Siedo qui, dopo ore di nulla, dopo vuote parole, dopo sogni senza forma e chiedo alla mente di raccogliere le sensazioni che il mio corpo mi ha dato in questi giorni.
Dove porta questo sentiero? Dove giungono quegli sguardi?
La consapevolezza dell'essere è più ardua di quella dell'agire, ma a volte si mescolano ed ora,ispirata, mi lascio cullare dalla noia e dalla fantasia. Il dolore, la paura irrazionale sono fuochi che confondono la vista, ma rendono più acuto il sentire.
Una voce suadente sussurra nel silenzio dell'ospedale. Libera la tua testa dalle briglie dei perché, lancia al galoppo la congerie dei desideri che ti scorrono dentro, quando il dormiveglia apre le porte al sonno.
Sono sopita, non voglio pensare, non con questo grigiore, con questo rumore intorno.
Come posso ritrovare fantasie che ribollono nella parte più notturna di me? Raccontare di dita che scivolano sulla pelle per un istante più lungo del necessario? Con delicatezza e curiosità le sento indugiare sul calore che emana il mio stomaco, cerco di ignorare questo contatto sempre meno casuale.
Ecco, è finito. Il lenzuolo torna a coprire giochi ed illusioni. Non è questo il luogo, non è questo il tempo.
Ascolto le chiacchiere che accompagnano questo pomeriggio, tengono compagnia, come la cenere che dà un aspetto più familiare alle braci che ardono sotto.
Sono racconti di storie andate, di amori consumati in un tango da balera, racconti di silenziosi sfioramenti, di tenerezze sussurrate su panche di legno. Hanno una loro struggente dolcezza, come le donne che le raccontano.
Guardo il loro volto che si fa più luminoso mentre rammentano ciò che poteva essere e non è stato. E so che è ancora così per noi che viviamo la libertà delle relazioni, mentre ci dibattiamo nel vischio dei sogni.
Voglio l'acqua, voglio sentirla scorrere sul corpo, trascinando via la scintilla che stanotte mi ha fatto attorcigliare le lenzuola tra le cosce. Sento ancora le sue dita soffermarsi impercettibilmente sul ventre, premere.. Mi asciugo con efficienza, strofinando fino ad arrossare la pelle.
Torno dalle mie Parche del sentimento che ora riposano come gatti al sole. Mi sento meglio, quest'energia deve liberarsi, però. Esco in uno svolazzo di vestaglia, le mie gambe frustano il cotone della camicia da notte mentre percorro il lungo corridoio in penombra. Un saluto accennato ed uno sguardo nella mia direzione. Pare quasi timido, distratto, forse non mi ha neppure notata, ma i suoi occhi entrano nei miei e devo allontanarmi.
Al mio ritorno trovo le Parche turbate, mi hanno spostato di stanza. Vorrebbero tenermi con loro, vegliare sul mio sonno come già è accaduto, ma quel letto è destinato ad altri, pare.
La nuova dimensione è di tutto riguardo, una singola con bagno, mio eremo e mia estasi. Ripongo oggetti e tessuti con calma, le mie Parche sovrintendono con piccoli movimenti del capo, quasi a dirigere una sinfonia. Sono la loro creatura. I miei anni da vivere mi rendono bellissima ai loro occhi che percepiscono ogni mio gesto come un rituale. E forse lo è, scandito com'è da nuove ore e da vecchi pensieri.
Guardo scendere la sera e vado incontro alla notte, tra le lenzuola candide sono una macchia di colore e di attesa.
Non so perché, ma il corridoio silenzioso sembra annunciarmi una presenza, i suoi capelli scuri, il suo corpo asciutto, l'odore pulito di chi si è appena liberato della stanchezza della giornata sotto il getto possente della doccia.
Non voglio mentirmi, so che l'orario delle visite è terminato, so perché è qui e sfiora il mio braccio abbandonato sulle coperte, scosta i capelli dal viso, attende una mia reazione.
Resto immobile, godendomi sul collo le sue dita ritrovate. M'impongo un respiro regolare, lento, ma il cuore mi tradisce e batte sordo sotto i suoi polpastrelli. Mi giro su un fianco, mormorando qualcosa ad un sogno, prima che lui trovi il mio seno.
Ed è ora la sua mano intera a possedere la curva del mio fianco che non mi difende. Un massaggio quasi impercettibile che lo porta sotto le coperte, sotto la camicia da notte a scoprire la mia tensione, la mia voglia di finta addormentata.
Sento il suo respiro sul mio collo mentre si allunga accanto a me, so bene che dovrei ribellarmi, anche per lui che viola l'etica e la mia volontà, ma qualcosa brucia tra noi e mi consuma.
Posso scegliere.
Abbandonarmi al suo corpo duro che preme per aprire il mio o risvegliarmi alla virtù offesa.
Voltarmi per bere il suo bacio o aprire le labbra per opporre un rifiuto..
Allacciargli le braccia al collo o premere i pugni contro di lui per cacciarlo.
Scoprire la sua pelle a poco a poco o cercare di coprire le cosce che lui ha già risalito.
Giocare con le sue membra tese e la loro durezza o ritrarmi dalla carezza insinuante che mi schiude.
Inarcarmi all'adorazione della sua lingua sul mio petto o contorcermi per liberarmi.
Fremere sotto la tormentosa discesa della sua bocca sul mio ventre o lottare perché non saccheggi ancora la mia intimità.
Si ferma un istante, affonda gli occhi nei miei, lasciandomi la scelta, ma non sono brava nel gioco nel rimpianto; un gioco con regole tutte sue, così difficili per questo mio corpo fuorilegge che ha deciso prima della mia testa e che ora si rifugia nella foresta del desiderio senza ritorno.
Sento il suo sorriso sopra di me, più che vederlo, un istante prima che la sua bocca copra la mia e che le sue mani aprano le mie gambe.
Lo sento pulsare mentre scivola in me e intreccia le mani alle mie prima di iniziare un nuovo, tormentosamente lento affondo e un altro e un altro ancora. colmo della consapevolezza di aver sentito la mia voglia incondizionata sotto le dita.
Non mi lascia muovere, quasi, non sa che è quello che desideravo questo suo essere qui, sopra e dentro di me, dominando ad ogni spinta la mia febbre, lasciandosi stringere dal mio calore mentre mi sciolgo intorno a lui, senza fine.
O forse lo immaginava e per questo ora si lascia cadere su di me come un gladiatore stanco, ma vincente.
Non riesco a muovermi e rimango lì tra il letto ed il sogno finché le tende si aprono e la luce giorno mi riporta il sorriso delle Parche ed il profumo del tè.
Madkitten