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Racconto n° 2554
Autore: ElisaN Altri racconti di ElisaN
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Amante per sbaglio
Nome: Alberto
Professione: imprenditore
Età: all'epoca trentotto
Stato civile: coniugato
Segno zodiacale: Leone

Nome: Elisa
Professione: studentessa universitaria, ma in quel periodo stagista dell'imprenditore sopraccitato
Età: all'epoca ventuno
Stato civile: allora fidanzata
Segno zodiacale: Toro

Mi sono presentata subito volenterosa, professionale, precisa, puntuale, impeccabile e con un'ottima padronanza di tre lingue straniere, una favella sagace e forbita, una ragguardevole carriera universitaria e una spiccata inclinazione personale per la vendita.
In meno di dieci giorni avevo già operato la più audace delle escalation che memoria storica potesse rammentare in quell'azienda.
Dopo aver agganciato un nuovo cliente in Argentina ed uno in Messico, dopo una proposta di lavoro a Barcellona dal loro più importante distributore spagnolo e dopo aver riacciuffato un cliente parigino, indignato dal fatto che negli uffici nessuno parlasse la sua lingua, non sapevo neppure più cosa volesse dire inviare un fax, né fare una fotocopia.

Ultimato il periodo di stage arriva il megacontratto, nel megaufficio del megaimprenditore con la megaproposta di uno stipendio di ottocento euro al mese.

Gli scoppio a ridere in faccia:
-Scusa Alberto, ma tu pensi che io abbandoni l'università per questa fame di salario? Perdonami, ma ho ben altre velleità! Non è colpa mia se dopo quattro anni la tua salesmanager è un'interdetta e non sa neppure trattare coi clienti!-

Mi fissa, mi scruta, mi mangia con lo sguardo, vorrebbe strapparmi i vestiti e gli occhi che tanto altezzosamente gli ho puntato addosso, vorrebbe farmi di tutto, lo so, l'ho capito fin dal primo giorno in cui ci siamo stretti la mano.
È reso furioso dal mio continuo umettarmi le labbra, dal mio accavallare le cosce, dal mio tamburellare sulla scrivania le lunghe unghie smaltate di rosso scarlatto.

Perde il controllo, abbandona il suo posto di comando, mi afferra per un polso, mi tira su a forza dalla poltrona e mi sbatte violentemente contro l'armadio della contabilità. Mi tappa la bocca con una mano, ma quando si rende conto che la mia arrendevolezza non lo tradirà con un urlo, mi libera il viso, mi acchiappa entrambe le cosce da sotto e porta il mio pube all'altezza del suo pene. Lo sento enormemente duro. Me lo preme addosso, sbattendomi contro il mobile, il mio osso sacro si fa dolente, mi sbatte sempre più brutalmente, poi mi abbandona sui miei tacchi e mi dice arrapato:
-Togliti tutti quei cazzo di impedimenti! Gonna, calze, mutande, tutto!-

Imprenditore, ingegnere, rampollo di un importante casato siciliano e grande, immenso porco!

Rimango con addosso solo uno striminzito maglione nero. Lui trattiene la camicia azzurrina e all'ensemble ha già aggiunto un preservativo srotolato lungo l'intera asta. Non perde tempo e stavolta mi trascina contro la parete verdognola su cui sono allineati i pezzi di carta/trofeo della sua vita: laurea in ingegneria elettronica, attestati di merito, riconoscimenti in qualità di presidente dei Lions ed altri bla, bla, bla di cui è sempre andato così noiosamente fiero.

Si ferma: -Rimettiti i tacchi, mi ecciti di più!-
Infilo le mie decolleté. Se è per così poco, posso anche sprecarmi!

Non parlo, quasi non respiro, penso che dopo due anni e mezzo di fidanzamento sto tradendo per la prima volta il mio ragazzo il giorno del suo compleanno e per di più con uno sposato. Non ho pena per questo uomo che mi ansima nel collo la pesantezza della sua routine, non ho pena per la moglie che lo attende a casa per la cena, non ho pena per il mio ragazzo, il quale avrà appena ritirato la torta che stasera mangeremo coi suoi, ho pena solo per me. Perché vorrei la spensieratezza dei miei ventuno anni e, invece, mi caccio sempre in qualche pasticcio. Altre elucubrazioni fanno una carrellata veloce nella mia materia grigia, ma il momento non mi permette di ragionare troppo.

