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Racconto n° 2544
Autore: MindExpander Altri racconti di MindExpander
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Kiraj, la sua Notte
L'ultimo petalo bianco scende volteggiando lentamente, con la sua danza sostenuta dall'aria. Arriva sulla pelle bianca del fianco e, con un soffice rimbalzo, cade sopra gli altri che l'hanno preceduto. La gamba, ripiegata appena, lascia intravedere sotto petali la raffinatezza della seta che fino a poco prima esaltava la sua vitale sensualità. Sotto i lunghi capelli neri, solo il rosso purpureo delle labbra risalta ancora nel candore delle guance, immobili.
Dalla balaustra di marmo, guardi il suo corpo perfetto, tra i petali.
Fino alla sera prima, lei camminava in un mondo diverso, lontano dalle tue strade, senza che le vostre vie si fossero mai incrociate. Difficile crederlo, ma quella donna splendida non era mai entrata nella tua vita. Eppure, come spesso accade, i fiori più belli nascono inaspettati.
Eri in quel locale, ieri sera, per ascoltare il tuo musicista preferito. Appoggiata al pianoforte, avevi chiuso gli occhi, per ascoltare da dentro le note di quello strumento che da tempo ti tocca le corde più intime. Sentivi la tua mente in sintonia con quella del pianista, nel viaggio comune delle vostre fantasie, unificate dalle note che galleggiavano nell'aria.
Poi, avevi aperto gli occhi. E quello sguardo era dentro te. Ti fissava, incantata dalla tua concentrazione rapita. Quegli occhi dello smeraldo più scuro, ti fissavano immobili, quasi ipnotizzati dai tuoi, ormai immersi nei suoi. Qualcuno avrebbe potuto toccare con le dita lo sguardo che vi legava come un nastro di seta, da un lato all'altro del lungo pianoforte scuro. Come teste di due timidi rettili candidi, le vostre mani si sono mosse sul piano, attraversandolo. Si sono incrociate nel mezzo, dandoti una scossa partita dalla punta delle dita. Senza staccare lo sguardo, le dita avevano cominciato a conoscersi, in una lenta danza che seguiva la melodia delle note.
Ma lei si era staccata e si era avvicinata al pianista, che con uno sguardo l'aveva chiamata a sé. Le aveva sussurrato qualcosa all'orecchio e lei, fissandoti negli occhi, si era sfilata le scarpe dal tacco altissimo di metallo. Aveva messo un piede sulla coscia del pianista, ed era salita sul piano.
Poi la musica si era fatta più intensa, ritmata, quasi tribale. La guardavi, con le mani tra i lunghi capelli neri, mentre con gli occhi chiusi si abbandonava al fiume delle note. La seta leggera che la avvolgeva disegnava il suo corpo perfetto. Il suo movimento era un inno alla sensualità animale e raffinata, una pantera di seta che si muoveva tra le note di un piano che sembrava suonare lei stessa con i piedi che danzavano sull'ebano nero.
Tanti occhi su di lei, sui suoi fianchi che facevano sollevare il vestito nel movimento, sul suo seno che amplificava il suo respiro, sui suoi capezzoli resi turgidi dall'eccitazione della danza. Ma lei danzava per te. Ogni volta che gli smeraldi si aprivano, erano nei tuoi occhi. E nello sguardo, la punta della lingua accarezzava le sue labbra, rosse e piene.
Avevi sentito il tuo sangue scorrere più veloce. Curiosità, intrigo, rapimento, eccitazione, ansia, desiderio, passione, dolcezza, animalità... Tutto si affollava senza ordine nella tua testa, sotto la tua pelle. Sentivi solo che doveva succedere qualcosa. Doveva. E sapevi che sarebbe stato qualcosa di grande, di intenso.
La musica cresceva ancora di intensità, di ritmo, quasi ossessiva. La sua danza era ormai vorticosa. Il suo corpo sudato, i capelli che volavano nell'aria, le sue mani che afferravano le note, tutto era un magnete allo stato puro.
Poi, improvvisamente, l'ultima nota, forte. Lei si accasciò sul pianoforte, stremata.
Un silenzio irreale, ipnotico, avvolse il locale. Cinque lunghissimi secondi, prima che un'esplosione di applausi riportasse nel mondo reale lei, te ed il pianista. Lui si alzò, le porse una mano. Lei la prese, ma il suo sguardo smeraldo non ti lasciava.
Allora successe.
Lui, tenendola per mano, venne verso di te, sorridendo.
‘Kiraj, la nostra danza, la nostra musica, erano per te. Non chiederle un nome, lei è la nostra Notte'.


