- Che serata di merda - . Lorenzo si soffermò ancora per qualche
istante sulle immagini provenienti dal televisore, la sua Inter
era appena stata eliminata dagli ottavi di Champion's League da
una modesta squadra spagnola. I giocatori iberici esultavano festanti mentre quelli con maglia nerazzurra abbandonavano il campo a capo chino, travolti dai fischi provenienti dagli spalti di S. Siro, i tifosi erano imbestialiti.
Con un moto di rabbia spense il televisore e si abbandonò sul letto
di quell'anonima camera d'albergo di quella grigia città dov'era finito: Düsseldorf.
Guardò l'orologio, era quasi mezzanotte. Ripensò all'entusiasmo con cui, una
settimana prima, aveva accolto la notizia del viaggio in Germania per
rappresentare la sede Italiana al meeting informatico promosso dalla
casa madre tedesca.
Era un Mercoledì di pioggia battente, uscire non era una buona idea.
Per un attimo meditò di concludere quella sua ultima notte da straniero
cercando rifugio in una ristoratrice dormita, ma la tensione accumulata
durante la visione della partita non accennava a stemperarsi.
Decise di condurre se stesso fino al Bar dell'Albergo.
Poca gente in giro, solita clientela internazionale, qualche
immancabile nipponico con macchina fotografica incorporata, un paio
di Scandinavi imponenti e massicci troneggiavano al bancone del bar con un boccale di birra in mano e una piccola pupa dai lunghi capelli mori, che doveva essere spagnola,
troppo bassa per il metro e novanta abbondante da cui si ergeva Lorenzo.
La considerevole statura, unita ai capelli biondo scuro ed agli occhi
di un vivido celeste, rendevano il suo aspetto più vicino agli
stereotipi sassoni che a quelli latini e lui si era sempre compiaciuto
di ciò, giocando a volte a fingersi straniero in Patria.
Poi la vide. Lei era lì, una sigaretta accesa tra le dita, i lunghi capelli
biondi a scenderle sulle spalle, sola e seduta, quasi adagiata, su
uno sgabello del Bar.
Innestando il pilota automatico Lorenzo le si avvicinò, si sedette sullo
scranno accanto e col suo inglese dall'accento affettato si ritrovò a
dire: "Would you like a drink?". La bionda lo squadrò di sottecchi,
valutandolo con attenzione, per poi rispondere affermativamente.
Parlarono del più e del meno con qualche difficoltà derivante dal fatto
di non esprimersi in lingua madre.
Lorenzo dedusse che la donna era tedesca, ma gli importava relativamente
poco, in lui si stava facendo strada l'idea di una salutare, prossima
scopata a rivalutare quella serata fin lì condotta col piede sinistro.
La bionda ci stava, ne era sicuro. Stava per produrre l'attacco
finale quando lei lo freddò dicendo che si era fatto tardi ed era sua
intenzione rientrare in camera.
L'uomo annuì e si risolse ad accettare la realtà tornando anch'egli
nei propri appartamenti.
Raggiunsero insieme l'ascensore, la donna premette il bottone
contrassegnato dal numero 5, la stanza di Lorenzo era al settimo, la
consueta situazione di imbarazzo tipica del ritrovarsi nella cabina
di un ascensore venne rimossa da un gesto improvviso della bionda:
fissandolo negli occhi, si contornò le labbra con la lingua, un gesto che
in ogni idioma si traduce nell'invito a darsi eroticamente da
fare. Lui le si avvicinò ma, proprio mentre si apprestava ad
abbracciarla, l'ascensore fermò la sua corsa.
La bionda uscì voltandosi all'indietro e Lorenzo, sentendosi incoraggiato e provocato nello stesso modo, la seguì. La donna sorrise ambigua aprendo la porta della stanza col
tesserino magnetico. L'uomo ebbe un attimo di incertezza sul da farsi
ma lei lo trasse d'impaccio, si voltò sullo stipite e muovendo l'indice
della mano destra lo invitò ad entrare.
Fu un trionfo di baci, palpeggi, leccate, piccoli eccitanti morsi,
poi la donna si risolse a manovrare lesta sulla cintura dei pantaloni
di lui, con consumata arte lo liberò di quell'inutile orpello, si
inginocchiò baciando il cazzo ormai eretto dell'uomo da sopra gli slip.
Senza dire una parola sfilò poi l'ultimo confine posto a guardia del
piacere.
Lorenzo socchiuse gli occhi attendendo l'attimo in cui la bocca di lei
avrebbe ghermito il suo uccello turgido.
Fu un pompino maestoso, la normanna ci sapeva davvero fare alternando
leccate e succhiate, sguardi complici ed un ritmo dapprima lento e poi via via sempre più sollecito, fino a raggiungere il momento magico dell'orgasmo.
Leccò ogni singola goccia di sborra come fosse miele poi si accasciarono
sul letto e tornarono a fluire le parole.
Lorenzo le disse che non sapeva nemmeno il suo nome dimenticando che anche
per la donna lui era un perfetto sconosciuto.
La bionda replicò, riappropriandosi in fretta dei suoi succinti indumenti e ancora in Inglese: - I'm from Arese, a little town not far away from Milan - .
Restò basita osservando la risata convulsa con cui Lorenzo accolse quella
frase. - An Italian man from Rho, just near Milan - .
Si era finalmente presentato.
Rossogeranio