Avevo sentito G poche volte, qualche frase scritta in fretta, rubata alle attenzioni di routine in giornate di poco lavoro.
Potevo immaginare tutto di lei, ma non sapevo nulla. La fantasia doveva riempire ogni lacuna, senza una guida, tracce così labili da scoraggiare il più fervido sognatore.
Avete mai dato un volto ad un nome? Non è mai lo stesso. Prende forma dalle parole, costruisce la sua fisionomia in maniera confusa; come un'ombra che riceve pennellate di luce, appaiono e scompaiono particolari. Un viso tondo, capelli lunghi e mossi, occhi scuri, penetranti, ciglia che si dibattono, una bocca sottile portata con smaliziata disinvoltura da un corpo asciutto, flessuoso.
Decisi che era così, probabilmente era così. Imposi di non parlare del nostro aspetto, non ci saremmo sentiti nemmeno telefonicamente, doveva essere un appuntamento al buio.
Il giorno dell'incontro, un venerdì di dicembre alle 14, faceva ancora caldo. L'orario e la giornata assolata non erano proprio da buio ma a questo per il momento avevamo alternative.
Firenze, ore 14, piazza della Signoria. Potevo darle appuntamento all'ingresso di Palazzo Pitti, o meglio ancora al Caffè Rivoire, ma non lo feci. Il luogo era la piazza, tutta la piazza, unico segno distintivo un piccolo fiocco viola appuntato sulle nostre giacche, al resto doveva pensarci il caso.
Iniziai a passeggiare osservando tutte le donne sole che potevano avere la sua età, 30 anni. Ti vidi dopo 15 minuti, un cappotto scuro, stivali neri, capelli castani. Il tuo sguardo era altrove, i passi lenti di chi ricerca. Il viso, contratto, cambiò espressione quando, passando velocemente sul fiocco viola, si fermò sul mio viso. Adesso sorridevi.
Il nostro era il tempo di un caffè, un preliminare per capire se la nostra pelle era compatibile, se le parole, di immaginabili amplessi virtuali che di eravamo dedicati, potessero trovare una loro esistenza.
Camminavo al tuo fianco ascoltando le tue parole, apprezzando il tuo profumo mentre ci avvicinavamo al caffè.
Adesso eri li, seduta davanti a me. Il vestito aperto non nascondeva il seno, una profonda spaccatura lasciava poco spazio all'immaginazione, e li, in rilievo, due capezzoli che a stento nascondevano l'eccitazione che entrambi stavamo provando.
Il nostro tempo sarebbe arrivato, per oggi le lancette non ci avrebbero concesso altro.
- Vai nel bagno, io ti seguo - . Poche parole senza replica ed un breve sguardo d'intesa ci portarono nel retro del locale. Sei ancora di spalle quando chiudo la porta, senti le mie mani scorrere lungo le braccia, afferrare le tue. Le mani parlano, stringono, accarezzano, mentre sento la tua schiena sciogliersi contro il mio petto, il mio sesso eccitato, duro, spinge fino a sentirlo deciso fra le tue gambe. Adesso riesco a sentire il tuo odore, non più profumo ma eccitazione che sale; si fa strada lungo il vestito, attraversa i seni fino ad esplodere in tutta la sua intensità.
Assaporo il tuo collo, la tua pelle; senti le mie labbra avvolgerti, morderti per poi lasciarti ed ancora affondare morbide sulla nuca. Sento il tuo respiro, il sapore della carne. Ti stringo ancora una volta, mentre lasciandoti sussurro - stanotte prendila fra le mani pensando a me, stringila e non farle mancare nulla; domani io sarò qui e solo allora sarò tuo - .
Ilgiocodelleparti