Quando arrivammo nella villa, avevi già riso con lei sul divano del locale, avevi assaporato il mango spremuto dalla sua bocca bevendolo dalle sue labbra, avevi sentito il tocco leggero delle sue dita sulla pelle del collo e sulla coscia. Avevi sentito come la sua lingua sapeva accarezzare la tua, come sapeva farti tremare la pelle leccandoti nell'orecchio ed accenderti il fuoco nell'inguine sussurrandoti poche parole.
Aprii il pianoforte nella sala. Il grande camino scoppiettava pigro.
‘Kiraj, tesoro, scegli qualcosa di speciale.'
Dall'antico legno del mobile, hai preso tre bicchieri ed una bottiglia di Armagnac dall'etichetta che ti aveva colpito.
‘Brava, tesoro, ha quasi quindici anni più di te. Era il momento che qualcuno desse un senso alla sua esistenza.'
Un leggero tocco al cristallo dei tre bicchieri, e mi sedetti davanti alla tastiera.
La mia musica era la colonna sonora del vostro conoscervi, del vostro esplorarvi, del vostro perdervi nelle sensazioni più intense. Era il mio lungo preliminare.
Le vostre risate non mi giunsero più. Vi guardavo, sul grande divano, mentre la seta si apriva al tocco leggero delle dita. Le note, dolci, accompagnavano i sospiri, più veloci, che diventarono gemiti quando lei scese con le labbra dal tuo collo al tuo seno, che si muoveva più affannoso. Sentivi le sue mani, morbide, quasi di una bimba, ma esperte come quelle di una dea.
Le note si facevano più dolci, mentre le tue mani scoprivano il suo seno perfetto, morbido e sodo sotto le tue dita leggere. Ma la tua bocca, calamitata dal cremisi del capezzolo, lo avvolse con le labbra aperte. Lei gemeva, quando stringevi piano i denti attorno alla carne più dura. Quando le tue labbra risalirono verso il collo, lei ti prese dietro la nuca, con una mano tenera ma forte. Tirò il tuo capo verso di lei ed affondò la lingua nelle tue labbra, quasi violenta passione. Il suo bacio è cadere nell'oblio, lo conosco, ma il tuo è esplorare nuove terre, conosco anche quello. Il vostro bacio non è un bacio. Diventa l'incontro di due mondi meravigliosi, che si uniscono per creare il Mondo Perfetto. Solo tu potevi meritare quest'incontro, solo tu potevi capirlo appieno.
Cosa avrebbe dato Fidia, per poter guardare l'intreccio dei vostri corpi perfetti nell'Amore, per poterne immortalare nel marmo la forza e la grazia dei muscoli, tesi nel piacere e morbidi nei brividi? Due Dee, una Passione.

E poi vi siete abbracciate, calde, imperlate delle vostre gocce di amore. Il vostro sguardo mi è arrivato intenso, accompagnato dalle mani protese verso di me. Solo le torce accese, il fuoco semispento del camino. I nostri corpi hanno preso il colore del fuoco. E la sua intensità. Ti sei persa nelle sensazioni delle nostre labbra, nel caos meraviglioso della creazione del piacere, dove nulla ha un suo posto definito, ma tutto è nel momento giusto e dove fa stare meglio. Mi sono sentito condurre lontano dalle vostre bocche unite su di lui, mentre le lingue danzavano, serpenti impazziti, su tutta la sua lunghezza e tra di loro. E la nostra passione era la passione dell'umano e dell'animale, della dolcezza e della forza, del correre e del fermarsi sull'orlo dell'abisso.
Ci siamo donati, senza riserve, senza freni, unici testimoni dell'eruzione dei sensi.
Alla fine, in ginocchio, di fronte, in un triangolo perfetto, abbiamo dedicato le nostre mani al nostro ultimo orgasmo. Guardandoci negli occhi, ci siamo raccontati il percorso dell'onda che arrivava da lontano, accelerando e rallentando per giungere insieme all'acme del piacere. I miei occhi dalle tue dita che si muovevano nel burro caldo del tuo sesso, ai tuoi occhi profondamente neri, ai suoi di smeraldo. Il tuo sguardo, sulla mia mano che si muoveva ora lenta, ora veloce, intorno a lui, marmo. Una forza magnetica guidava le nostre mani, i nostri sguardi, i nostri sensi. I respiri sempre più intensi e veloci, le mani più audaci, i gemiti che diventavano grida, mentre ci guardavamo venire, bagnandoci con i nostri nettari, dappertutto. Le nostre mani sui nostri corpi, per cospargerci dei nostri succhi sulle labbra, sui capezzoli, sul ventre. E le nostre bocche che baciavano tutto, leccandolo dalla pelle sudata..

Poi ti ho preso per mano, ricordi? E ti ho portata qui, alla balaustra. Le rose bianche, nelle mani, ed abbiamo coperto di petali la nostra Notte, addormentata nel piacere più profondo. Uno alla volta, li abbiamo lasciati cadere sul suo corpo quasi immobile nel sonno. Ed ogni petalo era una pensiero, una sensazione, che la ricopre e che rende visibile la delicatezza e la dolcezza che l'accompagna.

‘Sei impareggiabile, Kiraj...'

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