano scesi fino alle caviglie, mentre le mani sprofondavano e sparivano tra le cosce. Con la sinistra allargava le labbra tirandole verso l'esterno, mentre con la destra accarezzava e premeva e torturava il piccolo clitoride gonfio e sporgente.
Ho iniziato a sfiorarmi il cazzo ormai costretto nei pantaloni, mentre le sue dita sottili si facevano strada nel taglio e si cacciavano nella fica. Ha allungato la testa all'indietro mettendo in mostra il collo teso e liscio, mentre con la bocca socchiusa si preparava ad accogliere l'orgasmo.
È venuta in un coinvolgente gemito, con gli occhi improvvisamente fissi su di me, seminascosto dalla porta socchiusa. Ha tremato e vibrato finché non ha tirato fuori le dita umide e se le è appoggiate sulla lingua.
Se avessi continuato a toccarmi sarebbero bastati solo pochi colpi e sarei venuto nei pantaloni, ma l'altoparlante ha interrotto bruscamente quello strano incontro.
- Treno in stazione tra un minuto - .

- Treno in stazione tra un minuto - .
Ero così tesa.
Il treno ha emesso un fischio assordante mentre cercavo di sistemare la gonna e controllavo il trucco nel piccolo specchietto che tenevo sempre in borsa. La gente ha iniziato a scendere ed io cercavo il suo viso tra la folla.
Alla fine l'ho visto.
Pochi secondi prima che il treno ripartisse è sceso frettolosamente, con la valigia in una mano e la giacca, sgualcita, nell'altra. Mi è corso incontro e mi ha abbracciato forte.
Ho sentito subito il cazzo rigido attraverso il tessuto.
- Anch'io sono contenta che sei tornato - , gli ho detto ridendo.
Certo che dopo due settimane passate da solo in un albergo di Hong Hong è normale che un uomo abbia voglia di sua moglie.
- Come mai zoppichi? - , mi ha chiesto non appena ci siamo incamminati.
- Un piccolo incidente con il tacco della scarpa, nulla di grave. Vuoi fermarti a mangiare qualcosa? - , gli ho chiesto stirandogli la camicia con le mani per cercare di eliminare quelle pieghe fastidiose.
- Si, ho una fame che sto morendo. Dovrebbe esserci un bar qui vicino - .
Il chiosco appena fuori dalla stazione era piccolo e malconcio.
- Siediti qui - , gli ho detto indicandogli il posto di fianco al mio mentre lui stava spostando la sedia di fronte.
- Perché? - , mi ha chiesto con aria curiosa.
- Una moglie deve avere un motivo per volere suo marito vicino? - , gli ho risposto sorridendo.
Gli ho piantato una mano tra le cosce nascondendola sotto la tovaglia.
Non era più teso e rigido come quando era sceso dal treno, ma si è risvegliato all'istante non appena le mie dita hanno sfiorato il tessuto dei pantaloni.
- Ma che fai? - , mi ha detto sollevandosi di scatto dalla sedia.
- Ho sentito chiaramente che avevi voglia quando mi hai abbracciato. Rilassati tesoro - , gli ho detto prendendolo per un braccio e facendolo nuovamente sedere. - Vedrai, sarà divertente - , ho continuato ridendo.
- Volete ordinare? - , ci ha chiesto la ragazza in piedi di fronte a noi.
- Si, un caffè per me ed una focaccia per lui - , ho detto facendo lentamente scivolare la mano sul cazzo teso di mio marito e mantenendo il mio sorriso tranquillo.
La ragazza si è allontanata e lui si è di nuovo rilassato sulla sedia.
- Sei stato due settimane senza di me. Sarai pieno, qui sotto... - , gli ho detto stringendogli le palle nel palmo.
- Beh si, ma... - .
Così ho afferrato il cazzo alla base avvolgendolo nel tessuto, poi sono salita con la mano fino alla punta.
Ho stretto un po'. Sapevo che gli piaceva.
- Lo sai che sono al limite, mi farai venire nei pantaloni come un ragazzino - , mi ha detto sbuffando in fuori l'aria dopo un lungo respiro.
L'ho accarezzato lenta, su e giù, su è giù ancora. Quando si è stretto le labbra tra i denti ho dato due colpi più decisi.
- No, ferma o... - , ha sibilato mentre la chiazza si allargava sul tessuto grigio all'altezza del cavallo e lui soffocava in un rantolo - Puttana... - .
La cameriera si avvicinò a noi.
- Il suo caffè, signora - .

