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Racconto n° 2493
Autore: Morgain Altri racconti di Morgain
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Apri la porta e mi fai entrare e - lo so, è una di quelle stupide frasi fatte -, ma io non riesco a credere ai miei occhi. Sei tu... No, sei tu con gli occhi di lui, i suoi capelli, le gambe lunghe, lo stesso modo curioso di inclinare il capo, così, un pò di lato. Dirai poi che ti guardavo di sotto in su, quasi col broncio, con l'aria di pensare che non avevi il diritto di esistere (e va da sé che non è questo l'effetto che tu fai alle donne). Neanche arrabbiata, piuttosto sembravo triste. E io me lo ricordo benissimo, tu profondamente gentile con tutti, comunicativo, che cercavi di aprirti un varco in quella mia ostilità sorda.
E' iniziato così, ci giravamo intorno come in un valzer lento dove quello impacciato eri tu, non capivi e per una volta, non comprendendo, lo svantaggio era tuo. Ricordo il silenzio degli altri, c'erano sempre altre persone con noi, ma non conoscendomi era soprattutto te che guardavano, con l'aria di chiedersi "che fa, che dice". Non eri tu, e davvero non so perchè ti ostinassi, mentre educata ma ferma rigettavo ogni tentativo di normalizzare quel rapporto al quale ero ormai obbligata, troppe spiegazioni da dare se fossi andata via.
Ti rivedo avanzare in quel lunghissimo corridoio, venire verso di me che appoggiata al muro a un certo punto abbasso il volto come se mi avessi colpita, e tu che di rimando abbassi il tuo, tu così alto ti pieghi verso di me, e da lontano dobbiamo sembrare due innamorati. E lì mi sono arresa, mentre infine mi stavano preparando, qualche ora più tardi, ti ho fatto chiamare per rammentarti non so bene che, eri già pronto e avevi le braccia come levate in alto, per non doverti cambiare di nuovo. Sembrava stessi pregando, officiante di chissà quale rito.
Sei stato l'ultima cosa che ho visto e poi la prima quando ho riaperto gli occhi, non ricordo chi stesse dicendo cosa, ad un certo punto sei entrato e i miei occhi sono stati solo per te, sorridevi felice, soddisfatto, tu ami ciò che fai e, vedi, avevi fatto me.
Rivedo i miei parenti guardare esterrefatti mentre quasi ti sdrai sul letto, ai miei piedi, ti appoggi alle mie gambe, perfettamente a tuo agio, e registrare la mia assoluta mancanza di reazione, come se io fossi qualcosa di tuo, come se tu non potessi in alcun modo farmi male. Ti allunghi verso di me e ci baciamo solenni sulle guance, come due vecchi nemici sembriamo scoprire che anche la resa ha le sue regole, in fondo ci siamo battuti bene - no, io ti ho combattuto - e a lungo.
E poi ti reincontro. Stavolta ti osservo, sorniona, muoverti con consapevole eleganza, centro e bersaglio di altrui seduzioni. Sono bellissime e scaltre, sicura della mia invisibilità ti ho piantato in faccia i miei occhi e non smetto di seguirti, divertita, quasi partecipe. Invece ti volti e mi vedi: eh già, son quella che ti ha quasi sollevato una grana, tu sbagli una volta su un milione, brillante superficiale distratto tocca scusarti, sono il minuscolo granellino che ha rischiato di far inceppare la tua macchina ben oliata di ammirato consenso. Intanto ti inceppi tu, incespichi nel mio nome, no, proprio non ti riesce... adesso sei buffo. E infine ridi e mi guardi e mi coccoli e accarezzi il volto e non ci rendiamo conto. Siamo fermi, questa volta al centro noi, e parliamo di cose banali guardandoci di nuovo seri e assorti col tono di chi si scambi notizie sulla fine del mondo. Non credevi lo so (e neanch'io).

Fra tre settimane terrai la mia vita nelle tue mani, questa volta sarò sveglia e il mio sguardo sarà fisso su di te. Non ho paura, sei bravissimo tu. Non lasciarmi cadere, amore. Non lasciarmi cadere.

Morgain

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