Mi apre i glutei, me li stringe con ardore, l'imbocco della mia vagina si spalanca eccezionalmente. Conficca il suo uccello fino a toccare la mia cervice, mi fa male, sono completamente secca, mi salva la vaselina del profilattico. Dà colpi forti e decisi, mi solleva da terra e più volte mi fa sbattere la testa contro i suoi cazzo di quadri. Poi inizia a roteare la base del suo pube contro la mia clitoride e inizio a godere anche della sua violenza, colpi e roteazioni, colpi e roteazioni, mugugno per la prima volta un - continua così - , andiamo avanti per circa mezz'ora, poi mi sbatte sulla scrivania, supina, gli appoggio le caviglie sulle spalle ed altri colpi fiocinano il canale del piacere femmineo. Sbatte collerico il suo corpo contro il mio, tanto da farmi ricadere la testa all'indietro, oltre il bordo del tavolo. Mi aiuta ad alzarmi, mi rimetto in sesto, seduta sulla scrivania, per qualche istante e capisco dal suo sguardo che il bello deve ancora venire. Si siede sulla sua poltrona di pelle nera e mi invita a seguirlo. Mi scollo dal mobile, lasciando tracce di bava e di respiro vaginale sulla superficie.
Mi accingo a cavalcarlo, ma comprendo che non è questo quello che vuole. Mi sputo allora sulla mano, friziono di saliva il mio ano e imbuco il suo pene verso il mio antro posteriore. Avverto un bruciore ed una lacerazione iniziale, ma poi il suo cazzo si fa spazio veloce nei rifugi del mio corpo che io stessa ignoro, l'eccitazione allo stato brado lo agguanta, mi tira nuovamente su, mantenendomi a novanta gradi, mi sbatte la faccia contro la scrivania, infila veloce le mani sotto il maglione, mi afferra i seni quasi volesse strapparmeli, e, utilizzandoli come tiranti, mi trascina sempre più verso di sé, spinge voglioso, trionfante, stantuffa con il suo pene il mio ano, ancora più velocemente, ancora più focosamente, il suo respiro diventa concitato, un grido di isterico piacere riecheggia nell'intero ufficio, finché un'esplosione orgasmica non lo atterrisce.

Siamo andati avanti per un anno e mezzo.
Sesso asettico, pochi baci, uso imperativo del preservativo per sua patofobia, nonché assenza totale di sesso orale.
Sesso cronometrato dai suoi appuntamenti, dalle sue transazioni finanziarie, dalle sue cene, dai suoi impegni familiari.
Sesso immancabilmente interrotto durante il picco del piacere dalle telefonate della buyer, della salesmanager, del programmatore, dei fornitori, dei clienti, dei tecnici, della figlia, della moglie.
Sesso latitante.
Location permesse: numero uno, azienda sgombera di operai e impiegati; numero due, lussuosi hotel, ma rigorosamente in Svizzera, perché i suoi dati personali da fantastico, meraviglioso, venerabile e irreprensibile marito non venissero inviati alla Questura di Varese; numero tre, casa mia.

Gli ho voluto bene, molto, lui dice di avermi amato, troppo! Oltre al sesso, fra noi si instaurò una forte complicità, una salda amicizia. Quando veniva a trovarmi gli preparavo sempre crêpes dolci farcite con marmellata di fragola. Ne andava matto.

Durante la nostra relazione clandestina, io lasciai il mio ragazzo per incompatibilità caratteriali o forse perché mi ero fidanzata troppo giovane e avevo voglia di esperire, di saggiare il mondo.

Un giorno chiesi ad Alberto: -Perché tradisci tua moglie?-
Lui mi rispose: -Perché è - Ice - , di ghiaccio! Capisci?-
-Francamente no!-

Era giugno e una mia amica mi chiese di accompagnarla ad un concerto di musica classica. Accettai. Eravamo sedute in seconda fila. Terminata l'esecuzione musicale, il presentatore annunciò l'esibizione di un'artista locale, la quale in passato si era insignita di riconoscimenti internazionali. Ne rivelò il nome e subito compresi di chi si trattava. Fece la sua entrata una creatura angelica, dalla pelle diafana, i capelli color del miele e gli occhi cerulei. Sul corpo meravigliosamente proporzionato, scivolava morbido un abito grigio perla, lungo, in seta.
Si sedette elegantemente dinanzi al pianoforte. Non appena ne sfiorò i tasti, il ghiaccio che portava dentro si sciolse come neve al sole.
Lo spirito di Mozart sembrava accompagnare con magica leggiadria le sacre mani della donna.

Al termine, la platea scoppiò in uno scrosciante applauso, tutti si alzarono, io compresa, le luci illuminarono l'intero teatro. Alberto, suo marito, era in prima fila, la ammirava commosso ed estasiato.

Capii che non mi avrebbe mai guardata con quegli occhi e mi dissolsi per sempre dalla sua esistenza.

ElisaN

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