- Il suo caffè, signora - , le ho detto piegandomi su di lei ed appoggiando la tazzina sul tavolo.
- Grazie - , mi ha detto sorridendo. - Queste pieghe sono orrende - , ha continuato lisciandosi il tessuto della gonna.
- Aspetta qualcuno? - , le ho chiesto.
- No, devo andare a prendere mio marito alla stazione, ha passato quindici giorni a Hong Hong. Non è carino presentarsi in disordine, non credi? - , ha risposto con un sorriso lieve.
- Deve essere stato un lavoro molto importante se lo ha convinto a lasciare sola una donna affascinante come lei - , le ho detto timidamente.
- Grazie, ma tu dovresti fare il filo a donne molto più giovani di me, ragazzino - .
Ha sorseggiato piano il suo caffè, poi ha sorriso.
A me le donne più grandi sono sempre piaciute. Sono vere donne, piene di passione ed esperienza. Sono donne alle quali inibizioni e pudori scivolano via di dosso come acqua.
- Se le serve qualcos'altro, qualsiasi altra cosa, non esiti a chiamarmi - , le ho detto prima di allontanarmi dal tavolo.
Ha finito il suo caffè, ha pagato alla cassa e poi è uscita salutandomi con un cenno della mano.
L'ho seguita con lo sguardo finché, fuori dal marciapiede, non l'ho sentita imprecare.
- Cavolo, maledette... - .
Sono uscito di corsa.
- Cosa le è successo? - .
- Questo dannato tacco si è incastrato nella grata. Aiutami ti prego... - , ha detto piegandosi in avanti e mostrandomi il culo rotondo fasciato dalla gonna aderente.
Così mi sono piegato e le ho afferrato a caviglia.
- Sfili la scarpa, sarà più facile disincastrarla - .
In bilico su una gamba e con un piede nudo si è aggrappata a me per non perdere l'equilibrio, finché non ho liberato il tacco dalla grata assassina.
- Si è leggermente rovinato, mi dispiace - , le ho detto.
- Non importa, sei stato molto gentile, ragazzino - , mi ha detto massaggiandosi la caviglia.
- Si è fatta male? - .
- E' solo una storta, passerà subito - , ha risposto.
- Mi permetta di accompagnarla almeno alla sua auto - , le ho detto offrendole il braccio.
Così si è appoggiata a me per tutto il tragitto, e quando siamo arrivati davanti alla sua Mercedes cabrio, invece di lasciarmi andare, mi ha stretto più forte il braccio passando lieve la lingua sulle labbra.
Allora le ho preso il viso tra le mani e l'ho baciata. Sapeva ancora di caffè.
Mi ha spinto con la schiena contro la portiera della sua auto, premendo con la fica sulla mia gamba e continuando a dondolarsi avanti e indietro incollando la sua bocca alla mia.
- Ma signora, non sarebbe meglio... salire in macchina? - , le ho chiesto mentre con una mano si infilava nei miei pantaloni stringendomi forte l'asta tra le dita.
- Non possiamo, ragazzino. Devo andare a prendere mio marito alla stazione. Te lo tirerei fuori, ma dovrai accontentarti - , mi ha detto con la voce rotta premendo ancora e strusciando con foga il clitoride sulla mia coscia.
È venuta in un gemito sommesso mentre stringeva il mio cazzo nella mano, dando percosse decise verso l'alto e chiudendo, ad ogni stangata, la pelle attorno alla cappella.
Lo sperma le è colato tra le dita, che lei ha prontamente ripulito con un fazzolettino di carta preso dal mio taschino.
- Devo aver schiacciato qualcosa mentre... - , mi ha detto non appena ha spento l'affanno.
Ho infilato la mano nella tasca ed ho tirato fuori il cellulare.
- Deve essere partita una chiamata - .

- Deve essere partita una chiamata - , ho pensato quando il cellulare ha squillato, ma sotto non sentivo altro che strani rumori.
Ho continuato a dire - Pronto - senza ricevere nessuna risposta, così ho provato ad alzare il volume.
- Amore? - , ma nulla.
Sentivo come dei colpi a ritmo cadenzato, come se qualcuno stesse sbattendo qualcosa contro il telefono.
Ho attaccato ancora più vicino l'orecchio all'auricolare.
- Amore? - , ho ripetuto.
In sottofondo una voce che sembrava la sua chiedeva a qualcuno di salire in macchina.
Sono rimasta incerta sul da farsi.
Stavo quasi per chiudere la comunicazione quando riavvicinai l'orecchio al telefono.
- Amore? Mi senti? - , ho chiesto ancora.
Ma niente.
In silenzio ed immobile, ho ascoltato per tutto il tempo uno strano fruscio che non sono riuscita a distinguere.
Finché...
Finché una donna non si è messa a gemere e mugolare dicendo frasi sconnesse e difficilmente capibili, mentre il fruscio aumentava e rendeva l'ascolto sempre più faticoso.
Sembrava una gatta.
Una gatta in calore.
- Ma cosa... - .
Sono rimasta atterrita.
Il mio fidanzato stava scopando con qualcuno incontrato chissà dove e, cosa ben più preoccupante, aveva avuto il cattivo gusto di chiamarmi e farmi ascoltare.
Presi una treccia e cominciai a lisciarla tra le dita. Era una cosa che facevo sempre quando ero nervosa.
Quella donna ha goduto nelle mie orecchie e chissà quel porco cosa le aveva fatto.
Me l'avrebbe pagata.
Ed io perdevo tempo con uno come lui quando potevo avere tutti gli uomini che volevo. Sarebbe bastato sculettare un po', un'occhiata data nel modo giusto, ed avrei potuto avere chi desideravo.
Quello che mi faceva rabbia era che avevo fatto un'ora di viaggio e stavo per arrivare proprio da quel bastardo.
Ma non sarei scesa, no di certo.
Sarei rimasta sul treno, magari avrei fatto qualche incontro interessante e gliel'avrei fatta pagare.
Il rumore della porta scorrevole mi ha scosso scacciando via quei pensieri.
- Posso? - .

LaDispettosa

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