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Racconto n° 2407
Autore: Caliban Altri racconti di Caliban
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Mano...
La stanza è in lieve penombra, appena rischiarata dalla luce della luna che filtra attraverso la stretta e alta finestra ad arco e da quella di tre candele rosse accese sul lungo tripode all'angolo.
Un grande letto a baldacchino in ebano scuro troneggia al centro della grande camera, un mobile di rara bellezza e antichità, peraltro surclassato dalla bellezza dell'algida donna languidamente distesa sulle nere lenzuola di seta.
I nerissimi, lunghi, lucidi capelli si confondono con la seta, circondando un diafano viso, forte, imperioso, gli occhi chiusi, forse perduti in dolci sogni di passione, le nere labbra appena socchiuse, quasi un irresistibile invito.
Solo una trasparente, leggera veste in pizzo candido ricopre le sue splendide, rigogliose forme, e il profumo di rose che permea l'intera stanza non basta a coprire l'imperdibile aroma dela sua pelle, del suo desiderio.
Ecco così che la mano lenta si avvicina, sfiorando lieve percorre la fredda, delicata seta nera avvicinandosi al suo corpo, finchè le dita entrano in contatto con uno dei bianchissimi, delicati, eccitanti piedi di lei.
La donna sussulta appena al tocco, un lieve movimento di contatto tra le gambe tradisce il desiderio, la lingua sfiora rapida le labbra e gli occhi restano chiusi, non vuole perdere la visione di sogno che la sta travolgendo.
La mano quindi risale rapida, titillante lungo la caviglia e il polpaccio, solleticando e stuzzicando con la punta delle unghie la pelle delicata.
Quando giunge alla tornita coscia, i movimenti inconsci delle sue gambe si fanno più frequenti, portandole a stringersi sulla mano, quasi volessero spingerla, aiutarla a risalire ancora più rapida.
Ma la mano, terribile, supera in un balzo il fulcro del suo corpo e si appoggia ferma, pesante sul piatto ventre, mentre il pollice stuzzica e lambisce l'ombelico, provocando movimenti del corpo ancora più convulsi.
Quindi muovendo all'unisono le dita, quasi camminando sulla pelle, giunge nel profondo solco che si delinea scuro tra le piene colline.
Accarezza il collo, seguendone piano i contorni, solleticando ogni luogo sensibile del volto di lei, sfiorando appena gli occhi sempre chiusi, indugiando sulle labbra tumide, finchè la rossa, calda lingua della donna, non potendo più resistere, lambisce la punta delle dita attirandone una all'interno dell'ardente bocca, leccando e succhiando.
Il dito scivola quindi via dalla bocca, disegnando un'umida scia lungo il mento e la gola, saltando poi improvviso sul seno, sul rigido ed eccitato capezzolo, che viene poi stretto, stuzzicato quasi alla soglia del dolore.
Finchè tra i mugolii trattenuti a stento torna a discendere, questa volta fermandosi proprio nel luogo così ardentemente desiderato, ed eccola infine farsi strada abilmente sotto il pizzo.
La mano si stringe sul suo inguine facendola sussultare, quindi le abilissime dita iniziano una danza sul suo ventre, come il miglior Chopin suonano un'assoluta armonia di sfrenata sensualità.
Il pollice vellica il clitoride, con ampi, lenti, sinuosi movimenti circolari, facendolo vibrare di eccitazione, mentre l'indice si fa agile strada nel caldo umido interno, seguito rapidamente dal medio.
Infine è l'audace anulare a solleticare lo stretto piccolo foro inviolato, e a farsi abile strada per completare l'opera.
Quindi il movimento della mano si fa uniforme, continuo tra i sospiri sempre più forti di lei.
Il volto arrossa di piacere e passione, la bocca si apre in ansiti ritmici, le mani di lei si stringono alla nera seta del lenzuolo, contraendo i pugni nell'imminenza dell'estasi.
Infine gli occhi si spalancano, quando un urlo liberatorio segna l'apice del fortissimo, inesauribile orgasmo.
La mano rallenta, accompagnando le ultime contrazioni del piacere, e i sospiri di lei diventano piano un controlalto e lento respiro, mentre il suo corpo si inarca di soddisfazione.
Quindi le dita, quasi a malincuore lasciano umide quel dolce caldo luogo di piacere e si allontanano.
Morticia allarga le braccia stiracchiandosi soddisfatta tra le nere lenzuola, quindi rivolge lo sguardo verso la scatola sullo scaffale che si sta chiudendo, e mormora con voce suadente:
- Grazie Mano! -

Caliban

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